Svolgimento del processo

Con ricorso del 26 febbraio 1981 l’operaio Girolamo Piccolo conveniva la S.p.A. SIRG dinanzi al Pretore di Bra chiedendo, a norma dell’art. 3 L. 15 luglio 1966 n. 604 in relazione allo art. 18 L. 20 maggio 1970 n. 300, di essere reintegrato nel posto di lavoro previa declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli dalla convenuta in data 21 ottobre 1980.

Premesso che gli era stata addebitata una lunga arbitraria assenza del lavoro, sosteneva che l’addebito era privo di consistenza.

Era stato assunto dalla Società nel febbraio 1980 ed era stato costretto a sospendere le proprie prestazioni il 24 settembre successivo, giorno in cui era stato ricoverato in ospedale. La malattia, denunciata regolarmente all’azienda, era cessata il 20 ottobre dello stesso anno.

La Soc. SIRE, costituitasi nel giudizio, eccepiva che i certificati medici relativi alla malattia del Piccolo, sia quello iniziale e sia quelli di prolungamento, erano stati fatti pervenire ad essa datrice di lavoro con notevole ritardo, ben oltre i termini prescritti, e ribadiva la legittimità del procedimento espulsivo che aveva adottato in conformità agli artt. 37 e 51 del contratto collettivo di categoria (ceramica e abrasivi) 18 ottobre 1979.

L’adito Pretore con sentenza del 27 aprile 1981 rigettava la domanda del lavoratore, il quale interponeva appello, ma il Tribunale di Alba con sentenza del 6 luglio 1981 confermava la decisione di primo grado, ravvisando nel comportamento del medesimo dipendente gli estremi della colpa grave per non essersi curato di giustificare la sua assenza prolungata dal lavoro per malattia presso la Società nei termini contrattualmente previsti e comunque in tempi ragionevoli.

Avverso quest’ultima pronuncia il Piccolo ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.

L’intimata Soc. SIRE ha resistito con controricorso, al quale ha fatto seguito con memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Il ricorrente, con i tre motivi di gravame da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, deduce: omessa motivazione in punto di essenzialità dei termini previsti nel contratto per l’adempimento dell’obbligo del lavoratore di avvertire l’azienda della sua malattia e inviare alla stessa il relativo certificato medico a giustificazione dell’assenza dal lavoro (art. 360 n. 5 c.p.c.); omessa o insufficiente motivazione sul punto del giustificato impedimento del lavoratore per l’invio tempestivo dei certificati medici (art. 360 n. 5 c.p.c.); violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in ordine alla gravità della negligenza che avrebbe legittimato il licenziamento del lavoratore in base alle risultanze istruttorie, trattandosi di un dipendente senza precedenti disciplinari ed effettivamente degente per malattia in ospedale lontano dal luogo di residenza.

Le censure non sono fondate.

Nel caso di assenza idonea a costituire causa di risoluzione del rapporto di lavoro in linea di principio grava sul lavoratore l’onere di provare gli elementi di giustificazione di essa, spettando soltanto al datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ.

provare la circostanza oggettiva di detta assenza. Al lavoratore assente per malattia incombe, in particolare, l’obbligo di comunicare lo stato di malattia e di giustificarlo con certificazione medica e di provvedere ugualmente per il prolungamento di malattia in modo da mettere il datore di lavoro in condizioni di esercitare il diritto di controllo consentitogli a norma dell’art. 5, comma 2°,dello Statuto dei lavoratori attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali.

La comunicazione e la documentazione della malattia, dunque, costituiscono un obbligo in senso proprio a carico del lavoratore, a cui corrisponde un diritto del datore di lavoro all’adempimento, atteso l’interesse di questo ultimo alla pronta conoscenza della causa di impedimento della prestazione dovutagli; onde a tale obbligo si applicano i normali principali in materia di adempimento delle obbligazioni, tra i quali quello dell’esonero da responsabilità in caso di effettiva impossibilità derivante da causa, non imputabile al lavoratore, come è per la ipotesi di mancanza di capacità di autodeterminarsi conseguente alla malattia (cfr. Cass. 17 novembre 1984 n. 5880).

Inserito così il caso nella problematica della responsabilità per inadempimento delle obbligazioni, va rilevato che la norma dell’art. 1218 cod. civ., nell’addossare al debitore le conseguenze dell’inadempimento se non privi l’impossibilità di adempimento in dipendenza di causa a lui non impugnabile, oltre la precisione dell’obbligo suppone, invero, la volontà di non adempiere nel debitore, da valutarsi secondo i principi di buona fede.

In presenza di circostanze obiettive apprezzabili può ovviamente escludersi la malafede del debitore e quindi la colpa. Tuttavia, la colpa del debitore può sussistere anche in caso di errore, allorquando egli non abbia usato la diligenza necessaria per evitarlo.

Ogni valutazione al riguardo ovviamente compete al giudice di merito e sottraendo al sindacato di legittimità anche la valutazione degli elementi probatori compiuta dal giudice del merito se condotta con criteri conformi ad una corretta impostazione razionale, l’indagine, nel caso in esame, va svolta unicamente sotto il denunciato profilo di omesso esame di circostanze decisive che, se opportunamente valutate, avrebbero potuto determinare il giudice alla formazione di un diverso convincimento del quale era, comunque, tenuto a darne adeguata dimostrazione.

Ma sotto tale profilo la decisione appare immune di censure. Infatti, il Tribunale ha fornito una congrua, logica e documentata motivazione della sua decisione osservando che: 1) mentre l’art. 37 del contratto collettivo dispone che il lavoratore deve avvertire l’azienda entro le 48 ore dall’inizio della assenza ed inviare all’azienda entro 3 giorni dall’inizio dell’assenza il certificato medico attestante la malattia, il Piccolo omise di avvertire la datrice di lavoro del proprio ricovero ospedaliero, ed il certificato attestante tale ricovero, avvenuto il 24 settembre e durato sino al 30 settembre, recava la data 1 ottobre e risultava recapitato alla Società il 15 ottobre tramite l’impiegata Passarella, una compagna di lavoro del Piccolo all’uopo incaricata; 2) un certificato datato 7 ottobre di prolungamento della malattia risultava consegnato alla Società da persona sconosciuta il 9 ottobre, ed altro certificato, pure di prolungamento, datato 15 ottobre, risultava consegnato dalla Passarella il 17 ottobre, e quindi il Piccolo omise di documentare il prolungamento del proprio stato di malattia ben oltre i termini imposti della norma contrattuale.

Questi fatti accertati, a giudizio del giudice di appello, erano espressione di grave negligenza da parte del lavoratore, per avere egli perturbato, con il suo comportamento omissivo, l’ordine che vede necessariamente regolare lo svolgimento del rapporto di lavoro e che in effetti trova specifica disciplina nella normativa contrattuale collettiva vincolante le parti.

Il Piccolo non poteva esimersi neppure parzialmente dalla propria responsabilità in ordine ai certificati medici affidati alla Passarella e recapitati con notevole ritardo, perché sarebbe stato suo onere ed obbligo accertarsi della puntuale esecuzione dell’incarico in questione. Le specifiche inflazioni commesse dal Piccolo erano peraltro considerate dall’art. 51 del contratto collettivo come fatti che giustificano il recesso in tronco del datore di lavoro ma esse assumevano in concreto un’entità tale da giustificare senz’altro l’intimato licenziamento in tronco, trattandosi di inadempienze reiterate e generatrici di disordine in una organizzazione aziendale, rivelatrici del disinteresse del lavoratore al posto di lavoro e comportanti sfiducia nel datore di lavoro nei confronti del dipendente.

In conclusione, il ricorso deve rigettarsi; le spese del presente giudizio, ricorrendo giusti motivi, possono compensarsi.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Roma, 25 gennaio 1985.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 19 FEBBRAIO 1986