Svolgimento del processo

Il condominio di Via Malibran Via Pasquini in Firenze – costituito da più edifici contrassegnati dai numeri civici 37, 49, 53 e 63 di Via Malibran e 2 e 4 di Via Pasquini – con citazione notificata il 18. – 22-11-1976, chiese al tribunale di quella città di condannare al soc. n.c. “Mugnone”, quale costruttrice-venditrice degli immobili, ad eliminare, ai sensi dell’art. 1669 C.C., i gravi difetti che vi si erano manifestati, consistenti in infiltrazioni d’acqua dai terrazzi di copertura, che, secondo un accertamento tecnico preventivamente effettuato, apparivano dovute all’insufficiente pendenza delle coperture stesse.

La società negò la propria responsabilità ed ottenne di chiamare in causa la ditta Bettini, alla quale essa aveva affidato i lavori di impermeabilizzazione delle coperture, per esserne rilevata dalle conseguenze di un eventuale accoglimento della domanda. La chiamata si rese contumace.

In corso di causa il G.I., adito ai sensi dell’art. 700 C.P.C., dispose nuova consulenza tecnica e poi ordinò alle convenute di eseguire i lavori ritenuti necessari dal consulente per eliminare gli inconvenienti, lavori che furono eseguiti soltanto per gli immobili contrassegnati nella relazione con le lettere “A” e “B”.

Quindi il Tribunale dichiarò cessata la materia del contendere fra la Mugnone e la Bettini, compensando le spese fra le medesime e il condominio, e condannò la società ad eseguire a proprie cure e spese i lavori rimanenti, relativi all’immobile contrassegnato con la lett. “C”, consistenti nella modifica della pendenza della copertura.

La società appellò per i seguenti motivi:

1) l’azione spiegata dal condominio era da inquadrare nell’ambito dell’art. 1667 C.C. – e non nell’ambito dell’art. 1669 – e pertanto era prescritta per il decorso di due anni dalla consegna.

2) Indubbiamente il tribunale aveva respinto l’istanza di un supplemento di consulenza tecnica, che avrebbe, tra l’altro, fornito elementi per “l’esatta individuazione dei lavori da fare e le modalità di esecuzione dei medesimi”.

La Corte fiorentina rigettò l’appello, così motivando:

1) I difetti accertati erano da considerarsi gravi e perciò la fattispecie era riconducibile nell’ambito dell’art. 1669; l’azione non si era prescritta essendo stata promossa entro un anno dalla denunzia, avvenuta nell’ottobre 1976, dei difetti, riscontrati nel giugno dello s.a.

2) La consulenza tecnica di ufficio forniva le direttive per l’esecuzione dei lavori; la pendenza era stata indicata, nel dispositivo della sentenza di primo grado e in base al parere del consulente tecnico officiato in sede preventiva, nella misura dell’1%; infine, i lavori avrebbero dovuto essere effettuati, secondo lo stesso dispositivo, “sotto la sorveglianza dei consulenti di ufficio e di parte” e perciò nessuna difficoltà appariva, tale da rendere necessario un supplemento di consulenza, tenuto conto anche delle conoscenze tecniche di cui la stessa società, esercente un’impresa edile, poteva disporre.

La società ha proposto ricorso per i seguenti motivi:

1) la corte avrebbe dovuto accogliere l’istanza di supplemento perché la consulenza tecnica di ufficio era lacunosa, descriveva in modo del tutto errato il materiale usato per l’impermeabilizzazione (non era catrame, ma altro materiale, resistente anche ad “appozzamenti d’acqua”) non indicava la pendenza utile da attuare (non valeva il riferimento, nel dispositivo della sentenza di primo grado, alla misura indicata nell’accertamento tecnico preventivo, essendo questo “quanto mai diffuso”) e non dimostrava in alcun modo che le infiltrazioni fossero dovute al difetto di pendenza.

2) a) L’azione era inquadrabile nella fattispecie regolata dall’art. 1667 perché l’art. 1669 regola la diversa fattispecie dell’avvenuta rovina, totale o parziale, di un fabbricato o del pericolo che una tale rovina avvenga ovvero dell’esistenza di gravi difetti che pregiudichino la possibilità di lunga durata, e le infiltrazioni d’acqua dalla copertura di un terrazzo non possono farsi rientrare in alcuno di questi casi.

b) Ma, anche a ritenere esatta la qualificazione data dalla corte di merito, l’azione sarebbe ugualmente prescritta perché “la prima lettera del condominio fu inviata il 5.5.1975 e la citazione notificata il 22 novembre 1976”.

Il condominio si è costituto e resiste.

Motivi della decisione

Il ricorso non può essere accolto.

2) a) Secondo l’interpretazione che la giurisprudenza ha da tempo dato all’art. 1669 C.C. (tra le altre: sent. nn. 206-79 e 4356-80) tra i “gravi difetti” – che vi sono tenuti distinti, ai fini della responsabilità dello appaltatore nei confronti dei committenti, dalla rovina e dall’evidente pericolo di rovina, totale o parziale, dell’immobile – sono da ricomprendersi quelli che, pur non incidendo sulla statica delle strutture, pregiudicano altrimenti in modo grave (e l’apprezzamento della gravità costituisce giudizio di merito, denunciabile in cassazione solo se motivato in modo insufficiente o contraddittorio e ciò non ricorre nella specie) la funzione a cui l’immobile è destinato. E se, come è certo, la funzione dell’immobile – casa è, tra le altre, precipuamente quella di offrire a chi vi abita un riparo dalle intemperie, la penetrazione dell’acqua piovana al suo interno dal tetto o dal terrazzo di copertura non si vede come non debba ricomprendersi tra i difetti gravi contemplati dall’art. 1669.

b) Con tale censura si introduce per la prima volta in cassazione un’eccezione nuova – donde la sua inammissibilità – perché la prescrizione fu eccepita in secondo grado esclusivamente in ordine alla diversa ipotesi di cui allo art. 1667 e basata su diversi elementi fattuali – diverso termine: due anni e non uno; diverso “dies a quo”: dalla consegna e non dalla denunzia – che non possono essere oggetto d’indagine in questa sede.

1) Il primo motivo è in parte generico (non si specificano quali sarebbero le lacune della consulenza tecnica fatta propria dalla corte fiorentina; si contesta che le infiltrazioni, delle quali pure si ammette l’esistenza, fossero dovute a difetto di pendenza, ma non se ne fornisce, e tantomeno se ne dimostra, altra idonea causa) in parte irrilevante (il parere sull’impermeabilizzazione riguarda materia ormai travolta dal giudicato formatosi su tale punto per effetto della mancata impugnazione e dell’acquiescenza delle convenute alla prima pronuncia, contenente, appunto, la statuizione di cessazione dalla materia del contendere, giudicato oggetto di rilievo già da parte della corte d’appello e su cui la società nulla ha obiettato neanche in questa sede; la mancata indicazione, nella c.t.u., della pendenza utile per ovviare all’inconveniente delle infiltrazioni, non ha importanza dal momento che la corte di merito utilizzò il dato fornito dal consulente tecnico preventivo – l’1% – ciò che non era ad essa impedito dopo che lo accertamento era stato – e la ricorrente non lo contesta – ritualmente acquisito al giudizio ai sensi dell’art. 698 C.P.C.; ed è di nuovo del tutto generico l’assunto che l’accertamento preventivo fosse “quanto mai difettoso” sul punto della determinazione della pendenza necessaria.

senz’altra specificazione).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la s.n.c. “Mugnone” al pagamento, in favore del condominio di Via Malibran – Via Pasquini in Firenze, delle spese di questo procedimento, che liquida in complessive lire 954.250 di cui Lire 900.000 per onorari.
Roma, 23 settembre 1985.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 8 APRILE 1986