Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 17 gennaio 1979 Franzoni Cosetta, premesso di essere proprietaria di un appartamento sito al 2° piano dell’edificio condominiale in Cremona, Piazza Mazzini 4, conveniva in giudizio dinnanzi al Pretore di Cremona Buschini Luciana proprietaria dell’appartamento sottostante e il condominio, chiedendo che venisse interdetto alla Buschini l’uso singolo di un lastrico solare a copertura di vani magazzino a piano terreno di proprietà di altro condomino con la funzione anche di cortiletto comune a tutti i condomini degli appartamenti che vi si affacciano; conseguentemente venisse ordinato di chiudere tutte le aperture che mettevano l’appartamento della stessa in comunicazione con detto cortiletto e di demolire una pensilina erettasi a parziale copertura dalla Buschini medesima.

Costituitasi in giudizio questa chiedeva la reiezione della domanda, assumendo di avere diritto all’uso esclusivo del lastrico solare sito a livello del suo appartamento, che vi aveva accesso attraverso porte-finestre aperte già durante la costruzione dell’edificio mentre ogni altro appartamento non ne poteva effettivamente godere; da tale uso gli altri condomini non subivano alcun pregiudizio; con l’installazione della pensilina ella non aveva alterato la destinazione del lastrico solare.

Il condominio costituitosi in giudizio deduceva la mancanza della propria legittimazione passiva e nel merito che il lastrico solare per la conformazione strutturale dell’edificio fin dall’origine, pur essendo di proprietà comune era di uso esclusivo della Buschini.

Il Pretore di Cremona riteneva il condominio legittimato passivamente ed accoglieva totalmente le domande della Franzoni, condanna i convenuti in solido a chiudere le porte di accesso al lastrico solare aperte nell’appartamento della Buschini, a rimuovere la pensilina in questione, a rimborsare alla Franzoni le spese di lite.

Proponeva gravame la Buschini.

Con sentenza 23 dicembre 1981 – 20 gennaio 1982 il tribunale di Cremona, in riforma della sentenza del pretore, rigettava le domande proposte da Franzoni Cosetta, che condannava alle spese. Riteneva il Tribunale. La conformazione strutturale originaria dell’edificio per ammissione degli altri condomini non contestati dalla Franzoni è tale che solo alla Buschini è oggettivamente dato di accedere al lastrico solare; ella sola può utilizzare il lastrico come terrazza a livello; nulla vieta che la Buschini potendo trarne una maggiore utilità rispetto agli altri condomini senza recare loro pregiudizio se ne serva facendone uso esclusivo.

Tale uso non comporta imposizione di un diritto di servitù sul lastrico solare a favore della Buschini perché ella è proprietaria condominiale ed esercita il suo stesso diritto su bene proprio, se pur comune ad altri.

Alla Buschini non può essere imposto di chiudere la apertura di comunicazione al lastrico solare ancorché la terrazza fosse stata nell’uso comune di tutti i condomini nonché le aperture avrebbe consentito alla Buschini di servirsene secondo il suo diritto senza impedire agli altri condomini di farne parimenti uso e senza alterarne la destinazione.

La pensilina ritenuta dalla Buschini a protezione del lastrico solare non andava rimossa. Non portava pregiudizio alla Franzoni il trovarsi sotto la propria finestra anziché un lastrico solare una lastra di eternit che lo ricopre solo in parte.

La Franzoni non ha dato prova che la distanza dalla finestra sia inferiore a quella legale.

Il proposto ricorso per cassazione Franzoni Cosetta deducendo quattro motivi.

Resiste Buschini Luciana con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 1102, 1117, 1118, 1120, 1122 c.c..

Tali norme sarebbero state violate perché il tribunale avrebbe finito per consentire alla condomina Buschini di attrarre nell’orbita della sua disponibilità esclusiva il lastrico solare, che è comune non solo per presunzione di legge ma anche per titolo.

La doglianza è infondata, perché non tocca il nucleo sostanziale della motivazione sul punto della sentenza impugnata, la quale aveva osservato che le aperture di comunicazione tra l’appartamento della Buschini e il lastrico solare coeve alla costruzione dell’edificio, e che pertanto risale all’origine del condominio la attribuzione alla Buschini dell’uso del lastrico stesso, e dello uso esclusivo, posto che gli altri condomini non vi hanno accesso.

Tale situazione corrisponde alla ipotesi – testualmente prevista dall’art. 1126 c.c. in tema di ripartizione di spese di riparazioni o ricostruzione del lastrico, e configura un uso più ampio della cosa comune consentita ad un condomino senza menomazione del diritto degli altri (si vedano per ipotesi, contrapposte, le sentenze di questa Sezione n. 101 e n. 3236 del 1984). Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 1102, 1120, 1117 c.c. per il mancato accoglimento della domanda di rimozione della pensilina la quale viene ad inserirsi nello spazio immediatamente sottostante alle finestre dalle quali essa Franzoni esercitava veduta sul lastrico condominiale ed il lastrico stesso, impedisce per le sue notevoli dimensioni la vista in appiombo tutto il lastrico stesso; la pensilina costruita in fibrocemento costituisce una comoda passarella di comunicazione con altre come dell’edificio comune e con altri tetti ed è facile per chiunque introdursi nell’appartamento di essa Franzoni scavalcando le finestre le quali essendo all’origine ad altezza di primo piano rispetto al lastrico solare furono mai dotate di inferriate di sicurezza.

La doglianza è fondata. E’ stato infatti sempre ritenuto da questa Corte che in un edificio condominiale i singoli proprietari hanno il diritto di non subire, a causa di costruzioni eseguite da altri condomini, una diminuzione della possibilità di esercitare dalle proprie aperture le veduta in appiombo (sent. 23 gennaio 1982 n. 448 e per riferimento anche 27 luglio 1984 n. 4451; sent. 6 maggio 1972 n. 1381 e altre). E ciò indipendentemente dalla circostanza che, in ordine alle esigenze di sicurezza della ricorrente, la corte non ha curato di stabilire la distanza tra la pensilina e le aperture della Franzoni, giacché il fugace accenno a una distanza maggiore di 3 metri non dissipa le perplessità nascenti dal fatto che gli appartamenti delle parti litiganti sono posti su piani immediatamente sovrastanti l’uno all’altro.

Con il 3° motivo la ricorrente ha dedotto contraddittoria motivazione e violazione e falsa applicazione degli artt. 1102, 1118, 1120, 1122 in relazione agli artt. 1158 e 832 c.c. Il Tribunale pur ammettendo che il bene risulta appartenente alla comunione condominiale non ha rilevato l’incompatibilità di tale sua destinazione con l’uso esclusivo che la Buschini ne ha fatto con opere visibili e permanenti (porte finestre di accesso, costruzione della pensilina, collocazione di oggetti) idonee agli effetti di una prescrizione acquisitiva del bene a favore dell’illegittimo occupante.

La censura è fondata soltanto per ciò che si riferisce alla pensilina. Per il resto esso trova risposta in quanto osservato a proposito del primo motivo; osservazioni che escludono la possibilità di configurare nel caso in esame ipotesi di asservimento della cosa comune.

Con il quarto motivo la ricorrente ha dedotto omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 907 c.c. Sostiene che la Buschini avrebbe dovuto nella costruzione rispettare la distanza minima di tre metri sotto la finestra del sovrastante appartamento di essa Franzoni e lamenta che l’argomento non sia stato trattato dal Tribunale.

La doglianza è inammissibile.

Il giudice del merito esattamente non si è occupato della legittimità della pensilina sotto questo profilo, perché l’azione tendente a rimozione di opere, eseguite in violazione della distanza di legge dalla veduta è una azione (caratterizzata da tipici petitum e causa petendi) che la Franzoni non aveva mai proposto, facendone un vago accenno – osserva il tribunale – solo nella comparsa conclusionale.

La comparsa conclusivamente ha la funzione di illustrare le domande e le eccezioni ritualmente proposte e non può contenere questioni nuove le quali costituiscono un ampliamento del thema decidendum.

Il regolamento delle spese di questo giudizio può essere demandato al giudice di rinvio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie per quanto di ragione il secondo e il terzo motivo di ricorso;
rigetta gli altri;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al tribunale di Mantova, che provvederà anche per le spese di questo giudizio.
Così deciso il 20.11.1985
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 9 GIUGNO 1986