Svolgimento del processo

Contro la sentenza n. 469-79 del Pretore di Verona, l’INAM proponeva appello chiedendo, in via istruttoria, l’ammissione della prova testimoniale già richiesta in primo grado e, nel merito: in via principale, l’accertamento che il rapporto intercorso tra la spa Mondadori e la Cartotecnica “La Veronese” di Rustioni Elisa era consistito in un appalto di mere prestazioni di lavoro, vietato dall’art. 1 L. 1369-60, con la conseguenza ultima che la Mondadori era tenuta a pagare i contributi e le sanzioni civili sulle retribuzioni dovute secondo il settore grafici – e non cartotecnico – ai lavoratori fittiziamente dipendenti da “La Veronese”; in via subordinata, l’accertamento che si era trattato di appalto di opere e di servizi, ex art. 3 L. 1369-60, con la conseguente condanna solidale di entrambi gli imprenditori a pagare i contributi e le sanzioni civili corrispondenti al diverso inquadramento (grafici) spettante agli stessi lavoratori.

Esponeva l’Istituto appellante che la causa aveva avuto origine dalla domanda proposta da 31 dipendenti della ditta La Cartotecnica per crediti retributivi; la convenuta aveva eccepito la sussistenza di rapporti con la Mondadori tali da configurare l’appalto di mere prestazioni di lavoro o, quanto meno, l’appalto previsto nello art. 3 della L. 1369-60.

Il Pretore aveva ordinato l’intervento in causa degli enti previdenziali ed assistenziali. Questi si erano costituiti, e si era costituita pure la Mondadori: l’INAM, l’INPS e l’INAIL, spiegando le domande riproposte in appello, come sopra, dall’INAM; la Mondadori, chiedendo il rigetto di tutte le domande.

Nelle more del giudizio, dopo prove orali e consulenza tecnica, era intervenuto un accordo in base al quale la Mondadori aveva soddisfatto interamente sia le domande dei lavoratori ricorrenti in L. 95.000.000 (più di quanto accertato dal CTU), sia quelle della convenuta Rustioni Elisa, titolare della Cartotecnica, per circa L. 40.000.000.

Il Pretore aveva dichiarato estinti i rapporti tra i ricorrenti, la Cartotecnica e la Mondadori, mentre era rimasto in vita il rapporto processuale tra gli Istituti, da una parte, e la Mondadori e la Cartotecnica, dall’altra.

Il Pretore aveva poi respinto le domande dei tre Istituti. Costituitosi il contraddittorio in appello, con la partecipazione della Mondadori, della Cartotecnica “La Veronese” e dell’INPS (il quale deriva all’appello dell’INAM), il Tribunale di Verona, con sentenza 18.1-17.9.80, confermava la sentenza di primo grado compensando le spese del giudizio di appello.

Riteneva il Tribunale che la Cartotecnica “La Veronese” risultasse dotata di autonomia di gestione e di organizzazione; nata e sviluppatasi in modo autonomo, la Cartotecnica non appariva perciò costituita fittiziamente come impresa apparente. Il Tribunale rilevava poi, in concreto: che era stata la Rustioni a chiedere di lavorare per la Mondadori ed a ritenere conveniente di svolgere l’attività solo per quest’ultima; che la cooperativa di lavoro “La Veronese”, la quale prima operava quasi esclusivamente per la Mondadori, era cessata proprio e dopo che la Rustioni, ricevute garanzie di lavoro dalla stessa Mondadori, aveva deciso di “mettersi in proprio”: l’organico della Cartotecnica era passato da 10 a 31 unità, senza pressioni o interventi della Mondadori, e la ditta si era poi dotata di macchinari, di scrivanie e di macchine da scrivere, valutati dall’ufficio giudiziario in oltre 30.000.000: tutti beni acquistati dalla Rustioni e pagati con denaro suo.

Sempre dalla risultanze istruttorie il giudice di appello ricavava che la Rustioni era stata libera di far fare o meno il lavoro straordinario, mentre l’opportunità di far cadere il periodo delle ferie “in epoche preorganizzate”, su richiesta della Mondadori, non era indicativo, perché quest’ultima aveva espresso gli stessi “desiderata” anche ad altre ditte, tra cui la Olivotto, che è una delle più grandi legatorie di Italia.

Il prezzo delle opere era concordato tra la Rustioni e la Mondadori. Le retribuzioni corrisposte ai dipendenti della Cartotecnica erano quelle mantenute nei limiti delle tariffe sindacali; non v’era stato lavoro a cottimo: “il prezzo corrisposto dall’appaltatrice era sempre lo stesso, indipendentemente dal tempo impiegato per effettuare il lavoro”.

Ancora, il controllo esercitato dalla Mondadori si era concretato in un’attività di natura squisitamente tecnica, a mezzo di funzionari a ciò preposti.

Osservava infine il Tribunale che, sì, vi era “la prevalenza manuale del lavoro in oggetto”, e così pure sussisteva “la rientranza di esso lavoro nel ciclo produttivo della Mondadori”; ma si doveva, di contro, tener conto sia del fatto che il servizio da effettuare per quest’ultima aveva richiesto indispensabilmente l’uso di diverse macchine (alcune già esistenti allorché nacque la Cartotecnica), sia del fatto che la Mondadori “é stata – ed è – in grado, attraverso il proprio personale dipendente, di portare a termine, e per conto proprio, il suo ciclo produttivo”: talché l’opera della Cartotecnica non aveva mai assunto il carattere della indispensabilità.

In base a tutte queste considerazioni il Tribunale respingeva l’istanza istruttoria (diretta a provare che la Mondadori aveva riconosciuto la fondatezza delle pretese dei lavoratori), rilevando che “la circostanza da provare, ancorché vera, non è idonea a svolgere influenza nel presente giudizio, non potendo di per sé il pagamento (quale motivazione della rinuncia agli atti del processo) costituire prova della giustezza di una certa pretesa”.

Contro tale sentenza ricorre per cassazione l’INPS (anche come successore dell’INAM) con quattro motivi di annullamento.

Resiste la spa Mondadori con controricorso.

La Rustioni non si è costituita.

L’INAIL si è costituito con sola procura.

L’INPS ha depositato memoria.

Motivi della decisione

Col primo motivo l’INPS denuncia: “violazione e falsa applicazione degli artt. 116, 132 n. 4 e 118 (att.) c.p.c. in relazione all’art. 1 L. 1369-60. Conseguente violazione dell’art. 12 L. 153-69. Motivazione insufficiente”. Il ricorrente lamenta che il Tribunale non abbia analiticamente valutato tutte le circostanze rilevanti per verificare se la ditta interposta avesse o no autonomia imprenditoriale: omettendo in particolare di esaminare se la Cartotecnica impiegasse capitale, macchine e attrezzature messe a disposizione dalla Mondadori e di valutare l’incidenza dei “mezzi strumentali” da quest’ultima forniti all’appaltatrice: manca – poi – del tutto il giudizio sul rischio imprenditoriale, nonostante le acquisite risultanze istruttorie.

Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata, nel descrivere la consistenza della ditta la Cartotecnica per dimostrarne l’autonomia patrimoniale e gestionale rispetto alla Mondadori, ha – innanzitutto – omesso di considerare se la prima impiegasse capitali forniti dalla seconda; in proposito, la sentenza si è limitata ad accertare che la Cartotecnica utilizzava un certo compendio fra attrezzature e macchinari (valutato in oltre L. 30.000.000), senza però dire né che esso costituiva tutto l’insieme degli uni e delle altre, né, comunque, quale fosse la proporzione tra le attrezzature e i macchinari appartenenti alla Cartotecnica e quelli appartenenti alla Mondadori. Queste lacune viziano evidentemente, il giudizio del Tribunale, dal momento che l’art. 1, 2° c. della L. 1369-60 considera l’impiego, da parte dell’appaltatore, di capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante, quale elemento fondamentale per qualificare fittizio l’appalto. E anche senza indulgere alle opinioni eccessivamente rigoristiche, secondo le quali anche una minima fornitura di capitale, macchine ed attrezzature dell’appaltante (minima rispetto alla consistenza dell’impresa appaltatrice), configurerebbe comunque l’appalto vietato, non può non essere censurata la sentenza che non abbia esaminato compiutamente gli elementi relativi alla fornitura (capitale, macchine ed attrezzature), mettendosi così nella impossibilità di esprimere il dovuto giudizio sulla entità ed importanza della medesima nella gestione ed organizzazione dell’impresa appaltatrice.

Ugualmente carente di motivazione appare la sentenza impugnata riguardo al “rischio di impresa”, espressione che sintetizza il complesso degli elementi in base ai quali l’appaltatore può o no essere ritenuto imprenditore dotato della piena autonomia organizzativa e gestionale, richiesta dall’art. 1655 cod. civ. che detta la nozione di appalto. Questo vuoto non può certo essere colmato dalle considerazioni, contenute nella sentenza, relative agli orari di lavoro ed alla fissazione dei periodi feriali presso la ditta La Cartotecnica ed alla limitata vigilanza esercitata sulla medesima dalla società Mondadori.

Si tratta, come per altri analoghi rilievi esposti in motivazione, di elementi di contorno, niente affatto decisivi per la sussistenza del “rischio di impresa”. Né vale l’allegazione contenuta nel controricorso della Mondadori, secondo cui le sopravvenute difficoltà economiche della Cartotecnica, così gravi da indurre gli apparentemente suoi dipendenti ad agire in via cautelare contro di lei, proverebbero di per sé l’esistenza di tale rischio: quando quelle difficoltà avrebbero potuto avere origine proprio dalle conseguenze della fittizietà del rapporto di appalto in corso.

Comunque è mancata l’indagine da parte del Tribunale. L’insieme delle lacune in cui è incorsa la sentenza impugnata, appaiono in gran parte provocate dalla affermazione di principio dalla quale si è mosso il Tribunale, e cioé che la fornitura – anche in misura rilevante – che il committente possa fare dei mezzi strumentali, ovvero dei materiali necessari alla realizzazione delle opere appaltate, è senza rilievo, quando l’appaltatore sia dotato di “un’effettiva organizzazione ad impresa”.

E’ un’affermazione che non può essere condivisa (onde è pertinente la censura per violazione di legge), perché vanifica la norma posta dallo art. 1, comma 3, L. 1369-60: dove la fornitura, anche se non totale, ma sì quando è cospicua, di capitali, macchine ed attrezzature dall’appaltante all’appaltatore, fa considerare l’appalto come di mere prestazioni di lavoro e perciò fittizio.

Col secondo motivo si denuncia: “violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 1369-60 in relazione all’art. 12 L. 153-69 e difetto assoluto di motivazione su un punto decisivo della controversia”.

La sentenza viene censurata per omessa pronuncia sulla domanda subordinata (condanna solidale della Mondadori e della Cartotecnica ex art. 3 L. 1369-60), pur avendo riconosciuto che l’attività della ditta appaltatrice si inseriva nel ciclo produttivo della Mondadori.

Il motivo è fondato.

Dalla sentenza impugnata risulta che in grado di appello l’INAM e l’INPS avevano chiesto al Tribunale, in via del tutto subordinata, di dichiarare che il rapporto Mondadori-Cartotecnica “é consistito in un appalto di opere e servizi previsto dall’art. 3 L. n. 1369-60”, con la conseguente condanna in solido di entrambe le ditte a pagare i contributi sociali nella misura corrispondente alla maggiore retribuzione spettante ai dipendenti della Cartotecnica.

La sentenza del Tribunale, nella quale si dà atto che l’attività svolta dalla Cartotecnica si inseriva nel ciclo produttivo della Mondadori, ha omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata, formulata – come si è visto – espressamente.

Nel controricorso, la Mondadori sostiene che il Tribunale, avendo confermato integralmente la sentenza di primo grado la quale aveva respinto, motivatamente, anche la domanda subordinata, avrebbe sulla medesima deciso e motivato anch’esso, per relationem. Proposizione insostenibile, questa, dal momento che il giudice d’appello è obbligato a decidere ed a motivare in ordine a tutte le domande ritualmente postegli; né – certo – è ammessa una motivazione per relationem, e per di più tutta da sottintendere, a quella della sentenza impugnata, dato che il riesame da compiersi in appello implica proprio le ragioni di fatto e di diritto ritenute ed esposte dal primo giudice, con la motivata adesione o il motivato dissenso da parte del secondo giudice.

Col terzo motivo si denuncia: “violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 1344 cod. civ. Error in procedendo; difetto di motivazione”.

L’INPS sostiene che gli Istituti previdenziali avevano il diritto di provare che la Mondadori aveva riconosciuto fondata la pretesa dei lavoratori per retribuzioni non pagate, per dimostrare che con la rinuncia agli atti s era realizzato un contratto in frose alla legge che impone il pagamento dei contributi sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Il Tribunale avrebbe dovuto, pertanto, ammettere la prova richiesta.

Col quarto motivo, infine, si denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 84 e 306 c.p.c. che si risolve in error in procedendo”.

Deduce il ricorrente che non risulta che la rinuncia agli atti, ex art. 306 c.p.c., da parte della Mondadori e della Rustioni, a seguito di accordo, sia stata compiuta da loro procuratori speciali, né, tanto meno, da loro due personalmente. Tale error in procedendo travolge l’intero processo, dato che la legge ( art. 306 c.p.c.) impone al giudice di verificare la regolarità della rinuncia e dell’accettazione per poter pronunciare l’estinzione del processo stesso.

I due motivi, interconnessi, vanno considerati insieme. L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso devolve al giudice di rinvio sia la decisione – tenuto conto della motivazione qui resa

– sulle richieste istruttorie che gli fossero riproposte, sia la valutazione, ad ogni effetto, della transazione giudiziale intervenuta tra la Mondadori, la Cartotecnica e i lavoratori che avevano promosso la causa.

P.Q.M.

accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Vicenza.
Roma, 2 aprile 1985
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 16 GENNAIO 1986