Svolgimento del processo

1. Con ricorso depositato in data 31.12.2003 A.A. adiva il Tribunale di Trento, quale giudice del lavoro, chiedendo che venisse accertata l’illegittimità del mutamento di mansioni, disposto dalla Provincia Autonoma di Trento, sua datrice di lavoro, con comportamento lesivo della sua professionalità e dignità, e conseguentemente condannarsi la convenuta a reintegrarlo nel ruolo e nelle mansioni, con risarcimento di tutti i danni relativi, anche sotto il profilo del danno morale.

Il ricorrente, in possesso di diploma di perito industriale capotecnico con specializzazione in sistemi di radiocomunicazione, esponeva: di essere stato assunto dalla Provincia il 1 settembre 1983, con contratto a tempo indeterminato, ed inserito ai quarto livello funzionale; di essere stato, per otto anni, destinato, mediante specifica designazione, al Servizio Antincendi della Provincia autonoma di Trento, con la qualifica di vigile del fuoco, quale coordinatore del Centro Radio, portando a termine la realizzazione di complessi progetti; di essere stato dal (OMISSIS) al (OMISSIS) al Servizio Energia della Provincia autonoma di Trento, quale collaboratore tecnico di 7^ livello; di essere stato assegnato dal (OMISSIS) al Servizio Prevenzione Calamità Pubbliche, riscontrando nel corso di tale ultima attività numerose e gravi irregolarità, segnalate con nota del marzo 1995 al Dirigente Generale del Dipartimento e Protezione Civile, relative ad acquisti, difformità rispetto alle concessioni ministeriali, presunte evasioni rispetto al canone ministeriale e abusi edilizi in ordine ai ponti radio; che al disinteresse da parte dei superiori gerarchici innanzi a tali segnalazioni si era invece accompagnata una diffida scritta (21.4.1995) a non prendere qualsiasi iniziativa esterna ed in particolare a non contattare organi pubblici esterni; che a seguito dell’intervento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trento, a far tempo dal giugno del 1995, egli veniva estromesso da ogni attività inerente la realizzazione della nuova rete di radiocomunicazione provinciale e, nell’aprile del 1996, veniva trasferito presso il magazzino della Protezione Civile, trasferimento poi revocato; che nell’ottobre dello stesso anno era stato quindi trasferito presso la motorizzazione civile;

che nel (OMISSIS) era stato incaricato dello svolgimento di nuove mansioni nel campo idrometeorologico e nivologico; che era poi stato incaricato, nel (OMISSIS), della inutile scannerizzazione di un migliaio di fotografie e nel (OMISSIS) della nuova mansione di referente informatico, assolutamente lontana dai suo bagaglio professionale di tecnico specializzato in radiocomunicazioni; che quindi manifesta era la violazione dell’art. 2013 c.c., per il demansionamento subito.

Chiedeva quindi la reintegrazione in mansioni corrispondenti alla professionalità acquisita ed il risarcimento del danno subito per la condotta posta in essere dalla Amministrazione provinciale, datrice di lavoro.

2. La Provincia autonoma di Trento si costituiva in giudizio, eccependo anzitutto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, nella considerazione che il fatto generativo della controversia risaliva a data precedente al 1.7.1998 atteso che il demansionamento asseritamente era iniziato nel giugno 1995 a seguito della denunzia della pretesa irregolarità nella gestione del Servizio di radiocomunicazione provinciale.

Veniva altresì eccepita l’inammissibilità della domanda per formazione del giudicato esterno, dato che il TAR aveva dichiarato l’irricevibilità del ricorso presentato dal ricorrente avverso gli atti di presunto demansionamento impugnati, determinando in tal modo la loro insindacabilità, da cui l’impossibilità di giudicare nuovamente le ragioni poste a base del ricorso in via amministrativa;

veniva infine eccepita la prescrizione dei diritti azionati.

Nel merito la Provincia autonoma di Trento contestava i presupposti del lamentato demansionamento, concludendo per il rigetto della domanda.

3. Il Tribunale decideva di affrontare preliminarmente le eccezioni di difetto di giurisdizione e di giudicato, dedotte dalla Provincia convenuta, eccezioni che con sentenza del 30.4 – 7.5.2004 respingeva, disponendo con separata ordinanza il prosieguo della causa.

Riteneva, in particolare il primo giudice – richiamando la disciplina intertemporale della giurisdizione ( D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45 e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69) e rifacendosi, quanto all’interpretazione della domanda, al c.d. petitum sostanziale – che andava affermata la giurisdizione dell’a.g.o., dovendosi considerare in chiave unitaria tutta la condotta posta in essere dalla Provincia autonoma di Trento, fin in epoca ben successiva al 30 giugno 1998, come inserita in un complessivo disegno di molestia e di persecuzione psicologica.

In ordine all’eccezione di giudicato, il primo giudice evidenziava che nella fattispecie non vi era identità di oggetto tra i due giudizi; inoltre il TAR aveva dichiarato l’irricevibilità del ricorso e quindi detta pronuncia incidendo sul processo e non sull’azione era inidonea a costituire giudicato sostanziale, preclusivo di ulteriore domanda innanzi ad altro giudice.

4. Tale sentenza, non notificata, veniva impugnata dalla Provincia autonoma di Trento con ricorso depositato in data 13 luglio 2004.

Pronunciandosi nel contraddittorio con l’appellato, la Corte d’appello di Trento con sentenza del 2 – 9 settembre 2004 ha respinto l’appello compensando tra le parti le spese di lite.

5. Avverso questa pronuncia la Provincia ha proposto ricorso per Cassazione con due motivi illustrati anche da successiva memoria.

Resiste con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale l’intimato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è articolato in due motivi.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia il difetto di giurisdizione del giudice adito ( art. 360 c.p.c., n. 1).

Nel richiamare il principio secondo cui la giurisdizione si determina sulla base del petitum sostanziale, desumibile anche dalla causa petendi, ossia dai fatti posti a base della pretesa, deduce che nella specie la giurisdizione va valutata in riferimento ai singoli episodi di mobbing e non già ad una condotta unificata protrattasi oltre il (OMISSIS). Pertanto la parte di condotta posta in essere prima di tale data radica la giurisdizione del giudice amministrativo.

La Corte d’appello – sostiene la ricorrente – avrebbe dovuto prendere in considerazione, ai fini della giurisdizione, il momento in cui i singoli episodi prospettati come mobbing avevano assunto l’idoneità lesiva, sì da far scattare, sin da quel momento, trattandosi in realtà di un illecito istantaneo con effetto permanente, rapportata a tutti gli atti successivi, ripetitivi ed esecutivi di un già consolidato inadempimento, la cognizione del giudice amministrativo.

Con il secondo motivo la ricorrente – denunciando la violazione degli art. 2909 c.c., art. 324 c.p.c. e L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 2 – si duole del rigetto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso dell’ A., precluso dall’esistenza di un giudicato esterno (sentenza del TAR di Trento del 26 luglio 1999).

2. Con l’unico motivo del ricorso incidentale l’ A. si duole della ingiustificata compensazione delle spese processuali tra le parti.

3. I giudizi introdotti con il ricorso principale e con quello incidentale vanno riuniti, avendo ad oggetto la medesima pronuncia impugnata.

4. Il primo motivo del ricorso principale è infondato.

4.1. Questa Corte (Cass., sez. un., 27 gennaio 2005, n. 1622) ha già affermato che in tema di pubblico impiego privatizzato, al fine del riparto di giurisdizione sulla base del discrimine temporale fissato dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 45, comma 17, (ora D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, art. 69, comma 7), qualora la lesione del diritto del lavoratore abbia origine da un comportamento illecito permanente del datore di lavoro, si deve fare riferimento al momento di realizzazione del fatto dannoso e, quindi, al momento della cessazione della permanenza, con la conseguenza che va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario allorchè tale cessazione sia successiva al 30 giugno 1998. Nella specie l’asserita condotta illecita, posta dall’ A. a fondamento delle pretese azionate in giudizio, consiste nella denunciata dequalificazione in riferimento al suo inquadramento professionale quale conseguenza della progressiva assegnazione di mansioni inferiori alla qualifica.

In proposito questa Corte (Cass., sez. un., 25 marzo 2005, n. 6422) – nel ribadire che in tema di lavoro pubblico privatizzato, il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 17, e, ora, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, nel trasferire al giudice ordinario le relative controversie, pongono il discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria e amministrativa con riferimento non ad un atto giuridico o al momento di instaurazione della controversia, bensì al dato storico costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste alla base della pretesa avanzata – ha dichiarato sussistente la giurisdizione del giudice ordinario in quanto oggetto della controversia era proprio una domanda di accertamento di dequalificazione e lesione della professionalità del dipendente, lesione asseritamente protrattasi nel tempo, con prospettazione quindi di un illecito permanente, non cessato alla data del 30 giugno 1998. Cfr. anche Cass., sez. un., 18 ottobre 2002, n. 14835, secondo cui il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 17, nel trasferire al giudice ordinario le controversie in materia di pubblico impiego privatizzato, pone il discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria e amministrativa con riferimento non ad un atto giuridico o al momento di instaurazione della controversia bensì al dato storico costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste alla base della pretesa avanzata; pertanto, se la lesione del diritto del lavoratore è prodotta da un atto, provvedimentale o negoziale, deve farsi riferimento all’epoca della sua emanazione, mentre laddove la pretesa abbia origine da un comportamento illecito permanente del datore di lavoro, si deve avere riferimento al momento della realizzazione del fatto dannoso e quindi al momento della cessazione della permanenza (anche in quel caso di specie è stata dichiarata sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto oggetto della controversia era una domanda di risarcimento danni da comportamento illecito della pubblica Amministrazione, datrice di lavoro, che perdurava oltre la data del 30 giugno 1998).

4.2. Nella specie correttamente la Corte d’appello ha osservato che dallo stesso ricorso, depositato in data 31 dicembre 2003, si evince che la dequalificazione professionale, di cui l’ A. è stato asseritamente vittima nello svolgimento del rapporto di lavoro – pur avendo avuto inizio nel (OMISSIS), quando egli venne distolto dalle sue mansioni di tecnico specializzato in sistemi di radiocomunicazione complessi – svolte dal (OMISSIS) al (OMISSIS), presso il Servizio Anticendi della Provincia autonoma di Trento, e poi anche dopo sino al (OMISSIS) (presso il Servizio Energia della Provincia Autonoma di Trento ed il Servizio Prevenzione Calamità Pubbliche) – si sono concretizzate successivamente quando il ricorrente, a seguito della segnalazione (da parte sua) di gravi irregolarità nella rete di radiocomunicazione provinciale, venne esonerato dalle attività attinenti la realizzazione della nuova rete di radiocomunicazione per essere incaricato di mansioni nel campo idrometeorologico e nivologico, dapprima, e poi, nel giugno 1999, venne incaricato di provvedere alla scannerizzazione di circa un migliaio di fotografie, si da creare un CD-rom sulla “Missione Arcobaleno” ad opera dei Vigili del Fuoco trentini in Albania, ed infine assegnato, dopo una situazione di forzosa inattività, a mansioni di referente informatico, escludendo definitivamente la possibilità di ritornare alle sue originarie mansioni di tecnico specializzato nel campo delle radiocomunicazioni. In relazione a tale vicenda lavorativa, sviluppatasi nel tempo con progressiva asserita dequalificazione professionale, il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 2103 c.c., in ragione del lamentato demansionamento con le conseguenti domande reintegratorie e risarcitorie in danno della Provincia.

Questi erano secondo la Corte d’appello – il petitum sostanziale e la causa petendi della domanda. Nella specie quindi l’ A. aveva prospettato la responsabilità contrattuale della Provincia autonoma di Trento per inadempimento in relazione alla precisa obbligazione, prevista dall’art. 2103 c.c., di assegnazione di mansioni corrispondenti alla qualifica, prospettando così una ipotesi di c.d. mobbing per plurimi e continuati comportamenti asseritamenti persecutori e vessatori protrattisi nel tempo ben oltre il (OMISSIS).

In particolare la Corte d’appello ha considerato che la denunciata condotta di mobbing fosse in effetti da configurarsi come protrattasi oltre il 30 giugno 1998, pur essendosi verificati dei comportamenti asseritamente vessatori antecedentemente a quella data, soprattutto con il demansionamento del 1997 per effetto dell’assegnazione di mansioni nel campo idrometereologico e nivologico. Però correttamente ha rilevato la Corte territoriale che ai fini dei mobbing si impone una complessiva unitaria valutazione del comportamento dell’Amministrazione, attraverso vari atti connessi da un unico disegno di dequalificazione del dipendente, secondo la sua prospettazione dei fatti su cui ha fondato le domande proposte; e, ai fini della individuazione della giurisdizione, devono valutarsi, come preminenti e decisivi, quelli che, nella loro autonomia, appaiono sicuramente attestanti il momento concretizzante la lesione della professionalità lamentata dal ricorrente.

Ed allora – ha rilevato la Corte d’appello con valutazione in fatto, non censurabile in sede di legittimità in quanto assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria – tale momento va collocato dopo il 30.6.1998, quando il ricorrente, dopo essere stato incaricato (nel giugno del 1999) della mera scannerizzazione di fotografie, venne del tutto allontanato, nel 2000, dalle sue originarie mansioni con un nuovo incarico nel campo informatico, quasi quale atto di chiusura, secondo quanto esposto nell’originario ricorso, di un processo vessatorio che era andato formandosi nel tempo completandosi poi, nella sua configurazione come mobbing, con tale ultimo provvedimento di assegnazione del 2000.

Pertanto correttamente la Corte territoriale ha ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario.

5. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato, Il ricorrente lamenta la mancata rilevanza assegnata al giudicato esterno, avendo la Corte d’appello omesso di considerare che il Tribunale Regionale Amministrativo aveva dichiarato irricevibile il ricorso con il quale l’ A. lamentava che gli ordini di servizio n. 5/97 e 6/97 del 3.6.1997 costituivano demansionamento e penalizzazione della sua professionalità.

E’ infatti corretto il rilievo della Corte d’appello secondo cui nel presente giudizio il ricorrente, dolendosi dell’avvenuto demansionamento, chiede l’accertamento di un comportamento della Provincia integrante in sostanza una condotta di mobbing con condanna alla reintegrazione nelle mansioni e nel ruolo oltre al risarcimento del danno, mentre in sede di giudizio amministrativo chiedeva solo l’annullamento di determinati atti; sicchè, pur in presenza di una parziale coincidenza della causa petendi, del tutto differente rimaneva il petitum, con impossibilità di configurazione del giudicato esterno.

6. Il ricorso incidentale è parimenti infondato.

Questa Corte (ex plurimis Cass., sez. un., 15 novembre 1994, n. 9597) ha già affermato che la decisione del giudice di merito di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite, essendo l’espressione di un potere discrezionale attribuito dalla legge, è incensurabile in sede di legittimità, a meno che essa non sia accompagnata dalla indicazione di ragioni palesemente illogiche, tali da inficiare, stante la loro inconsistenza, lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto; ciò che nella specie non è stato neppure allegato dal ricorrente incidentale.

7. In conclusione il ricorso principale va rigettato, con dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario; e parimenti va rigettato il ricorso incidentale.

Stante la reciproca soccombenza, possono compensarsi tra le parti le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; rigetta il ricorso incidentale; compensa tra le parti le spese di questo giudizio.
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2007.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2007