Svolgimento del processo

Con atto notificato il 25 novembre 1988 Fortunato Mollica, qualificandosi assegnatario, in forza del provvedimento dell’Istituto Autonomo Case Popolari del 12 luglio 1983, di un alloggio sito in Nola, abusivamente occupato da Carmine D’Onofrio, conveniva quest’ultimo in giudizio dinanzi al pretore di Nola per ottenere il rilascio dell’immobile.

Il convenuto, costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda, deducendo di essere stato legittimamente immesso nella detenzione dell’alloggio de quo con provvedimento del Sindaco di Nola, avendo perduto la casa a seguito del sisma del 1980, e di avere pagato mensilmente i canoni di locazione, sicché aveva diritto ad essere considerato assegnatario dell’appartamento; assumeva inoltre che il Mollica non era in possesso dei requisiti necessari per ottenere l’assegnazione in locazione di un alloggio popolare.

Il pretore adito, con sentenza del 9 marzo 1989, accoglieva la domanda; e tale pronuncia veniva confermata dal Tribunale di Napoli che, con sentenza in data 17 novembre 1990, rigettava l’appello proposto dal D’Onofrio, osservando: – che il Mollica aveva prodotto il contratto di locazione stipulato con l’I.A.C.P., mentre il D’Onofrio non aveva “allegato alcun contratto di assegnazione o locazione né decreto di requisizione”; i documenti esibiti, non provenienti dall’I.A.C.P., erano assolutamente inidonei a dimostrare l’esistenza di un atto concessorio, considerato anche che la volontà di un ente pubblico si esprime necessariamente per iscritto; – che, di conseguenza, l’appellante non aveva titolo giustificativo della detenzione dell’alloggio, perciò abusivamente occupato; – che il Mollica era legittimato all’esercizio dell’azione proposta, poiché “il locatario può da solo far valere il suo diritto contro terzi: il locatore è tenuto a garantirlo, ma non è titolare esclusivo dell’azione contro terzi che impediscono o limitano il diritto proprio del locatario (art. 1585 c.c.)”.

Per la Cassazione della suindicata sentenza Carmine D’Onofrio ha proposto ricorso a questa Corte sulla base di due motivi. Fortunato Mollica non si è costituito.

Motivi della decisione

1 – Con il primo motivo, denunciando violazione dei principi di cui agli artt. 1575-1585 c.c. e dell’art. 11, comma ottavo, del D.P.R. n. 1035 del 1972, nonché vizi di motivazione della sentenza, il ricorrente si duole che i giudici del merito, omettendo l’esame di un punto decisivo (mancata consegna al Mollica del bene in contesa), abbiano erroneamente attribuito al medesimo Mollica la qualifica di conduttore e “la legittimazione ad esperire l’azione recuperatoria del bene”, senza considerare che la consegna del bene, mediante la quale si opera il trasferimento al locatario della detenzione e del godimento della cosa locata, costituisce presupposto essenziale per l’esistenza del contratto di locazione e per la legittimazione ad agire del conduttore. Questi può, infatti, agire contro il terzo solo dopo la consegna del bene, anche per i rapporti posti in essere dall’I.A.C.P., come prevede l’art. 11 del D.P.R. n. 1035 del 1972, disponendo la consegna dell’alloggio dopo la stipula del contratto di locazione.

La censura non è fondata, ancorché la motivazione della sentenza impugnata, per alcuni aspetti non conforme a diritto, debba essere corretta nei sensi appresso precisati.

Occorre premettere che i giudici del merito, con accertamento di fatto non censurabile (come si vedrà nell’esaminare gli altri due motivi del ricorso), hanno stabilito che titolare del rapporto di locazione era il Mollica, cui l’alloggio era stato assegnato dall’Istituto Autonomo Case Popolari con provvedimento del luglio 1983, e che, per converso, il D’Onofrio deteneva senza alcun titolo l’appartamento medesimo, precariamente occupato in occasione del sisma del 1980.

Ciò posto, risulta sicuramente estraneo alla controversia l’art. 1380 c.c., in quanto nella specie non si configura un conflitto fra soggetti che abbiano ottenuto dalla medesima persona, con più contratti, lo stesso diritto di godimento. E per la stessa ragione, cioè perché il D’Onofrio era un occupante sine titulo, non ricorre l’ipotesi di cui all’art. 1585, primo comma, c.c., non configurandosi nel comportamento dello stesso una molestia di diritto. Contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello, non è direttamente applicabile, poi, neppure il secondo comma dello stesso art. 1585 c.c., che riguarda ugualmente la garanzia cui è tenuto il locatore a tutela della situazione di godimento (già) conseguita dal conduttore. La norma esclude la garanzia nelle fattispecie in cui l’attuazione del godimento, oggetto dell’obbligazione del locatore, venga impedita, ostacolata o modificata dal comportamento di fatto di altri soggetti, cioè da cause che sono a lui estranee e delle quali non deve rispondere; e in questi casi riconosce allo stesso conduttore la legittimazione a respingere le molestie, in modo da ottenere direttamente il ripristino del diritto leso (la disposizione risulterebbe inutilmente scritta se non avesse questo significato e facesse riferimento alle sole azioni già spettanti a qualsiasi detentore).

Il principio è tuttavia applicabile in via analogica alle vicende in esame, nelle quali l’attuazione del rapporto di locazione è ugualmente impedita dal fatto illecito di un terzo, del quale non deve rispondere il locatore-debitore, per modo che la tutela del diritto violato è necessariamente affidata al conduttore; e si riscontrano perciò, rispetto alla fattispecie direttamente regolata dal secondo comma dell’art. 1585 c.c., l’affinità delle situazioni di fatto e, soprattutto, l’identità di ratio che giustifica l’analogia, cioè la finalità di attribuire al locatario un rimedio idoneo alla attuazione del suo diritto. Non ignora il Collegio che questa Corte si è espressa in senso opposto con un lontano precedente (la sent. n. 1087 del 1962), secondo cui il conduttore che non abbia conseguito la materiale disponibilità del bene avrebbe azione soltanto contro il locatore, ai sensi delle ordinarie regole dell’inadempimento dell’obbligazione. Ma questa opinione non può essere condivisa, essendo legata alla concezione – allora prevalente in giurisprudenza – che negava la tutela esterna dei diritti non assoluti, per cui alla disposizione in esame si attribuiva carattere eccezionale. È certamente esatto che la posizione giuridica del conduttore (come del titolare di altro diritto personale di godimento), ancorché presenti qualche aspetto di realità, ha carattere relativo in ogni fase del rapporto, tanto prima che il locatario venga immesso nella detenzione dell’immobile (la quale, com’è noto, non ha efficacia costitutiva del vincolo, che nasce con la stipulazione), quanto nella fase successiva, nella quale l’obbligazione del locatore è di garantire il pacifico godimento del bene. Ma ormai più non si dubita, in via di principio, che il carattere relativo del rapporto obbligatorio non preclude la tutela erga omnes del diritto di credito per il fatto ingiusto del terzo lesivo del diritto medesimo, che integra un illecito aquiliano. In particolare, con riguardo all’attività materiale del terzo, che qui viene in considerazione, ciò si verifica quando il comportamento dello stesso, colpendo la persona del debitore, la cosa oggetto dell’obbligazione o cose strumentali all’attuazione del rapporto, provochi l’estinzione del diritto di credito o ne renda temporaneamente impossibile, inutile o più gravoso l’adempimento.

Proprio in tema di diritti personali di godimento questa Corte ha più volte stabilito che il creditore-detentore di una cosa (locatario, comodatario, concessionario, ecc.) ha azione per il risarcimento dei danni nei confronti del terzo che con il proprio comportamento illecito gli abbia arrecato danno nell’uso o nel godimento della res (Cass. n. 7609 del 1987; n. 5450 del 1985; n. 5859 del 1982; n. 2780 del 1979; n. 2313 del 1979); ed a questa conclusione è pervenuta o in base ai principi della responsabilità aquiliana o rinvenendo il fondamento della tutela nell’art. 1585, secondo comma, c.c., correttamente considerato specifica espressione dell’ordinaria responsabilità per fatto illecito e perciò ritenuto analogicamente applicabile alle vicende suddette (sent. n. 171 del 1984; n. 1250 del 1969; va ricordato che in dottrina alla disposizione si è attribuito il valore di principio generale in tema di tutela esterna dei diritti personali di godimento).

Nelle fattispecie in questione, stante l’ingiusta lesione del credito del locatario, non è contestabile che al medesimo spetti, direttamente nei confronti dell’autore dell’illecito – cioè dell’occupante che continui a detenere sine titulo l’immobile, rifiutandosi di rilasciarlo – il diritto al risarcimento, ex art. 2043 c.c., dei danni derivanti dal mancato ottenimento del bene. Al riguardo, anzi, va, considerato che il risarcimento può essere chiesto anche in forma specifica, ai sensi dell’art. 2058 c.c., per ottenere una situazione materialmente corrispondente a quella che sarebbe sussistita se non fosse intervenuto il fatto che determina l’obbligazione risarcitoria; e applicando questo principio all’ipotesi in esame, tale forma di risarcimento dovrebbe essere diretta a realizzare la medesima situazione di detenzione dell’immobile in cui il conduttore si sarebbe trovato se non vi fosse stato l’illecito.

Ciò posto, poiché il secondo comma dell’art. 1585 c.c. è espressione dello stesso principio di tutela del locatario contro l’illecito aquiliano, non v’è ragione per negare che in base a tale disposizione una uguale tutela diretta del diritto di godimento, di carattere petitorio, debba essere riconosciuta a colui che non consegua il bene per fatto esclusivo del terzo, che ne impedisca la materiale consegna da parte del locatore. La quale, per altro, può anche essere fatta in forma simbolica, per modo che l’attività di materiale apprensione è in toto demandata allo stesso conduttore. Pertanto l’art. 1585 c.c., secondo comma, enuncia un principio che, sebbene testualmente riferito alle molestie di fatto concernenti il godimento dell’immobile (per le quali non vige la garanzia del locatore), si applica analogicamente anche nei casi in cui il fatto illecito del terzo, che occupi abusivamente l’immobile concesso in locazione, impedisca l’attuazione del rapporto; nelle quali ipotesi, quindi, il conduttore può agire direttamente contro l’autore dell’illecito per ottenere la disponibilità del bene e/o per il risarcimento del danno.

Nella specie, quindi, correttamente i giudici di merito hanno ritenuto irrilevante accertare se il Mollica avesse già conseguito la detenzione del bene, perdendola successivamente, o – come sembra più verosimile – non fosse riuscita a conseguirla, ancorché a ciò abilitato dall’I.A.C.P.

2 – Sono manifestamente infondati il secondo e il terzo motivo di ricorso, con i quali, denunziando vizi della motivazione, il ricorrente censura la sentenza per avere riconosciuto nei confronti del Mollica un valido rapporto di assegnazione.

Il Tribunale ha stabilito che titolare del rapporto di locazione era il Mollica e che, per contro, il D’Onofrio deteneva abusivamente l’immobile, non avendo dimostrato (e neppure specificamente dedotto) l’esistenza di un rapporto con l’istituto proprietario dell’immobile.

Le critiche si infrangono, quindi, contro un accertamento di fatto che, in quanto congruamente e logicamente motivato, non è sindacabile in questa sede.

Non occorre provvedere nelle spese di questo giudizio, non avendo l’intimato presentato difese.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 25 ottobre 1994.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 22 FEBBRAIO 1996.