Svolgimento del processo

Con atto del 19.6.79, Dante Splendiani esponeva di aver eseguito opere inerenti al secondo lotto della costruzione in ampliamento dell’edificio scolastico in frazione Sambuceto per conto del Comune di San Giovanni Teatino; che i lavori erano stati ultimati in data 23.12.71 e collaudati in data 11.3.76; che il credito dell’impresa per revisione prezzi era stato determinato, al 23.3.73, in L. 8.654.000, ma non era stato corrisposto dal Comune; che detta somma, ricalcolata per incidenza della svalutazione monetaria in L. 21.650.000 era altresì produttiva di interessi moratori: tutto ciò premesso conveniva in giudizio innanzi il Tribunale di Chieti il Comune predetto per sentirlo condannare al pagamento in suo favore della somma di L. 21.650.000 oltre agli interessi maturati al 31.8.79 in L. 20.689.750 e agli ulteriori interessi dalla domanda.

Il Comune, costituitosi, contestava la domanda, deducendo che i lavori erano stati ultimati con notevole ritardo, per cui gli eventuali aumenti di costi dovevano incidere esclusivamente sull’impresa.

Con sentenza del 12.2.1982, il Tribunale adito condannava il Comune al pagamento in favore dell’impresa della somma di L. 8.654.000 con gli interessi dimora dal 21.6.74 al 31.1.82 secondo le percentuali stabilite dai relativi decreti ministeriali di cui all’art. 35 del D.P.R. n. 1063/62. Avverso detta sentenza proponeva impugnazione lo Splendiani, innanzi la Corte territoriale di L’Aquila, alla quale resisteva il Comune, spiegando altresì impugnazione incidentale.

Con sentenza del 25.2.II.3.86, la Corte d’appello adita, in accoglimento dell’appello incidentale, ritenuto pregiudiziale, liquidava gli interessi sulla sorte dovuta all’impresa in L. 8.654.000 nella misura legale a decorrere dal 24.6.74 e, in parziale accoglimento dell’appello principale, liquidava, in favore della stessa impresa gli interessi composti a far data dalla domanda.

Osservava, in particolare, la Corte del merito: a) che in tema di revisione prezzi degli appalti di opere pubbliche, nel caso di contratti anteriori all’entrata in vigore della l. n. 700/74 e relativamente ai lavori eseguiti anteriormente al 19.1.75 (data di entrata in vigore della legge citata), come nella specie, un ritardo nel pagamento del compenso revisionale con conseguente obbligo di corrispondere i relativi interessi può configurarsi unicamente in fase al disposto dell’art. 3, comma quarto, del D.L.C.P.S. del 6.12.47, n. 1501, a norma del quale gli interessi legali in favore dell’impresa decorrono dopo un anno dalla approvazione degli atti di collaudo;

b) che a tale autonoma disciplina esclude la configurabilità di un debito di valuta con riguardo agli importi revisionali, nonché l’applicabilità agli stessi della normativa dell’art. 1224 c.c.;

c) che parimenti va esclusa, in riferimento agli importi in oggetto, la possibilità dell’anatocismo, in quanto la disposizione dell’art. 1283 c.c. non è estensibile alle obbligazioni che hanno una disciplina propria;

d) che, peraltro, nella specie, avendo il Comune accettato di corrispondere gli interessi legali con decorrenza dal 24.6.74, nonché gli interessi composti dalla data della domanda, la sentenza doveva tenere conto di tale accettazione.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’impresa, sulla base di tre motivi.

Resiste il Comune con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, denunziando violazione dell’art. 1224, 2° comma, c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., il ricorrente lamenta che la Corte di Appello abbia escluso, tout-court, la liquidazione in suo favore del “maggior danno da svalutazione monetaria”.

Con il secondo motivo, denunziando ancora violazione dell’art. 1224, 2° comma c.c., in relazione, però, all’art. 360, n. 5, c.p.c., il ricorrente lamenta specificamente che la Corte di appello abbia ignorato, sempre al fine della rivalutabilità del credito in oggetto, la propria qualità di imprenditore e la conseguente incidenza negativa sulla attività d’impresa della mancata disponibilità della somma dovuta.

Con il terzo motivo, infine, il ricorrente assume l’inammissibilità per tardività dell’appello incidentale in quanto eccedente i limiti oggettivi dell’impugnazione principale.

I primi due motivi, che vanno congiuntamente trattati attesa la loro connessione, sono fondati e vanno accolti.

La Corte del merito ha esattamente ritenuto che, in tema di revisione dei prezzi degli appalti di opere pubbliche, nell’ipotesi di contratti che non contengano clausole attributive del diritto alla revisione e siano anteriori all’entrata in vigore della legge n. 700/74, relativamente ai lavori eseguiti prima di tale data, il ritardo nel pagamento del compenso revisionale con conseguente obbligo di corrispondere i relativi interessi, può configurarsi unicamente in base al disposto dell’art. 3, comma 4°, del D.L.C.P.S. n. 1501/47, a norma del quale gli interessi legali in favore dell’impresa decorrono dopo un anno dall’approvazione degli atti del collaudo, mentre, stante la natura diversa del prezzo e del compenso revisionale, non può farsi ricorso alla analogia per attuare l’estensione al secondo della disciplina dettata per il primo degli artt. 35 e 36 del D.P.R. n. 1063/62, realizzata soltanto con l’emanazione della citata legge n. 700 del 1974. (Cass 5925/88).

La Corte del merito, peraltro non ha tratto dal principio di cui sopra le esatte conclusioni. E ciò in quanto l’esclusione dell’applicabilità al compenso revisionale della disciplina di cui agli artt. 35 e 36 del D.P.R. n. 1063/62, e, quindi, del principio al quale detta disciplina si ispira nel senso di considerare gli interessi di mora, calcolati secondo parametri particolari come comprensivi del risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1224 2° comma, c.c. riconduce naturalmente alla disciplina generale del risarcimento del maggior danno rispetto alla misura degli interessi moratori, in tema di inadempimento o di ritardo nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie.

Il caso di specie, pertanto, rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 1224, 2° comma, c.c.

Nella detta prospettiva, la, Corte del merito avrebbe dovuto accertare l’incidenza negativa, sull’attività di impresa esercitata dallo Splendiani, della mancata disponibilità della somma dovutagli e liquidare in suo favore il danno conseguente.

In tal senso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma che definirà il giudizio alla luce del principio enunciato e stabilirà, altresì, in ordine alle spese del presente giudizio.

Quanto al terzo motivo, va rilevato che le parti contro le quali è stata proposta impugnazione possono proporre impugnazione incidentale tardiva nei confronti di qualsiasi capo della sentenza non esistendo alcun limite oggettivo all’ammissibilità dell’impugnazione incidentale tardiva (Cass. n. 4640/89).

La censura, come sopra proposta, va pertanto disattesa.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione – Sezione Prima Civile – accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso; rigetta il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio alla Corte di Appello di Roma anche per le spese della presente fase.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30.11.1990.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 16 OTTOBRE 1991