Svolgimento del processo

Allegando la penetrazione di acqua dal sovrastante appartamento di Agnese Braga nel proprio laboratorio di pelletteria nel condominio “Cipro” di Vercelli, Pasquale Di Muro convenne detta signora davanti al Tribunale della città per ottenere il risarcimento dei danni patiti nell’indicata entità di L. 835.920.

La convenuta contestò la domanda così proposta con la citazione del 2 aprile 1971 riferendo la causa del pregiudizio alla rottura di un elemento di termosifone sito nel suo appartamento in seguito a difetto dell’impianto comune di riscaldamento (bloccaggio di elettrovalvola termoregolatrice), e, autorizzata, chiamò in rilevazione, nel novembre dello stesso anno, il venditore e costruttore dell’alloggio, Franco Bertinetti, ed il condominio “Cipro”.

Il Tribunale (sent. 6 marzo 1979) ritenne unico responsabile il condominio, condannandolo a risarcire il danno, da liquidarsi in corso di causa, al Di Muro ed alla Braga, condannata peraltro a rifondere al Bertinetti le spese di causa. Braga e Condomino proposero separate impugnazione; resistette il Bertinetti stesso eccependo in limite l’inammissibilità del gravame proposto dalla Braga, la di lei decadenza della garanzia, e, nel merito, l’infondatezza dell’impugnazione. Resiste anche Di Muro.

La Corte d’appello di Torino (sent. 22 gennaio 1982), in parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarò Bertinetti obbligato in solido con il Condominio a risarcire il danno a Braga e Di Muro, avendo ritenuto che la eccezione di inammissibilità del gravame era infondata sia perché i relativi motivi non erano affatto generici, sia perché dalla appellante non v’era stata alcuna rinunzia a capi di domanda e segnatamente a quello fondato sulla responsabilità del Bertinetti quale venditore; che la solidarietà del Condominio e del Bertinetti medesimo derivava dal fatto accertato che l’acqua era fuoriuscita da un radiatore incrinato, per congelamento dell’acqua, conseguente al bloccaggio dell’elettrovalvola di comando della parte di impianto sita nell’alloggio della Braga, meccanismo ubicato però nella parte comune dell’impianto ed accessibile solo al condominio; e che il congelamento dell’acqua non era – contrariamente a quanto ritenuto dal C.T.U. – avvenimento imprevedibile. Aggiunse la Corte del merito che dagli interessati non s’era comunque data la prova del fortuito; che la Braga non era decaduta dalla garanzia vantata nei confronti del Bertinetti perché ella, dopo appena sei-sette giorni dall’avaria, aveva con lettera indirizzata anche al costruttore-venditore denunziato il vizio della cosa venduta, sia pure in via generica e quel destinatario non aveva offerto alcuna prova liberatoria.

Ricorre per Cassazione Bertinetti per sei motivi, ai quali la Braga resiste con controricorso. Non si costituiscono, ancorché ritualmente intimati, di Muro e Condominio. Le parti costituite presentano memorie.

Motivi della decisione

Si denunzia da Bertinetti:

1° – violazione dell’art. 342 del codice di proc. civile e vizio di motivazione, con addebito alla corte del merito di non avere rilevato l’estrema genericità dei motivi dell’appello Braga; 2° – violazione degli artt. 392 e 346 dello stesso codice e vizio di motivazione, assumendosi che la Braga nell’atto di appello non aveva più fatto valere la qualità di venditore di esso ricorrente, alla quale aveva anche fatto espresso richiamo in citazione; a nulla rilevando ch’ella poi avesse integrato l’appello stesso in memoria e conclusioni definitive del grado;

3° – violazione degli artt. 1117 n. 3, 1130, 1131 2° comma e 1494 del cod. civile, oltre che vizio di motivazione, deducendosi che, una volta accertata dalla Corte del merito la proprietà del Condominio sulla elettrovalvola, solo questo avrebbe dovuto rispondere dei danni;

4° – violazione dell’art. 1495 cod. civile e ancora vizio di motivazione, addebitandosi alla Corte territoriale di non avere rilevato come alla data della citazione fosse vanamente spirato il termine per la denunzia dei vizi, atteso che alla lettera Braga dell’11 gennaio 1971 non si poteva attribuire valore di denunzia degli stessi né efficacia interruttiva della prescrizione; 5° – violazione dell’art. 1494 del codice civile e vizio di motivazione perché la Corte piemontese si sarebbe discostata senza darne ragione delle conclusioni del C.T.U. in ordine alla imprevedibilità dell’abbassamento eccessivo della temperatura climatica e quindi del congelamento dell’acqua nei radiatori; e tanto senza considerare che esso ricorrente era stato solo acquirente e non costruttore del detto congegno sul quale non avrebbe potuto eseguire alcun controllo diretto;

6° – violazione dell’art. 2051 del cod. civ. e vizio di motivazione, adducendosi che la Corte territoriale avrebbe illogicamente esclusa la responsabilità della Braga che, quale proprietaria dell’appartamento nel quale trovavasi il radiatore incrinato, ben avrebbe potuto vigilare sul suo impianto, specie dopo che un già rilevato guasto dell’elettrovalvola era stato riparato dal condominio.

Questa Corte Suprema rileva che i due primi mezzi, benché afferenti a punti diversi, pongono questioni che trovano origine nella asserita genericità ed incompletezza dei motivi dell’appello Braga, onde è necessario procedere la congiunto esame di essi, prima del quale, però si deve sgombrare il terreno da alcune argomentazioni sulle quali l’attuale ricorrente molto insiste.

Egli assai correttamente espone che la Corte incorse in errore affermando che, comunque, la Braga s’era richiamata alla responsabilità del venditore in capo al Bertinetti stesso in una memoria istruttoria e nelle conclusioni definitive, onde la relativa omissione nell’atto di appello sarebbe stata, per così dire, sanata.

E infatti, pacifico essendo che la Braga era appellante e non appellata, e quindi insorgeva contro pronunzie a lei sfavorevoli, essa avrebbe dovuto riproporre nell’atto di impugnazione tutte le domande già proposte in primo grado sulle quali pretendeva diversa pronunzia; atteso che solo l’appellato può richiamarsi alle eccezioni già sollevate o a quelle nuove che intenda sollevare in appello nel corso del giudizio, anche se non oltre la formulazione delle conclusioni definitive nel grado. Senonché, il pur esattamente indicato errore di diritto non può giovare all’attuale ricorrente, perché la Corte del merito fondò il rigetto delle eccezioni preliminari sulla prima e fondamentale ragione che l’atto di appello della Braga conteneva richiamo a tutte le domande poste in prime cure (e quindi anche a quelle fondate sulla responsabilità del venditore) ed aveva esposto la pretesa ingiustizia e i motivi per i quali ne chiedeva la rimozione in modo tale da rendere chiaramente individuabile le sue censure, le sue richieste e, perciò l’ambito del devolutum. Consegue che i motivi riguardanti la possibilità i integrare nel corso del giudizio l’atto di appello con deduzioni attinenti a domande in quello non riproposte si risolve in una (erronea) motivazione aggiuntiva, che non impinge sulle ricordate ragioni assorbenti ed essenziali e si risolve in obiter dicta, al pari della relativa alla qualificazione di dette integrazioni come ragioni anziché domande.

Ciò premesso, è facile osservare (pagg. 12 et passim della denunciata sentenza) come i giudici dell’appello abbiano rilevato che la Braga aveva ben precisato le ragioni per la quale andava affermata

– a suo avviso – anche la responsabilità del Bertinetti e comunque esclusa la condanna di essa appellante alle spese in favore del suddetto; e come la stessa appellante avesse esplicitamente riproposto, non allo stesso atto di appello, la domanda, non accolta in primo grado, di condanna del Bertinetti sia a tenerla manlevata dalle domande del Di Muro, sia al risarcimento dei danni subiti in proprio, così insistendo in tutte quelle domande che aveva già sperimentato nel primo e sotto ogni profilo nei riguardi di tutte le controparti. Perciò il riesame invocato dall’attuale resistente in ordine alle responsabilità del Bertinetti anche quale venditore non era precluso, ad avviso della Corte, anche se quest’ultima qualifica non era stata esplicitamente indicata dall’interessata nell’impugnazione.

A questa indagine, precisa e corretta della Corte del merito sul contenuto dell’atto di appello, non può essere mossa censura; ed essa peraltro, nelle conclusioni che se ne trassero, si informò al principio costantemente enunciato da questa Corte Suprema, per il quale l’indicazione dei motivi di appello, richiesta dall’art. 342 del cod. di proc. civ., non comporta una specificazione rigorosa o l’adozione di forme particolari e sacramentali, ma non può essere soddisfatta anche da un’esposizione sommaria, purché non equivoca e generica, che enunci le doglianze dell’appellante in modo che il giudice del gravame, oltre che i punti e i capi impugnati, possa identificare e vagliare le ragioni, di fatto e di diritto, per le quali viene chiesta la revisione prioris instantiae, e possa, quindi, puntualizzare le questioni delle quali viene invocato il riesame (per tutte sul punto: Cass. 80-2298; 80-2629; 80-3997; 80-4678; 81-2199; 81-4196; e quanto alla riproposizione in appello delle domande da parte dell’appellante: Cass. 76-143; 80-1266; 80-3997; 81-6394; 83-2747).

I due primi mezzi dunque infondati; e così il terzo. E’ stato accertato in fatto – e sul punto non vengono sollevati dubbi – che l’elettri valvola fu fabbricata da terzi; che la stessa venne acquistata ed installata nell’edificio condominiale dal costruttore Bertinetti; il quale, come si legge nei motivi di ricorso, non effettuò alcun controllo sul congegno. Ora, se non è dubbio che sussiste una responsabilità del condominio (una volta accertato in fatto che l’elettrovalvola) era sita in locale comune ed accessibile solo al Condominio stesso), non è parimenti dubbio che all’obbligazione risarcitoria di questo si aggiunge, con vincolo di solidarietà, la pari obbligazione dell’attuale ricorrente. Questa Corte ha già ritenuto che nel caso in cui al processo produttivo di un determinato bene partecipino, in fasi diverse, una pluralità di soggetti, l’acquirente del pezzo difettoso che proceda all’assemblaggio del medesimo, non va esente da responsabilità per i danni derivati dall’uso del prodotto finale per il solo fatto che il difetto è imputabile ad altri (ossia al produttore del pezzo stesso), avendo egli il dovere di sottoporre l’oggetto acquistato a diligente controllo e restando, quindi, la responsabilità dei produttori esclusi nella sola ipotesi in cui il pezzo stesso sia stato, dopo l’assemblaggio, destinato ad un uso improprio e non prevedibile dai vari produttori stessi (Cass. 80-1696, e, per riferimenti, Cass. 79-4352; 80-1376).

Non può trovare accoglimento neppure il quarto mezzo. La Corte del merito esaminò la lettera dell’11 gennaio 1971, spedita circa 5 giorni dopo l’allagamento del locale Di Muro, che venne inviata e a costui, e al condominio e alla Braga; e rilevò (pag. 28) come una tale pluralità di destinatari dovesse avere uno specifico significato ed intendimento, anche in relazione al fatto che le cause dell’evento dannoso non erano al tempo dell’invio della missiva identificabile. La stessa Corte implicò che una semplice negatoria di responsabilità della mittente avrebbe richiesto, se mai, l’invio della lettera al solo Di Muro, che pretendeva il risarcimento dei danni da allagamento dalla Braga.

Alla stregua di tanto, si considera che questa Corte ha costantemente affermato che l’acquirente, ai fini di conservare il diritto alla garanzia, non è tenuto a fare nel termine stabilito una denunzia analitica e specifica, con precisa indicazione dei difetti che presenta la cosa, ma può validamente limitarsi ad una comunicazione generica e sommaria, la quale valga a mettere sull’avviso il venditore, salvo a precisare in un secondo tempo l’entità e la natura dei vizi riscontrati (7-1930; 75-2881; e inoltre, 75-2944 relativa anche al tempo della certezza del vizio; nonché 76-301). Pertanto, escluso l’errore di diritto, la censura in esame finisce con il risolversi in una critica su una quaestio voluntatis, inammissibile laddove, come nella fattispecie, la valutazione del giudice del merito sia sorretta da un’adeguata motivazione.

Precisato poi che la Corte si discostò dalla conclusionale del C.T.U. solo quanto alla prevedibilità del particolare rigore invernale occorso nel tempo dei fatti di cui è causa, osservando (pag. 21) che le temperature assai inferiori al punto di congelamento dell’acqua non sono, all’esterno, infrequenti in una regione della posizione geografica del Piemonte, il punto fondamentale sul quale riposa la decisione della Corte riposa sulla constatazione del cattivo funzionamento della elettrovalvola, come appare dall’intero contesto della decisione, nella quale ripetutamente si implica che se detto congegno non si fosse bloccato per proprio vizio intrinseco, l’acqua avrebbe continuato a circolare anche nei radiatori della Braga e quindi non si sarebbe congelata e, ancora, non avrebbe cagionato l’incrinamento e la perdita del liquido del radiatore. Né il ricorrente indica un qualche fatto trascurato dalla Corte, afferente a bloccaggi di elettrovalvole e congelamenti del fluido di riscaldamento in altre parti dello stesso impianto o in impianti diversi.

Pertanto, a prescindere dal dissenso della Corte territoriale con l’ausiliare e della motivazione di esso, la statuizione sul punto non appare sostanzialmente censurata, sicché anche questo motivo deve essere rigettato.

Il sesto ed ultimo motivo è inammissibile perché propone a questa Corte per la prima volta, questione non sollevate nei gradi di merito, come appare dall’esame dei relativi atti, e segnatamente dalla comparsa di costituzione e risposta in primo grado e nelle relative conclusioni del Bertinetti, e così nella sua comparsa di costituzione e risposta in appello, con le conformi conclusioni del grado.

La soccombenza comporta la condanna del ricorrente al rimborsare le spese di questo giudizio alla sola parte costituita e resistente Agnese Braga, secondo la liquidazione di cui in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di questo giudizio in favore della resistente Agnese Braga, liquidandole in lire 563.100, delle quali lire 500.000 per onorario di difesa.
Così deciso in Roma il 25 ottobre 1985 dalla seconda Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 9 GIUGNO 1986