Svolgimento del processo

Con atto del 17 dicembre 1976 Luca, Carmela e Caterina Placco, nonché Ines Barzottini vedova Placco convenivano davanti al Pretore di Cagliari Plinio Branca, conduttore di un immobile sito alla Via Nizza di detta città e del quale essi istanti erano comproprietari, deducendo l’urgente ed improrogabile necessità di destinare il bene ad abitazione propria di Luca Placco.

Con sentenza del 17 luglio 1979, il Pretore accoglieva la domanda. Su gravame del Branca, il tribunale di Cagliari, con sentenza del 21 maggio 1982, ha confermato la pronuncia di primo grado, considerando che la eccezione di difetto di legittimazione attiva, sollevata dal Branca nei confronti dei proprietari non locatori, è infondata, dovendo l’espressione “locatore” usata dalla legge essere interpretata estensivamente ed avendo la stessa locatrice Caterina Placco agito in giudizio per sostenere la ragione addotta dal fratello Luca. Nel merito, il Tribunale ha osservato poi che la situazione di necessità, posta a base della domanda, è effettivamente sussistente ed è insorta in epoca successiva all’instaurazione del rapporto di locazione. Il Tribunale ha rilevato, infine, che l’art. 56 della legge n. 392 del 1978 è stato correttamente applicato dal primo giudice, trattandosi di norma valevole anche per le decisioni emanate dopo il 31 luglio 1978 in esito a giudizi già pendenti.

Ricorre per cassazione il Branca con sei motivi. Gli intimati resistono con controricorso, illustrato anche in memoria.

Motivi della decisione

Con i primi tre mezzi del ricorso, nel denunziare la violazione dell’art. 4 della legge n. 253 del 1950 e degli artt. 12 e 14 delle preleggi, il Branca deduce che la legittimazione ad agire per la declaratoria di cessazione della proroga legale spetta soltanto al comproprietario-locatore dello immobile, e non anche agli altri comproprietari. Il ricorrente sostiene che il Tribunale ha dato una falsa interpretazione alla norma che, per la sua natura eccezionale, non può essere applicata in via analogica ed osserva che la locatrice Caterina Placco, quale unica legittimata ad agire, non poteva far valere la situazione di necessità del fratello Luca.

Le censure non sono fondate.

Il comproprietario dell’immobile locato, anche quando non abbia stipulato direttamente il contratto di locazione, è legittimato ad agire con il consenso del condominio – locatore e degli altri condomini – consenso che deve presumersi fino a prova contraria – al fine di ottenere il rilascio dell’immobile per la necessità di destinarlo ad abitazione propria (cfr. sentenze 357-83, 6834-82, 1093-80 e 766-80).

Tale interpretazione della norma dello art. 4 della legge n. 253 del 1950 non configura una ipotesi di applicazione analogica, trattandosi, al contrario, di mera interpretazione estensiva, atteso che il proprietario-locatore, nel momento della stipulazione del contratto, si comporta come mandatario tacito degli altri condomini, i quali vengono accomunati al primo dalla identità dell’interesse per quanto riguarda l’adempimento degli obblighi e l’esercizio dei diritti inerenti al contratto di locazione.

Da ciò deriva che, nella specie, il Tribunale ha correttamente affermato che Luca Placco era legittimato ad agire.

Vanno poi disattesi il quarto e il quinto motivo del ricorso, che si riferiscono ad una supposta erronea valutazione della situazione di necessità posta a base della domanda. Infatti, l’apprezzamento dei giudici del merito, sorretto da motivazione coerente ed adeguata, non è suscettivo di riesame in questa sede.

Infine, deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse il sesto ed ultimo motivo, con il quale il Branca si duole della illegittimità fissazione della data di rilascio.

In proposito, è sufficiente rilevare che il provvedimento di rilascio è rimasto caducato, non essendo stato eseguito entro il termine fissato dal Pretore.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del Branca al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in L. 38.200, oltre a L. 600.000 di onorari.
Così deciso il 1° ottobre 1985 nella camera di consiglio della III sezione civile della Corte Suprema di Cassazione.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 28 MAGGIO 1986