Svolgimento del processo

Con ricorso al pretore di Messina, Marchetta Angelo chiedeva l’accertamento del diritto alla rendita a carico dell’INAIL per invalidità permanente da infortunio sul lavoro, negatogli in sede amministrativa. L’INAIL si opponeva alla domanda affermando che l’infortunio da caduta si era verificato il 3.10.1977 ed era stata indennizzato e curato sino alla guarigione avvenuta il 14 successivo dello stesso mese; nel giorno 23 del mese di ottobre, si verificava altro infortunio, ma in circostanze extralavorative, talché non poteva ricevere prestazione assicurativa. Il pretore accoglieva la domanda ritenendo sussistere il nesso causale tra gli esiti del primo infortunio ed il secondo intervenuto pochi giorno dopo. – Contro questa sentenza proponeva appello l’INAIL; il Marchetta si costituiva e chiedeva la conferma della sentenza di 1° grado.

Il Tribunale accoglieva il gravame; esposti alcuni dubbi sulle reali circostanze del sinistro, affermava che, anche a ritenere la caduta del Marchetta si fosse verificata non da un albero (come riportato dalla stampa) ma salendo le scale, non vi era la certezza che essa derivasse dalla lesione riportata al menisco pochi giorni prima a seguito di infortunio sul lavoro; ed essendosi verificato il fatto in circostanze extralavorative non poteva considerarsi infortunio sul lavoro la caduta per le scale solo “perché causato da uno stato di debolezza dell’arto inferiore destro dipendente dal precedente infortunio sul lavoro. L’assicurazione copre infatti gli infortuni verificatisi nel corso del lavoro e non può essere estesa anche ai fatti accidentali dipendenti dallo stato di malattia conseguente all’infortunio sul lavoro”.

Contro questa sentenza propone ricorso con tre diversi mezzi di annullamento il Marchetta; resiste con controricorso illustrato da memoria l’INAIL.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo il ricorrente si duole per la erronea interpretazione dell’art. 2 del T.U. n. 1124 del 1964 che non esclude la indennizzabilità dei sinistri conseguenza di altro precedente infortunio sul lavoro; nel caso la lesione del menisco patita nell’infortunio sul lavoro è stata la causa della successiva nuova caduta, non in ambito lavorativo.

Con il secondo motivo si censura la sentenza per difetto di motivazione, dal momento che si è omesso ogni argomento al fine di escludere il nesso di causalità tra il primo infortunio e la successiva caduta.

Con il terzo mezzo si censura la sentenza per violazione dell’art. 2043 c.c. in quanto “il secondo infortunio” non si sarebbe verificato se l’INAIL, previ gli opportuni accertamenti, avesse diagnosticato il vero danno riportato dal Marchetta nel primo infortunio, prescrivendo le cure delle quali aveva bisogno; quelle riconosciute erano inidonee tanto che per colpa del funzionario dell’INAIL addebitabile anche all’INAIL si determinava il grave fatto dannoso”.

I primo due motivi del ricorso sono fondati.

La sentenza impugnata non ha tenuto conto che ai sensi degli artt. 2 e 74 del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 sono indennizzabili anche le inabilità permanenti nel cui determinismo l’infortunio abbia svolto ruolo concausale soltanto indiretto, come è confermato implicitamente dalla mancanza in materia di infortuni sul lavoro, di una norma analoga all’art. 133 dello stesso T.U. che per le malattie professionali esclude dalla tutela assicurativa le conseguenze non direttamente connesse alle malattie stesse (Cass. n. 552 del 1982).

Alla stregua di questo principio assumeva rilevanza quanto accertato in sede di consulenza tecnica, ed in particolare che la lesione meniscale poteva porsi in rapporto diretto di causa ed effetto con l’infortunio subito dall’assicurato il 3 ottobre 1977; e che potessero ritenersi plausibili le modalità del secondo infortunio, atteso che, in caso di lesione meniscale, è possibile che si verifiche un cedimento improvviso, specialmente nella esecuzione di movimenti particolari.

Da notare che la C.T.U. dava atto che la indagine del potere non aveva fornito la prova che il secondo sinistro si fosse verificato con le modalità addotte dall’INAIL (caduta da un albero). In ordine a questa circostanza la motivazione della sentenza del Tribunale appare perplessa sembrando dapprima propendere per la versione della caduta dall’albero riportata dalla stampa, e tuttavia finendo per consentire ed esaminare le modalità indicate dall’assicurato. In quest’ultima parte reca una distinzione tra il discendere ed il salire le scale della quale non è dato cogliere il riferimento agli atti processuali; ma, soprattutto, richiede una certezza di connessione dell’infortunio alla pregressa lesione al menisco, che, trattandosi di un giudizio ex post, come esattamente indicato dalla C.T.U., non poteva darsi che via presuntiva. Del tutto erroneo, infine, avere escluso la debolezza successiva e conseguente all’infortunio sul lavoro, dall’area della tutela assicurativa, che – si è visto – per gli infortuni concernere anche la concausa che abbia una incidenza indiretta.

Quanto al terzo motivo del ricorso, questo prospetta questioni completamente diverse da quelle poste con la domanda introduttiva del giudizio, prospettando titoli di responsabilità diversi da quella assicurativa, ed è pertanto inammissibile.

Consegue a quanto esposto l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione ed il rinvio per nuovo esame al tribunale di Patti che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Patti il quale provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione il 6 giugno 1985.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 3 FEBBRAIO 1986