Svolgimento del processo

Con sentenza del 6.5.2002 la Corte di Appello di Torino rigettava l’appello principale proposto da Bresciani Bruno s.r.l. nei confronti di Agricoltore Giuseppina avverso sentenza del Tribunale della medesima città ed accoglieva un capo dell’appello incidentale.

Osservava in motivazione, in ordine all’appello principale sulla dequalificazione della lavoratrice, che era passato in giudicato che l’Agricoltore sino al gennaio 1998 aveva svolto compiti di dirigente preposta al settore amministrativo con ampi poteri di rappresentanza dell’azienda, mentre successivamente era stata sostituita da tal Suppo ed aveva svolto in sottordine al predetto compiti limitati alla redazione di procedure per la certificazione ISO, con retrocessione nella scala gerarchica a mansioni impiegatizie in sottordine. In ordine alla quantificazione del danno alla professionalità osservava che la chiesta riduzione della quantificazione equitativa del danno dal 70 al 50% delle retribuzioni era infondata in relazione alla particolare gravità delle dequalificazione operata, del ruolo apicale in precedenza ricoperto, nonchè del carattere ritorsivo del demansionamento.

Del pari infondato era il motivo che censurava l’applicazione degli scatti di anzianità nella determinazione delle differenze stipendiali negli ultimi cinque anni, perchè essendo prescritti i crediti anteriori si doveva ritenere del pari prescritto il diritto alla maggiore anzianità. Riteneva la Corte che l’anzianità è un fatto, e non un diritto, e come tale non soggetto a prescrizione. In ordine alla domanda di danno biologico condivideva gli accertamenti del consulente che aveva accertato che il disturbo psichico di cui l’Agricoltore aveva sofferto dal 1998 al 2000 era dipendente dal demansionamento e rigettava il motivo che contestava il nesso di causalità.

In ordine al capo dell’appello incidentale avente per oggetto l’assorbimento nella retribuzione della qualifica dirigenziale del superminimo erogato nella qualifica impiegatizia rilevava che la correlazione ad un titolo diverso ed autonomo del superminimo non era provata. Per contro non dovevano essere assorbiti nella retribuzione altre voci corrisposte a titolo risarcitorio, non avendo l’Agricoltore l’onere di dimostrare che esse erano corrisposte al titolo indicato in busta paga, riteneva pertanto non assorbibili le voci corrisposte per rimborsi spese e trasferte per l’ammontare complessivo di E. 8.336,90 e condannava il datore di lavoro al pagamento anche di questo somma. Riteneva invece infondata la pretesa di calcolo del t.f.r. anche sulle differenze retributive prescritte, rilevando che l’accantonamento è previsto dall’art. 2120 c.c. sulle somme dovute e tali non erano quelle prescritte.

Propone ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi la Bresciani, resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato a due motivi l’Agricoltore, cui resiste con controricorso la Bresciani. Le parti hanno presentato memorie.

Motivi della decisione

I ricorsi avverso la medesima sentenza vanno riuniti a sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. in rei. all’art. 41 della Cost. ed il vizio della motivazione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), la Bresciani contesta la dequalificazione dell’Agricoltore, rilevando che da un lato non vi era stato un accertamento delle nuove mansioni della dipendente al fine di accertare se esse fossero dequalificami e dall’altro che al Suppo erano state affidate mansioni più vaste di quelle rivestite dall’Agricoltore e che la facoltà di assumere nuovi dipendenti costituisce un aspetto della libertà di impresa costituzionalmente garantita.

Le censure sono infondate. Non è censurabile sul piano logico e giuridico la motivazione che ha accertato la dequalificazione. In ordine alle mansioni precedenti la Corte territoriale ha ritenuto che si era formato il giudicato sull’accertamento che esse avevano livello di dirigente con preposizione a tutto il settore amministrativo dell’impresa. Quanto alle successive la Corte ha rilevato che fu affidato all’Agricoltore un compito limitato, non dirigenziale nè direttivo, da svolgere alle dipendenze del Suppo, che l’aveva sostituita nella direzione amministrativa dell’impresa.

La dequalificazione, come privazione delle mansioni dirigenziali, accertata dai giudici di merito appare incontestabile. Il demansionamento non può essere giustificato con la libertà di impresa, garantita dall’art. 41 Cost, trovando essa un limite nell’art. 2103 c.c. che tutela diritti dei lavoratori di pari livello costituzionale.

Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2103 c.c., il vizio di motivazione e l’iniquità della liquidazione equitativa, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non abbia precisato la ragioni per le quali il demansionamento sarebbe di particolare gravità, eccepisce quindi l’assoluta iniquità della liquidazione in contrasto con la consolidata giurisprudenza che ha valutato al massimo nel 50% della retribuzione il danno da demansionamento e richiamato il precedente della sentenza della Cassazione n. 3341 del 1996 invocando una liquidazione non superiore al 50%. Le censure sono infondate.

Il ricorrente non precisa in cosa consista la pretesa violazione degli artt. 2103 e 1226 c.c. sicchè questo profilo del motivo va ritenuto inammissibile perchè generico.

Il vizio di omessa motivazione della liquidazione equitativa è insussistente perchè la sentenza impugnata, come risulta dal brano riportato a pag. 16 del ricorso, motiva sulla gravità della dequalificazione in relazione all’anzianità di servizio, al ruolo apicale dalla stessa ricoperto e sul carattere ritorsivo del demansionamento. La idoneità di queste ragioni a sorreggere la liquidazione non è contestata sul piano logico e giuridico.

L’iniquità della vantazione equitativa non costituisce ex art. 360 c.p.c. motivo di ricorso per Cassazione. I precedenti di legittimità invocati non stabiliscono criteri generali per la valutatone equitativa ma si limitano a verificare la logicità, la giuridicità dei criteri seguiti, che nella specie non sono specificamente contestati.

Infine la sentenza citata, come risulta dalla lettura del brano riportato, si limita a negare che, oltre al risarcimento, il lavoratore possa ricevere una ulteriore somma pari alle retribuzioni del periodo di demansionamento. Sul piano logico e giuridico il danno da demansionamento, che “consiste nella compromissione peggiorativa della ed capacità di concorrenza dell’individuo rispetto ad altri soggetti dei rapporti sociali ed economici”, cfr. Cass. n. 13266 del 1992, trova solo uno dei parametri di valutatone nella retribuzione spettante al lavoratore. Mia esso in astratto potrebbe anche superare le retribuzioni del periodo di riferimento, come in un caso quale quello in esame, nel quale al mancato riconoscimento della qualifica di dirigente per le mansioni di direttrice amministrativa per lunghi anni svolta è seguita l’adibizione a mansioni impiegatizie non direttive, vicenda che ha inciso sul curriculum della lavoratrice rendendo difficili le sue possibilità di assunzione da altra impresa con mansioni di dirigente.

Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2077 e 2099 c.c. ed il vizio di motivazione nonchè l’iniquità dei conteggi delle differenze retributive, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale non abbia tenuto conto che l’Agricoltore riceveva una retribuzione superiore a quella contrattuale.

La censura, a prescindere dalla singolarità della prospettazione della iniquità di un conteggio, è inammissibile perchè la sentenza impugnata, detraendo dai minimi retributivi del dirigente l’intera retribuzione ricevuta, compresi i superminimi, ha tenuto conto di essi, quindi difetta il requisito della soccombenza sul punto.

Con l’ultimo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di legge ed il vizio di motivazione, la ricorrente censura la sussistenza del diritto al danno biologico, premesse considerazioni sulla natura del c.d. mobbing, escludeva che nel caso in esame esso ci fosse stato e lamentava comunque che la misura della liquidazione in aggiunta alle altre somme liquidate.

La censura è infondata in quanto la sentenza impugnata non ha accertato la sussistenza di un comportamento dolosamente persecutorio di mobbing, ma di un demansionamento in modalità definite dal primo giudice brutali, ed ha collegato, in base agli accertamenti del CTU, la temporanea malattia psichica di cui ha sofferto l’Agricoltore, a detto comportamento illegittimo. Il rilievo che alla ricorrente siano state liquidate altre somme per titoli diversi non esclude che essa debba essere risarcita anche per questo danno, derivante da illecito contrattuale dei datore di lavoro nè incide sulla misura del risarcimento, che peraltro non è specificamente contestata.

Passando all’esame del ricorso incidentale, con l’unico motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere escluso il diritto al computo del t.f.r. sulle retribuzioni da dirigente nel periodo per il quale sono state ritenute prescritte le differenze retributive.

Il motivo è fondato. Ha ritenuto questa Corte: Il diritto al trattamento di fine rapporto sorge alla cessazione del rapporto di lavoro e solo da questa data decorre il termine di prescrizione, mentre concorrono a determinarne l’ammontare anche gli accantonamenti relativi a retribuzioni per le quali il diritto sia ormai prescritto, poichè quelle retribuzioni rilevano solo come base di computo del t.f.r. e non come componenti del relativo diritto. Cass n. 11470 del 1997.

La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata per nuovo esame al giudice indicato nel dispositivo. Allo stesso giudice si demanda anche di provvedere sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, accoglie quello incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla corte di Appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2005.