Svolgimento del processo

Avverso l’ingiunzione di pagamento di L. 3.703.015 intimata dall’INAIL per omissioni contributive relative al “valore convenzionale della mensa” dei dipendenti per il decennio 1.5.1967 – 30.4.1977, la società indicata in epigrafe proponeva opposizione davanti al Pretore del Lavoro di Torino, il quale la rigettava con sentenza del 30.9.1980, dichiarando legittima l’ingiunzione.

Con sentenza dell’11.6.1981 in accoglimento dell’appello interposto dalla società – il Tribunale del lavoro di Torino la dichiarava illegittima, osservando che il valore convenzionale della mensa apprestata per i propri dipendenti (i quali potevano o meno usufruire) non aveva alcun carattere di obbligatorietà per il datore di lavoro né trovava la sua causa, ma semmai la mera occasione, nel rapporto di lavoro, per cui non era configurabile il requisito posto dal primo comma dell’art. 12 L. 30.4.1969 n. 153, che prevede l’assoggettabilità a contributo di quanto il lavoratore riceve in dipendenza del rapporto di lavoro.

Contro detta decisione l’INAIL ricorre a questa Corte con unico motivo di annullamento, sviluppato anche in successiva memoria, discussione orale e note di udienza. La società intimata resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Denunziando violazione dell’art. 12 della legge 30.4.1969, l’Inail sottolinea l’innovazione apportata da tale disposizione rispetto a quelle precedentemente vigenti per la determinazione della base contributiva imponibili, mediante il riferimento a quanto il lavoratore riceve, non più “per compenso dell’opera prestata”, ma “in dipendenza del rapporto di lavoro”; rileva poi il difetto di alcuna giustificazione della pretesa (accolta dal Tribunale) di sottrarre alla relativa disciplina il valore convenzionale della mensa, oggetto di discussione.

Il ricorso è fondamento.

La questione dell’assoggettabilità a contribuzione assicurativa della “mensa” fornita dall’imprenditore ai proprio dipendenti è stata, in non poche pronunzie di questa Corte, costantemente risolta in senso positivo, al lume della disciplina introdotta in materia con l’art. 12 della legge l. 30-4-1969 n. 153. Si citano fra le numerose più recenti pronunzie le nn. 446-84, 6751-83, 6661-83, in cui, ponendosi in risalto la significativa differenza di formulazione fra la nuova norma (la quale assume come base imponibile tutto quanto il lavoratore riceve “in dipendenza del rapporto di lavoro”) e la vecchia norma dell’art. 27 DPR n. 797 del 1955 (che considerava invece il “corrispettivo dell’opera prestata”), se ne deduce l’assoggettabilità anche di quelle dazioni o di quei vantaggi indiretti (come agevolazioni sui prezzi delle merci o dei servizi prodotti) che abbiano solo finalità di salvaguardia del salario, senza bisogno che tali prestazioni siano collegate in funzione di stretta corrispettività con le prestazioni di lavoratore. Tali principi trovano la loro base in una concezione della “retribuzione”, in campo previdenziale, diversa da quella civilistica comune e che si spiega, oltre che con un adeguamento al più ampio concetto postulato dall’art. 36 Cost., con l’esigenza di impedire facili forme di evasione.

Il Tribunale, pur mostrando si seguire l’impostazione, nei detti termini, del problema specifico del servizio mensa, rileva tuttavia – in contrario – che questo non riceverebbe dal rapporto di lavoro la sua giustificazione causale, ma vi troverebbe solo una mera occasione. L’assunto, in sé stesso indimostrato, non è conferente, una volta rilevato – come sopra si è fatto – che il tipo di relazione fra la “retribuzione” (nell’accezione previdenziale) e il rapporto di lavoro prescinde dallo schema civilistico comune: ai fini della verifica dello specifico momento di collegamento presupposto dalla norma, e cioé dalla “dipendenza” dal rapporto di lavoro, basterà considerare che il “servizio mensa” ha come destinatari i lavoratori e non gli estranei e che, fino a dimostrazione da parte del datore di lavoro di un diverso titolo della sua prestazione che lo sottragga all’obbligo contributivo a norma del secondo comma, esso non può che rientrare nell’ampia categoria descritta nel primo comma del citato art. 12.

Né l’assunto del Tribunale può ricevere conforto dall’ulteriore considerazione della facoltatività della utilizzazione del servizio mensa da parte dei lavoratori. Si tratta di una notazione irrilevante ai fini dell’esclusione dalla cennata categoria, perché la circostanza che il lavoratore possa determinarsi a non usufruire del servizio mensa non incide minimamente sulla sussistenza del sopra enunciato requisito della dipendenza del rapporto di lavoro, così come non incide l’eventuale mancata previsione contrattuale di un’indennità sostitutiva (6501-83).

Occorre piuttosto precisare – in relazione ad un particolare aspetto della questione emerso in sede di discussione, fermi restando i suesposti motivi di accoglimento del ricorso – che la prestazione del servizio mensa ha un carattere di stretta inerenza alla persona del lavoratore, il quale, in mancanza, dovrebbe provvedere coi proprio mezzi al soddisfacimento del relativo bisogno. Tale precisazione (la quale peraltro non esclude che la stessa disciplina contributiva possa ricorrere per altro tipo di prestazione in cui meno intenso apparisca il riferimento ai bisogni della persona del lavoratore, come ad es. contributo asilo nido, contributo spese scolastiche) elimina ogni possibilità di confusione e di dubbio, derivante dal confronto con le ipotesi di altre attività di tipo promozionale, sportivo, culturale (invalse nelle moderne prassi industriali), che dalle prime si differenziano nettamente a motivo della loro imputabilità non a vantaggio immediato del lavoratore (o della sua famiglia), ma piuttosto dell’interesse dell’azienda.

La sentenza dev’essere pertanto cassata, col rinvio della causa ad altro giudice di appello, (designato nel Tribunale del Lavoro di Pinerolo), il quale la deciderà uniformandosi ai principi di diritto di cui sopra. Lo stesso giudice provvederà al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Pinerolo (Sezione Lavoro), anche per le spese di questo giudizio di cassazione.
Roma, 15 aprile 1985.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 3 FEBBRAIO 1986