Svolgimento del processo
Con ricorso del 24 maggio 1973 Anna Acchiardi proponeva opposizione, davanti al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Torino, avverso il decreto di trasferimento dei suoi beni immobili, oggetto di pignoramento, chiedendo, in via preliminare, la sospensione della esecuzione e, nel merito, la declaratoria di nullità della vendita perché l’ordinanza che l’aveva disposta non gli era stata comunicata.
Il giudice dell’esecuzione dichiarava “non luogo a provvedere” sull’opposizione per essersi esaurito il procedimento esecutivo e perché, comunque, la dedotta nullità della comunicazione dell’ordinanza non poteva costituire causa di nullità degli atti successivi.
L’Acchiardi ricorreva per cassazione, assumendo fra l’altro, che il provvedimento impugnato, in quanto contenente una pronuncia di rigetto dell’opposizione agli atti esecutivi, doveva essere emesso dal collegio, e non dal giudice dell’esecuzione.
Questa Corte Suprema, con sentenza del 15 ottobre 1977, in accoglimento del suddetto motivo di ricorso, cassava il provvedimento del giudice dell’esecuzione, rinviando allo stesso giudice perché rimettesse l’esame dell’opposizione al collegio.
Con atto notificato il 28 e il 29 marzo 1978 al creditore procedente Del Fabbro e agli aggiudicatari Borgo e Cavarape, l’Acchiardi riassumeva l’opposizione davanti al giudice dell’esecuzione.
Nel giudizio interveniva Pierre Soulet, il quale, premesso di avere acquistato l’immobile oggetto di esecuzione con atto del 5 febbraio 1973, successivo al pignoramento ma anteriore alla vendita forzata, chiedeva pronunciarsi la nullità della vendita stessa ed ordinarsi il rilascio dell’immobile a suo favore.
Integrato il contraddittorio nei confronti di tutti i creditori intervenuti nel procedimento esecutivo, il Tribunale di Torino, con sentenza del 30 settembre 1981, rigettava l’opposizione proposta dall’Acchiardi, nonché le domande proposte dal Soulet.
Il Tribunale rilevava preliminarmente che il ricorso dell’Acchiardi in data 24 maggio 1973, qualificato da questa Corte Suprema con la sentenza di rinvio come opposizione agli atti esecutivi, comportava la necessità della partecipazione al giudizio di tutti i creditori intervenuti nel procedimento esecutivo, ai quali doveva essere opponibile la pronuncia che affermasse o negasse la nullità del singolo atto esecutivo, onde correttamente era stata disposta l’integrazione del contraddittorio.
Il Tribunale riteneva poi che l’intervenuta pronuncia di nullità dell’esecuzione – emessa dalla Corte di appello di Torino nel giudizio di opposizione all’esecuzione instaurato dalla Acchiardi nei confronti del solo Del Fabbro – poteva esplicare effetto, assorbendo la pronuncia relativa alla nullità del singolo atto esecutivo, soltanto nei rapporti tra le suddette parti, sicché permaneva la necessità dell’accertamento della validità o meno dell’atto impugnato nel presente giudizio, sia nei confronti del creditore procedente, sia nei confronti degli altri creditori interessati all’esecuzione.
Ciò posto, il Tribunale osservava, per i fini che qui interessano, che la mancata comunicazione dell’ordinanza, con la quale il giudice dell’esecuzione aveva fissato le modalità della vendita e la data del suo compimento, non costituiva, di per sé, causa di nullità della vendita stessa, ma valeva solo a spostare la decorrenza del termine di 5 giorni per proporre opposizione al provvedimento – per eventuali nullità sue proprie – al momento in cui l’ordinanza aveva avuto esecuzione, cioé al momento della vendita.
Ne conseguiva che l’opposizione della Acchiardi, essendo stata proposta oltre i cinque giorni dalla data dell’incanto, era inammissibile
Ricorrono per cassazione, in via principale, la Acchiardi con tre motivi e, in via incidentale, il Soulet con un solo motivo.
Resistono con controricorso il Del Fabbro, il Bianco e il Condominio sito in Torino alla Via De Sanctis 60-62. Il Borgo non si è costituito.
La Acchiardi ha presentato memoria difensiva.
Motivi della decisione
Ai sensi dell’art. 335 c.p.c. va disposta la riunione dei due ricorsi, trattandosi di impugnazioni proposte avverso la medesima sentenza.
Con il primo mezzo del ricorso principale, si assume che la mancata comunicazione alla Acchiardi dell’ordinanza, con cui era stata disposta la vendita, aveva comportato la nullità del procedimento esecutivo per violazione del principio del contraddittorio, con la conseguenza che l’opposizione avverso il decreto di trasferimento dei beni doveva essere ritenuta ammissibile e fondata.
La doglianza non merita accoglimento.
Come è noto, il procedimento esecutivo si svolge, su impulso dei soggetti legittimati, attraverso una serie coordinata di atti, che iniziano con il pignoramento e si esauriscono con il concreto soddisfacimento della pretesa creditoria.
Detto procedimento, però, ha carattere tipicamente unilaterale, nel senso che non è necessaria l’osservanza del contraddittorio tra i soggetti che hanno promosso l’azione o sono successivamente intervenuti e il debitore.
Ne deriva che, qualora non sia stata disposta la comparizione del debitore ovvero non sia stata comunicata al medesimo un’ordinanza del giudice dell’esecuzione, non si verifica una nullità del procedimento, in quanto tali omissioni si ripercuotono soltanto sul singolo atto esecutivo successivo, avverso il quale il debitore può proporre opposizione nelle forme e nei termini previsti dall’art. 617 del codice di rito.
Nella specie, dato che nella mancata comunicazione alla debitrice Acchiardi dell’ordinanza che disponeva la vendita non può ravvisarsi una causa di nullità dell’incanto – come è stato rilevato dai giudici del merito – l’unico effetto dell’omissione di cui sopra fu quello di spostare il dies a quo del termine perentorio di cinque giorni al momento della vendita. E poiché quest’ultima fu preceduta dagli avvisi di cui all’art. 570 c.p.c. e fu compiuta il 29 marzo 1973, l’opposizione della Acchiardi, proposta con ricorso depositato il 24 maggio 1973, è stata correttamente dichiarata inammissibile perché tardiva.
Il rigetto del primo motivo del ricorso principale comporta la irrilevanza delle censure formulate con il secondo ed il terzo motivo, aventi ad oggetto rispettivamente la violazione della efficacia del giudicato esterno del 30 settembre 1981 e la non necessità dell’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i creditori intervenuti nell’esecuzione.
E’ evidente, infatti, che la ritenuta inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi preclude l’esame delle suddette questioni.
Il ricorso incidentale autonomo del Soulet va dichiarato inammissibile perché proposto dopo la scadenza del termine di cui agli artt. 325 ultimo comma e 326 del codice di procedura civile.
Premesso che la sentenza impugnata fu notificata il 20 novembre 1981, è agevole rilevare che il ricorso, che reca la data del 24 febbraio 1982, risulta proposto tardivamente.
In ordine alla natura autonoma del suddetto ricorso, va osservato che il Soulet ha impugnato il capo della sentenza che ha negato la sua legittimazione a spiegare intervento volontario e non v’é dubbio che tale statuizione non è in rapporto di connessione o di dipendenza con i capi impugnati con il ricorso principale.
Ragioni di equità, inducono a dichiarare interamente compensate tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa interamente tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.
Cosi deciso il 31 maggio 1985 nella camera di consiglio della III sezione civile della Corte Suprema di Cassazione.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 6 MARZO 1986