Svolgimento del processo

Con ricorso del 21 ottobre 1980 la s.p.a. Face-Standar proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo di pagamento della somma di lire 139.831.820, emesso dal pretore di Milano, ed assumeva l’erroneità della pretesa dell’I.N.A.I.L. di assoggettare integralmente a contribuzione le somme corrisposte a titolo di trasferta ai dipendenti istallatori esterni i quali prestavano la propria opera in località diversa da quella di assunzione.

Il pretore di Milano accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo con decisione confermata dal Tribunale il quale, dopo aver premesso che il concetto di retribuzione ai fini contributivi – ex art. 12 L. 153-1969 – è posto in relazione con la generica sussistenza del rapporto di lavoro e non già con il nesso di corrispettività tra le somme erogate e le prestazioni di lavoro (come per l’art. 27 D.P.R. n. 797 del 1955); e dopo aver precisato che nel caso di specie si lavoratori vengono comandati a prestare la loro opera in località di volta in volta diverse rispetto al luogo in cui sono stati assunti, riteneva che le somme corrisposte ai dipendenti soltanto nei giorni di effettivo lavoro e non in quelli di riposo e quando essi non si allontanavano dalla sede di lavoro servissero in p arte a compensare i dipendenti per i maggiori esborsi ed in parte a compensare la maggiore gravosità della prestazione.

Concludeva pertanto ritenendo che alle somme corrisposte ai dipendenti dovesse essere riconosciuta natura di indennità di trasferta come tali assoggettabile a contribuzione soltanto per la metà, come in effetti era avvenuto.

Avverso la decisione l’I.N.A.I.L. ha proposto ricorso per cassazione illustrato da memoria.

Non si è costituita la società.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo variamente articolato l’I.N.A.I.L. denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 27 D.P.R. n. 797 del 1955; 29 D.P.R.n. 1124 del 1965; 12 L. n. 153 del 1969; insufficienza illogicità e contraddittorietà della motivazione (art. 380 n. 3 e 5 c.p.c.). Deduce che il Tribunale ha omesso di considerare che i dipendenti della società svolgono la propria attività costantemente fuori sede, con carattere privo di provvisorietà temporaneità ed eccezionalità che caratterizza la trasferta.

Questa presuppone la contestuale operatività nel luogo normale di lavoro ed in quello provvisorio con previsione di rientro nel primo.

Sostiene che, d’altro canto, la differenza tra indennità di trasferta ed emolumento corrisposto ai dipendenti di cui trattasi trova preciso riferimento nell’art. 27 T.U. n. 797 del 1955 negli assegni familiari il quale distingue l’indennità di trasferta dall’assegno che il datore di lavoro ordinariamente corrisponde ai lavoratori occupati in determinate condizioni di lavoro, di tempo e di località.

Il motivo è fondato.

Si è andato affermando in maniera pressoché costante nella giurisprudenza di questa Corte il principio che l’ipotesi della trasferta, il cui compenso è escluso nella misura del 50% dalla retribuzione imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale a norma dell’art. 12 L. n. 153 del 1969, ricorre solo nel caso in cui il lavoratore, in obbedienza degli unilaterali poteri direttivi ed organizzativi dello imprenditore, presti temporaneamente la propria attività in luoghi diversi da quelli contrattualmente stabiliti.

Consegue che non è perciò configurabile la trasferta nell’ipotesi del lavoratore contrattualmente obbligatosi ad adempiere la propria prestazione in luoghi sempre diversi e determinabili solo in base alle opere da eseguire (Cass. n.ri. 2912-1982; 6144-1983; 6697-1983; 43-1984; 1057-1984). A sostegno del suddetto principio è stato precisato che a norma dell’art. 1182 c.c. la prestazione deve essere eseguita nel luogo determinato dalla convenzione o dagli usi o desumibile dalla natura delle prestazioni o da altre circostanze e che pertanto detto obbligo è determinato direttamente dal precetto contrattuale; il che non avviene nella trasferta la quale postula che il mutamento del luogo di adempimento sia temporaneo e sia disposto unilateralmente dall’imprenditore nell’esercizio dei suoi poteri direttivi ed organizzativi dell’impresa.

Nella prima ipotesi, quindi, tutto quanto il lavoratore spende, oltre che in energie psico-fisiche, anche in esborsi materiali è strumentale all’adempimento della prestazione o trova il suo corrispettivo nella retribuzione pattuita che, comunque, denominata, rimane correlata alla prestazione di lavoro.

Nella sentenza impugnata non risultano applicati i suddetti principi laddove il Tribunale, mostra di non tenere in alcun conto se il continuo mutamento del luogo di lavoro fosse originato dall’una o dall’altra fonte prima ricordata. Inoltre non risulta nemmeno precisata in maniera corretta la situazione concreta. Infatti all’affermazione che agli istallatori esterni i quali “prestano la propria opera in località diversa da quella di assunzione” non è seguita alcuna spiegazione del se codeste prestazioni siano rapportabili ad un adempimento contrattualmente assunto o al potere organizzativo dell’imprenditore. Il che non è comunque desumibile neppure dal contesto degli argomenti adotti dal Tribunale in quanto è di dubbio significato l’elemento emerso che “il personale con qualifica di istallatore riceveva il trattamento di trasferta se ed in quanto il lavoratore era esterno all’azienda ove normalmente operava” posto che in precedenza era stato precisato che la trasferta veniva corrisposta agli istallatori che prestavano la propria opera “in località diversa da quella di assunzione”.

Né si comprende, e ciò si spiega in quanto l’accertamento non rientrava nell’ottica del Tribunale il quale ha impostato il problema esclusivamente sulla distinzione del carattere risarcitorio o remuneratorio di quanto veniva corrisposto, come sia conciliabile l’affermazione che i lavoratori prestavano la propria opera continuamente fuori della sede di assunzione con l’altra che non veniva corrisposta la trasferta quando “non si allontanavano dalla sede di lavoro” sicché la sentenza appare carente anche in relazione ai suddetti elementi che vanno ulteriormente approfonditi.

Il ricorso deve essere in conclusione accolto con conseguente cassazione della decisione impugnata e rinvio della causa ad altro giudice il quale provvederà anche sulle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e rinvia la causa per nuovo esame al Tribunale di Como il quale provvederà anche sulle spese di questo giudizio.
Roma, 7 maggio 1985
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 17 GENNAIO 1986