Svolgimento del processo
Con ricorso del 16.12.1977 al Pretore del Lavoro di Napoli, Biondi Francesco, ex dipendente dell’ENEL, esponeva che, all’atto della risoluzione del rapporto, l’ENTE non aveva tenuto conto, nella individuazione dell’ammontare della retribuzione da porre a base del calcolo per la liquidazione dell’indennità di fine rapporto, della indennità di guida (indennità, così detta, di “auto-moto”) degli automezzi che esso Biondi, pur non essendo autista, era incaricato di guidare a causa dello svolgimento della prestazione di lavoro, né aveva tenuto conto della così detta “trasferta forfetizzata” corrispostagli, durante lo svolgimento del rapporto, a titolo di compenso per il lavoro normalmente ed obbligatoriamente prestato nella zona assegnatagli.
L’ENEL, costituitosi in giudizio, concludeva per la reiezione della domanda.
Il Pretore, con sentenza del 29 maggio 1979 (depositata il successivo 27 giugno) accoglieva la domanda, dichiarando che la trasferta forfettizzata e la indennità di guida costituivano elementi della retribuzione e, perciò, computabili nella retribuzione da prendere a base per il calcolo dell’indennità di fine rapporto.
Condannava, in conseguenza, l’ENEL a corrispondere al ricorrente la integrazione della indennità di anzianità oltre risarcimento da svalutazione, interessi e spese di causa.
Adito in appello dall’ENEL, il Tribunale di Napoli respingeva il gravame con la sentenza del 14.5.1980 (depositata il successivo 10 luglio) nella quale osservava che la così detta trasferta forfettizzata, corrisposta ai lavoratori in misura fissa e continuativa sulla base di precisi accordi aziendali aveva tutti i requisiti della competenza accessoria, fissa, continuativa ed obbligatoria per cui non poteva esserne disconosciuta la natura retributiva e quindi la sua computabilità nella retribuzione ai sensi dell’art. 2121 cod. civ..
Aggiungeva che detta indennità era stata corrisposta indipendentemente dalle spese sostenute dagli aventi diritto, e inoltre, anche per i periodi di ferie, infortuni, malattie e congedi, periodi nei quali sicuramente il lavoratore non aveva incontrato alcuna spesa. Ritenuta irrilevante la denominazione che le parti avevano dato all’istituto contrattuale, il Tribunale affermava che la indennità era stata corrisposta a fronte della specialità delle mansioni svolte da alcuni lavoratori e cioé a titolo di compenso per il maggior disagio loro derivante dalla prestazione lavorativa fuori della sede aziendale, sicché trovava giustificazione nel principio della proporzionalità della retribuzione di cui all’art. 36 Cost.
Analoghe argomentazioni adduceva il Tribunale per affermare la natura retributiva dell’indennità di guida corrisposta ai lavoratori che, non essendo autisti, erano incaricati della guida degli automezzi per accedere al luogo ove avrebbero dovuto prestare l’attività lavorativa.
Riteneva, infine, contrastante con la inderogabile disposizione dell’art. 2121 cod. civ. la clausola del contratto collettivo che non prevedeva l’indennità auto-moto tra gli elementi da computare nella retribuzione ai fini della determinazione dell’indennità di anzianità.
La sentenza viene impugnata per cassazione dall’ENEL che ne affida l’annullamento a due mezzi.
Il resistente non si è costituito.
Motivi della decisione
Col primo mezzo l’ENEL denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2121 c.c. delle norme sulla interpretazione dei contratti (art. 1362 e segg. cod. civ.) con riferimento agli art. 15, 28, 41 e 43 del CCNL. per i dipendenti dell’ENEL del 29 maggio 1973 (art. 360 n.ri 3 e 5 c.p.c.) e, dopo aver esposto la genesi e l’evoluzione storica dell’istituto della trasferta forfettizzata, addebita al Tribunale di aver omesso di apprezzare sia la volontà contrattuale delle parti, quale emergente dalle clausole della contrattazione collettiva, sia l’effettiva finalità dell’indennità che era stata destinata, non a compensare il disagio del lavoratore comandato a prestare servizio fuori sede, bensì a rimborsargli il costo del pasto che il lavoratore stesso era costretto a consumare sul posto di lavoro; addebita al Tribunale di aver distorto la portata dell’accordo 30.4.1974 che esso giudice non ha posto in relazione alla precedente normativa contrattuale concernente la regolamentazione della trasferta, che, tra l’altro, non viene computata né sulla 13° né sulla 14° mensilità né sul premio di produzione; addebita al Tribunale di aver erroneamente interpretato l’art. 41 dei contratti collettivi succedutisi in pendenza di rapporto, perché la trasferta forfettizzata, di estrazione contrattuale, poteva essere legittimamente esclusa dal coacervo degli elementi che concorrono a formare la retribuzione, attesa anche la dichiarata volontà delle parti che alla indennità stessa avevano attribuito la funzione di rimborso forfettario delle spese sostenute per il pasto meridiano.
Col secondo mezzo, denunziando violazione e falsa applicazione del disposto di cui all’art. 2121 cod. civ. e delle norme sulla interpretazione dei contratti, con riferimento agli artt. 28 e 41 del CCNL per i dipendenti dell’ENEL del 29 maggio 1973 (art. 360 n.ri 3 e 5 c.p.c.), deduce che erroneamente il Tribunale ha ritenuto di carattere retributivo l’indennità di guida, perché detta indennità non solo non è prevista tra gli elementi che il già citato art. 41 CCNL del 1973 contempla ai fini del computo della retribuzione, ma, trattandosi di indennità correlata a prestazioni meramente occasionali ed eventuali, mancherebbe anche dei requisiti che caratterizzano la retribuzione.
Le censure con le quali l’ENEL intenderebbe dimostrare che la così detta “trasferta forfettizzata”, non avendo natura retributiva, non può concorrere a formare la retribuzione utilizzabile ai sensi dell’art. 2121 cod. civ., per la determinazione dell’indennità di fine rapporto, non sono fondate.
Confermando la validità degli argomenti che in altre pronuncie, rese in questa stessa udienza, la Corte ha adottato a motivazione del rigetto di motivi di ricorso aventi identico contenuto, argomento che integrano quanto di seguito sarà detto, si rileva, intanto, che il Tribunale nell’esaminare il caso di specie non ha né erroneamente né falsamente applicato la normativa collettiva, avendo di questa fornito la esatta interpretazione ricavata da una puntuale osservanza dei canoni dell’ermeneutica contrattuale (art. 1362 cod. civ.): ed, invero, dalla lettura della sentenza impugnata si evince in modo certo ed inequivoco che il Tribunale è pervenuto all’affermazione conclusiva, secondo la quale alla indennità in discussione va riconosciuta la natura retributiva, dopo aver approfonditamente ricercato la portata delle clausole collettive succedutesi nel tempo, desumendo, quindi, la natura giuridica della materia regolamentata proprio dallo scopo pratico che i contraenti intendevano conseguire e non, invece, dalla denominazione che essi avevano dato all’istituto contrattuale.
Ha, infatti, quel Tribunale posto in base del proprio convincimento una serie di elementi univoci ricercati, con logica coerenza, nei contratti collettivi succedutesi dal 1966 al 1978 ed ha, all’esito, significativamente rilevato:
che la trasferta forfetizzata mensile veniva corrisposta esclusivamente a quei lavoratori che, essendo obbligati a prestare la loro opera con carattere di ricorrenza in località site fuori della zona urbana erano assoggettati ad un particolare disagio, che differenziava la loro prestazione lavorativa da quella degli altri dipendenti dell’ENEL “con posto fisso di lavoro” e giustificava una maggiorazione di compenso;
– che la stessa denominazione di “trasferta”, adottata nei verbali degli accordi collettivi, era impropria, perché gli spostamenti dei predetti lavoratori non era occasionali e determinati da temporanee esigenze aziendali ma continui e frequenti;
– che non è, di regola, rimborsabile la spesa per il vitto, perché sostenuta dal lavoratore per proprie necessità primarie e non nell’interesse del datore di lavoro;
– che non poteva, pertanto, avere funzione di rimborso la corresponsione ai c.d. “trasfertisti” di una somma pari al costo del buono-mensa, allorché essi consumavano il pasto meridiano presso le mense aziendali eventualmente in funzione nelle varie località in cui erano chiamati a prestare la loro opera;
– che la delimitazione (introdotta con l’accordo 30-4-74) delle giornate “utili” ai fini della erogazione della “trasferta” trovava giustificazione nell’esigenza di proporzionare l’emolumento alla entità e durata del disagio e non escludeva, comunque, che l’indennità venisse corrisposta anche nel periodo feriale, nelle giornate di festività infrasettimanali ed in quelle “lavorate ma non fuori zona”: il che contribuiva a dimostrare che l’indennità stessa non era necessariamente collegata ad una prestazione lavorativa fuori zona (e quindi – per logica deduzione – a situazioni che potessero comportare un effettivo esborso da parte del lavoratore), ma era unicamente subordinata alla presenza in servizio del lavoratore stesso nonché alla circostanza che questi poteva essere “ricorrentemente richiesto” di eseguire la propria prestazione in zona extra urbana.
Giustificata dalla valutazione globale e coerente di tali elementi, la decisione adottata dal Tribunale risulta, inoltre, conforme all’indirizzo giurisprudenziale affermato da questa Suprema Corte la quale, dopo alcuni contrasti determinati più dalla diversità delle situazioni di fatto, accertate in sede di merito nelle singole fattispecie, che da difformità di vedute sul piano dei principi, ha confermato, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 1074 del 13.2.1984 e con varie pronunce precedenti e successive di questa Sezione (sent. n. 2988 del 1982; n. 3800 del 1984; n. 5925 del 1984; n. 1919 del 1985), le decisioni dei giudici di merito che avevano riconosciuto la natura retributiva della trasferta forfettizzata mensile corrisposta ad alcuni dipendenti dell’ENEL e ne avevano dichiarato la computabilità ai fini del calcolo dell’indennità di anzianità, ai sensi dell’art. 2121 cod. civ. (nel testo in vigore prima delle modifiche introdotte con la lagge n. 297 del 1982).
Questa Suprema Corte, dopo aver ribadito che spetta al giudice del merito accertare caso per caso un compenso corrisposto ai lavoratori durante lo svolgimento del rapporto, abbia in tutto o in parte natura retributiva, avuto riguardo alla sua intrinseca struttura ed alla sua funzione, nonché alla sussistenza dei requisiti della corrispettività (rispetto alla prestazione lavorativa) della obbligatorietà, della continuità, della determinatezza o della determinabilità, e stabilire in conseguenza, se di esso debba tenersi conto per determinare il trattamento legale di fine rapporto, ha affermato che tale apprezzamento di fatto non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da congrua motivazione immune da vizi logici e da vizi di diritto.
E nel caso in esame la pronuncia del giudice dell’appello risulta insindacabile sia perché, sotto il profilo giuridico, trova puntuale riferimento nella giurisprudenza, già richiamata di questa Suprema Corte, alla quale va aggiunta la recentissima decisione delle Sezioni Unite n. 3283 del 1985, nella quale si ribadisce che “non può verificarsi alcuna trasferta” quando il lavoratore sia contrattualmente obbligato a rendere la propria prestazione in luoghi diversi con la conseguenza che il maggior compenso per tali prestazioni “ha natura retributiva e non risarcitoria”, sia perché l’ENEL non ha dedotto, in ordine alle questioni già risolte in senso sfavorevole ai suoi assunti, argomentazioni idonee a dimostrare l’erroneità della soluzione fin qui accolta.
E’ evidente, poi, che lo stesso Tribunale, una volta indicate le di causa ritenute essenziali ai fini della formazione del proprio convincimento, non era tenuto a confutare specificamente le singole argomentazioni dedotte dal ricorrente a sostegno della soluzione opposta, dovendosi queste ritenere implicitamente disattese per incompatibilità logica con la decisione adottata.
Si deve, comunque, escludere che le circostanze del cui omesso esame, si duole la difesa dell’ENEL, fossero di tale rilevanza da poter condurre ad una decisione diversa, come dimostrano le seguenti considerazioni, in parte desunte dalle precedenti sentenze in materia di questa Corte:
1) La variabilità del compenso (derivante in via solo eventuale dall’accordo concluso il 30-4-74) non esclude la continuità della sua erogazione né la determinabilità del suo ammontare, dovendosi intendere tali elementi, agli effetti di cui all’art. 2121 Cod. Civ., “in senso relativo, cioé come attribuzioni non occasionali” o eccezionali (v. cit. sent. delle SS.UU. n. 1074-84; v. anche Cass. 8-8-83 n. 5295 e 11-10-83 n. 5892).
2) La non cumulabilità della trasferta forfettizzata mensile con il rimborso del buono-mensa e con la trasferta giornaliera è argomento del tutto inconferente ai fini della corretta soluzione del problema in esame: occorre, anzi, ricordare che il Tribunale ha insindacabilmente ritenuto che il rimborso del costo dei pasti consumati dai “trasfertisti” presso le mense aziendali (in sostituzione delle quote pro die della trasferta forfettizzata mensile) costituisce elemento di conferma della funzione remuneratoria sia del suddetto rimborso che di quest’ultima indennità.
3) La mancata inclusione nella 13° e nella 14° mensilità dell’emolumento de quo è, del pari, circostanza inidonea a dimostrare l’asserito carattere risarcitorio dello stesso, ma “potrebbe semmai porre in discussione” come ha rilevato le SS.UU. sia pur con le necessarie puntualizzazioni – “la legittimità della esclusione di una voce, funzionalmente retributiva, dal calcolo delle mensilità aggiuntive” (v. sent. n. 1074-84 e le decisioni, ivi richiamate, n. 4119 del 1981 e 2889 del 1982).
4) Il fatto che l’art. 41 del C.C.N.L. 29-5-73 non prevedesse la trasferta forfettizzata mensile fra gli elementi retributivi utili per il calcolo dell'”indennità di licenziamento”, non implica di conseguenza “che detta trasferta abbia natura di rimborso spese”, poiché “non rientra tra i poteri delle parti stabilire la natura di una attribuzione, questa derivando, in base alla legge, dalla sua funzione obiettiva”; sicché, accertata in base ai molteplici elementi evidenziati dal Tribunale la funzione remuneratoria della erogazione di cui trattasi, va affermata “la illegittimità della sua esclusione del calcolo predetto per violazione della norma inderogabile di cui all’art. 2121 Cod. Civ. (v. cit. sent. n. 1074-84).
Per le medesime ragioni deve negarsi rilevanza al fatto che nel contratto collettivo la trasferta forfettizzata mensile non risulti indicata tra le indennità specificamente destinate a compensare situazioni di particolare disagio o gravosità della prestazione lavorativa.
5) Appare, infine, inconferente l’assunto secondo cui le giornate di ferie sarebbero state comprese fra le giornate “utili” ai fini della erogazione della trasferta forfettizzata mensile per mere esigenze di semplificazione contabile.
Lo stesso ENEL riconosce, infatti, di essere dotato di un sofisticato sistema di controllo delle assenze e delle giornate di “convivenza a mensa” di ciascun lavoratore, mediante il quale si provvede al recupero di quote della trasferta mensile eventualmente corrisposte in più del dovuto.
Sarebbe stato, dunque, agevole tener conto, al fine predetto, anche delle giornate di ferie, di quelle “lavorate” nell’ambito della zona urbana e delle festività infrasettimanali, senza apprezzabili complicazioni della contabilità aziendale.
E conserva, di conseguenza, piena validità la considerazione del giudice d’appello secondo cui la corresponsione dell’emolumento anche nei suddetti periodi (e, secondo gli accordi precedenti a quello del 1974, anche nei giorni di assenza per qualsiasi causa) convalida il convincimento che la corresponsione della trasferta non era collegata ad una spesa effettivamente sostenuta dal lavoratore “per ragioni di servizio” (cioé nell’interesse del datore di lavoro) e, come tale, rimborsabile.
In conclusione, il giudizio del Tribunale in ordine alla natura ed alla funzione esclusivamente retributiva della trasferta forfettizzata mensile, avuto riguardo alle accertate sue caratteristiche di obbligatorietà, continuità e determinabilità, si sottrae alle censure del ricorrente, le quali sostanzialmente al merito della controversia e tendono a porre in discussione il risultato interpretativo al quale il giudice di appello è correttamente pervenuto.
Va quindi respinto il motivo di ricorso fin qui esaminato. Non merita, del pari, accoglimento il secondo mezzo, col quale l’ENEL si duole che sia stata attribuita natura retributiva anche all’indennità di guida (o “auto-moto”).
Anche a tal riguardo deve ribadirsi che è insindacabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la continuità (peraltro non contestata) della corresponsione al lavoratore di tale emolumento e circa l’obbligatorietà del medesimo, derivante dalla clausola del contratto collettivo che la prevedeva.
Consegue che correttamente il Tribunale ne ha ritenuto la computabilità nel calcolo dell’indennità di anzianità, a norma dell’art. 2121 cod. civ., a nulla rilevando, per quanto già osservato in precedenza, che l’art. 41 del C.N.L. 21.4.1970 (né il successivo del 1973) non lo comprenda fra gli elementi retributivi utilizzabili per la liquidazione dell’indennità di fine rapporto (sent. n. 2899 del 1982), ed essendo, invece, rilevante la esistenza
– come il Tribunale ha accertato – della stretta connessione tra l’espletamento dell’incarico di guidare gli autoveicoli dell’ENEL e la esecuzione della prestazione lavorativa.
Il ricorso va, perciò, rigettato.
Sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione che l’ENEL ha introdotto quando ancora non si era consolidato l’indirizzo giurisprudenziale assunto nella materia da questa Corte Suprema.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
Roma lì 22-5-1985
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 20 GENNAIO 1986