Svolgimento del processo

La Corte di appello di Bologna, con la sentenza sopra specificata, ha confermato, rigettando l’impugnazione di D.M., la pronuncia del Tribunale di Reggio Emilia n. 287 in data 8 febbraio 2002, dichiarativa del difetto di giurisdizione ordinaria sulla domanda proposta, con ricorso del 6 ottobre 2000, contro il Comune di Reggio Emilia per l’accertamento dell’assegnazione a mansioni inferiori rispetto alla qualifica rivestita (vigile urbano assistente, 6^ qualifica funzionale), e la condanna dell’amministrazione a reintegrarlo nel Corpo di polizia municipale o in mansioni equivalenti, nonchè al risarcimento del danno.

All’esito di rigetto dell’appello la Corte di Bologna è pervenuta sul rilievo che tutti gli episodi ritenuti dal D. lesivi del diritto azionato si erano verificati in epoca anteriore al 1 luglio 1998: conoscenza, da parte dell’amministrazione, in data 23 settembre 1994 di un episodio relativo a molestie sessuali in danno di una collega poste in essere dal D. il 13 agosto precedente, revoca della qualifica di agente di pubblica sicurezza in data 30 dicembre 1994 e assegnazione, prima in via provvisoria (dal 13 settembre 1994) e poi con provvedimento del 23 gennaio 1995, alle funzioni di “messo notificatore”; definizione tra il 1996 e il 1998 dei due procedimenti penali cui l’episodio aveva dato luogo; estinzione del procedimento disciplinare dichiarata con Delib. 5 maggio 1997. Hanno osservato, in particolare, i giudici dell’appello che l’asserita dequalificazione era stata determinata dai due provvedimenti (di assegnazione provvisoria e definitiva) di destinazione al servizio messi notificatori, essendosi protratti dopo il 30 giugno 1998 soltanto gli effetti lesivi denunciati.

La cassazione è domandata da D.M. con ricorso per due motivi, ulteriormente precisati con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., al quale resiste con controricorso il Comune di Reggio Emilia.

Motivi della decisione

I due motivi di ricorso, che vanno unitariamente esaminati perchè concernono Tunica questione della giurisdizione, denunciano violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, in relazione agli art. 52 dello stesso testo normativo e art. 2103 c.c.. Si sostiene, in sintesi, che nel periodo di lavoro successivo al 30 giugno 1998, si era protratto l’inadempimento dell’amministrazione comunale all’obbligo di adibire il D. a mansioni proprie della qualifica rivestita, venendo in considerazione soltanto comportamenti materiali e non provvedimenti, affetti da nullità per contrasto con norme imperative. La Corte giudica il ricorso fondato.

Le Sezioni unite della Corte, interpretando il riferimento alle “questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998”, ovvero “anteriore a tale data”, operato dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, al fine di segnare il momento a partire dal quale la controversia di lavoro pubblico contrattuale non appartiene più alla giurisdizione esclusiva amministrativa, hanno rilevato che la norma utilizza una locuzione volutamente generica e atecnica, cosicchè risulta inadeguata un’opzione ermeneutica che colleghi rigidamente l’indicato discrimine temporale ad elementi come la data del compimento, da parte dell’amministrazione, dell’atto di gestione del rapporto che abbia determinato l’insorgere della questione litigiosa, oppure l’arco temporale di riferimento degli effetti di tale atto o anche il momento di insorgenza della contestazione. Viceversa, l’accento va posto sul dato storico costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze – così come posti a base della pretesa avanzata -, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia. In altri termini, l’indagine deve avere ad oggetto la collocazione temporale dell’episodio che produce la lesione definitiva dell’interesse per la cui tutela si ricorre al giudice (principio enunciato in modo uniforme da tutte le decisioni a partire da Cass. S.u. 8451/1998; tra le più recenti: Cass. S.u. 12137/2004; 14172/2004; 9101/2005;

12863/2005; 13290/2005; 14206/2005;14258/2005; 2883/2006).

L’applicazione della norma transitoria così interpretata comporta inevitabilmente che i diritti maturati (cioè divenuti esigibili) in un certo arco temporale, debbano essere fatti valere dinanzi a giudici diversi, la cui competenza è ripartita in base all’epoca di maturazione di ciascuno, malgrado l’omogeneità dei fatti costitutivi dei diritti e l’identità delle questioni di fatto e giuridiche controverse, restando, in particolare, irrilevante la data di atti meramente ricognitivi del rapporto goiridico.

Tuttavia, un temperamento al frazionamento delle domande deriva dalla nozione di illecito permanente. Qualora la lesione del diritto del lavoratore abbia origine da un comportamento illecito permanente del datore di lavoro (es. dequalificazione, comportamenti denunciati come mobbing), si deve fare riferimento al momento di realizzazione del fatto dannoso e, quindi, al momento della cessazione della permanenza, con la conseguenza che va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario allorchè tale cessazione sia successiva al 30 giugno 1998 (Cass. Su. 23739/2004; 1622/2005, 6422/2005; 27896/2005, 3121/2006 13357/2006; 22101/2006).).

Quindi, resta competente il giudice amministrativo soltanto se gli atti lesivi siano stati tutti compiuti ed esauriti antecedentemente al 1 luglio 1998 (Cass. S.u. 8438/2004).

In applicazione dell’enunciato principio, deve essere dichiarata la giurisdizione ordinaria sulla controversia, in quanto l’oggetto è costituito da una domanda di accertamento di dequalificazione e lesione della professionalità, con condanna all’adempimento dell’obbligo di adibire il dipendente alle mansione proprie della qualifica rivestita e al risarcimento del danno, prospettandosi l’inadempimento come protrattosi nel tempo ed ancora perdurante nel periodo successivo alla data del 30 giugno 1998; nessun rilievo, infatti, può attribuirsi ai provvedimenti di destinazione del D. al servizio notifiche, atteso che, nell’ambito di un lavoro già di derivazione contrattuale fin dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 29 del 1993, vanno considerati alla stregua di manifestazioni di volontà del datore di lavoro concretanti illecito contrattuale perchè assunte in violazione delle regole del rapporto ( D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52).

La cassazione della sentenza impugnata comporta il rinvio della causa al primo giudice (Tribunale di Reggio di Emilia), in applicazione dell’art. 353 c.p.c., comma 1, di cui la Corte di Bologna erroneamente non ha fatto applicazione, che provvederà anche a regolare le spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni unite, accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia; rinvia la causa, anche per la regolazione delle spese del giudizio di Cassazione, al primo giudice, Tribunale di Reggio Emilia.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il 20 febbraio 2007.
Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2007