Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 24 MAGGIO 1980, GIACOMO e ALDA SALOT convenivano davanti al Tribunale di TORINO il Comune di Corio e premesso che con delibera Numero 69 del 24 Settembre 1974 del Consiglio Comunale di Corio e Numero 47518 della Giunta Regionale piemontese del 14 Ottobre 1975 e con decreto Numero 4954 del presidente della medesima giunta del 25 NOVEMBRE 1975 era stata dichiarata la pubblica utilità, nonché la indifferibilità e la urgenza dell’opera di realizzazione di un parco pubblico nel Comune di Corio su di un terreno di proprietà degli esponenti ed approvato, inoltre, il relativo paino di esproprio; che successivamente il presidente della giunta regionale aveva pronunciato in data 2 AGOSTO 1976, su conforme delibera della giunta del 15 GIUGNO 1976, l’esproprio del terreno in questione, con provvedimento che era stato tempestivamente impugnato davanti al T.A.R.; che, in esecuzione di questo ultimo provvedimento, l’amministrazione comunale aveva provveduto ad occupare il terreno in questione e che, infine, il Presidente della Repubblica, con decreto del 20 LUGLIO 1979, in accoglimento del ricorso straordinario che era stato proposto dagli esponenti contro i su richiamati provvedimenti dichiarativi della pubblica utilità dell’espropriazione, aveva annullato tali provvedimenti facendo venire meno il presupposto logico – giuridico dell’avvenuta espropriazione; tutto ciò premesso gli istanti chiedevano dei danni loro derivati dall’abusiva occupazione del fondo di loro proprietà.

Con riferimento al giudizio come sopra instaurato da Giacomo e Alda SALOT, il Comune di Corio ha proposto regolamento di giurisdizione deducendo che il disposto annullamento della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera che ha giustificato l’espropriazione, non essendo idonea ad estendere i suoi effetti caducatori anche al provvedimento di espropriazione, non renderebbe configurabile un diritto soggettivo nella posizione fatta valere in giudizio dagli ex proprietari del fondo espropriato, la cui consistenza continuerebbe pertanto ad essere affievolita e a rimanere degradata ad interesse legittimo.

Da qui il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della controversia, fintantoché non sarà disposto l’annullamento del decreto di espropriazione da parte del giudice amministrativo, posto che tale decreto, sebbene invalido, continuerebbe tuttavia a spiegare ancora i suoi effetti.

Al proposto regolamento – che è stato ritualmente notificato a Giacomo e Alda SALOT – resiste Alda SALOT con controricorso, illustrato con memoria, chiedendo che il Comune ricorrente sia condannato, in considerazione del carattere meramente dilatorio del proposto regolamento, al risarcimento dei danni per responsabilità processuale aggravata ex articolo 96 Cod. Proc. Civ..

Motivi della decisione

Il proposto regolamento è infondato.

Al riguardo va premesso che questa Sezioni Unite hanno già avuto occasione di ritenere – secondo un orientamento che può considerarsi consolidato – che il decreto di espropriazione emesso senza la preventiva dichiarazione di pubblica utilità dell’opera ovvero dopo che la medesima sia divenuta inefficace ex articolo 13 della legge 25 giugno 1865 – N. 2359, per inutile decorso dei termini in essa stabiliti per il compimento delle operazioni di esproprio (V. sentenza 26 NOVEMBRE 1979 – N. 6171) ovvero per il compimento dei relativi lavori (V. sentenza 26 GIUGNO 1957 – N. 2481 e 3 GIUGNO 1978

– N. 2774: e non occorre qui esaminare, per la non rilevanza della questione, le diverse interpretazioni che della suddetta norma sono state seguite nelle sopra citate sentenze) configura un provvedimento reso in carenza di potere, inidoneo, come tale, ad affievolire la posizione di diritto soggettivo spettante al proprietario sul bene espropriato: con la conseguenza che il provvedimento così adottato, senza la preventiva dichiarazione di pubblica utilità o dopo che questa sia divenuta inefficace, deve considerarsi lesivo di un diritto soggettivo perfetto, tutelabile davanti all’autorità giudiziaria ordinaria (V. sentenza 29 APRILE 1969 – N. 1374; 15 LUGLIO 1974 – N. 2125; 27 GENNAIO 1978 – N. 386; 2 MARZO 1983 – N. 1550; 16 APRILE 1984 – N. 2435; 12 GIUGNO 1984 – Numeri 3477 e 3478).

La dichiarazione di pubblica utilità e la sua perdurante efficacia costituiscono, invero una garanzia diretta ad assicurare – in attuazione del principio sancito dall’articolo 42, comma 3°, della Costituzione, espressamente riconosciuto anche nell’articolo 834 codice civile – che il sacrificio a cui nel pubblico interesse può essere legittimamente sottoposta la proprietà privata non resti indeterminato (in guisa che il diritto di proprietà su cui incide la dichiarazione di pubblica utilità rimanga affievolito al di là delle necessità rispetto a cui quella dichiarazione è preordinata), ma venga invece circoscritto in limiti e secondo caratteri di concretezza ed attualità, quali sono appunto quelli che di volta in volta risultano accertati nella dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, alla cui realizzazione l’espropriazione è finalizzata.

Come è stato anche puntualizzato da queste Sezioni Unite, tale dichiarazione,oltre ad accertare e a fare constare il vantaggio che deriva alla collettività dell’esecuzione di una determinata opera, giustificata al tempo stesso l’insorgere della stessa potestà espropriativa, la quale soltanto può affievolire, dietro indennizzo, le posizioni di diritto soggettivo già spettanti ai rispettivi proprietari sui beni che dovranno essere espropriati per la realizzazione dell’opera.

Pertanto la inesistenza – sia di fatto che giuridica – della dichiarazione di pubblica utilità, impedendo l’insorgere della stessa potestà espropriativa, può essere dedotta davanti al giudice ordinario, stante il non avvenuto affievolimento del diritto di proprietà, per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della illegittimità del decreto di espropriazione che sia stato cionondimeno emanato (V. sentenza 30 MAGGIO 1966 – N. 1414; 13 MARZO 1972 – N. 723).

Passando ad esaminare il caso in cui il decreto di espropriazione sia stato invece preceduto dalla dichiarazione di pubblica utilità e risulti anche emanato prima che tale dichiarazione sia stata privata della sua efficacia – come appunto si richiede perché possa di norma avere luogo il fenomeno dell’affievolimento del diritto di proprietà

– resta da verificare se l’annullamento della dichiarazione di pubblica utilità che venga successivamente disposto in sede amministrativa o giurisdizionale (come è appunto avvenuto nella specie) possa riverberare i suoi effetti anche sul decreto di espropriazione che venne emesso anteriormente, in base alla dichiarazione di pubblica utilità che è stata sia pure posteriormente annullata, in guisa da rendere possibile l’accertamento della sua illegittimità (in quanto lesivo del diritto non affievolito di proprietà) da parte del giudice ordinario che venga adito dal proprietario illegittimamente espropriato per ottenere il risarcimento dei danni e se quindi anche in tale caso il decreto di espropriazione possa e debba considerarsi come emanato – anche agli effetti della giurisdizione – senza la prescritta preventiva e coeva dichiarazione di pubblica utilità, sebbene questa, esistente al momento di cui fu emesso il decreto di espropriazione, sia stata annullata solo successivamente all’emanazione del decreto di esproprio.

La risposta al quesito non può che essere affermativa. Ciò in considerazione degli effetti retroattivi che conseguono normalmente alle pronunce di annullamento degli atti amministrativi, che in quanto giustificate dall’esistenza di vizi invalidanti coevi all’emanazione dell’atto possono approdare utilmente al risultato a cui esse sono preordinate di eliminare l’atto invalido e di rimuoverne gli effetti solo attraverso il loro annullamento con efficacia ex tunc: con la conseguenza che il decreto di espropriazione, nell’ipotesi considerata, una volta annullata con effetti ex tunc la dichiarazione di pubblica utilità, non può più considerarsi sorretto – sul piano giuridico sostanziale – da tale dichiarazione, da cui scaturisce e a cui è condizionata, come si è visto, la stessa esistenza del potere di espropriazione che (sebbene astrattamente conferito dalla legge alla Pubblica Amministrazione) sorge in concreto solo per effetto di quella dichiarazione e permane inoltre solo se e fino a quando questa conserva la sua efficacia.

Dai principi su richiamati discende che nella specie deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Considerata la insussistenza di precedenti specifici non si ravvisano ragioni che possono giustificare la condanna per responsabilità processuale aggravata del ricorrente ex articolo 96 codice procedura civile.

Tenuto conto della particolare configurazione della fattispecie sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese del regolamento.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione
Sezioni Unite Civili dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rigetta la domanda di responsabilità processuale aggravata.
Compensa integralmente le spese di questo giudizio. Così deciso in Roma il 4.7.85
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 20 MARZO 1986