Svolgimento del processo

Con citazione del 26 novembre 1979 la s.p.a. Cosida, in liquidazione coatta amministrativa, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma il suo ex dipendente Sergio Parroni per sentirlo condannare alla restituzione della somma di L. 13.215.350, con interessi, anatocismo e spese, deducendo a sostegno della pretesa sia la revoca del recesso sia perché il pagamento doveva ritenersi inefficace nei confronti dei creditori ai sensi dell’art. 67 l. fall. a causa di un concerto fraudolento tra il Parroni e l’ex amministratore Fabrizio Ferrando.

Il Parroni, nel costituirsi, eccepiva che la somma corrisposta a titolo di indennità di fine rapporto doveva ritenersi dovuta nonostante la revoca del licenziamento atteso che il rapporto, dopo pochi giorni, si era definitivamente interrotto. Aggiungeva inoltre il convenuto che l’indennità era stata erroneamente determinata e, in via riconvenzionale, deduceva la totale compensazione dei due crediti e negava la conoscenza dello stato di insolvenza.

Con sentenza del 29 gennaio 1987 il Tribunale di Roma affermava la propria incompetenza ratione materiae sia in ordine alla domanda attorea che alla domanda riconvenzionale per essere le stesse di competenza del Pretore in funzione di giudice del lavoro.

A sostegno della pronuncia il Tribunale osservava che essendo prospettata dalle parti la questione circa la permanenza o la risoluzione del rapporto di lavoro, quale fondamento della domanda di restituzione, si era in presenza di una domanda rientrante nella competenza funzionale del pretore in funzione di giudice del lavoro, non derogata dall’art. 24 l. fall., inapplicabile alle procedure di liquidazione coatta amministrativa, senza alcuna possibilità di spostare l’attenzione sulla domanda di revocatoria ex art. 67 e 205 l. fall., in quanto proposta non alternativamente ma subordinatamente a quella di restituzione.

Con riferimento, poi, alla domanda riconvenzionale il giudice del merito riteneva la sussistenza della competenza del pretore giudice del lavoro, non derogata in favore di quella del tribunale di Napoli che ha dichiarato lo stato di insolvenza sulla base del rilievo e che l’art. 24 l. fall. non è applicabile e che la procedura di verificazione dello stato passivo presuppone la positiva soluzione del problema della competenza, essendo destinata ad operare nell’ambito di un procedimento di cui debbono necessariamente ricorrere le varie condizioni costitutive.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per regolamento di competenza la s.p.a. Cosida, in liquidazione coatta amministrativa sulla base di due motivi, prospettando una questione di temporaneo difetto di giurisdizione del giudice adito in ordine alla domanda riconvenzionale.

Ha resistito con memoria difensiva il Parroni. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per la dichiarazione di competenza del Tribunale di Roma.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli art. 2033 c.c. e 409 c.p.c. per non aver il Tribunale di Roma esattamente individuato la causa petendi della domanda proposta dalla Cosida s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, la quale aveva esercitato una azione di ripetizione d’indebito, senza che la contestazione della permanenza o della risoluzione del rapporto di lavoro, valesse ad attrarre la controversia fra quelle di lavoro, fungendo tale questione solo da presupposto della persistenza o meno della causa solvendi.

Il motivo di ricorso è fondato.

La competenza per materia si determina in base al contenuto oggettivo della domanda e ai suoi elementi costitutivi (cioé al c.d. petitum sostanziale), liberamente qualificato dal giudice sotto l’aspetto giuridico, prescindendo dalla qualificazione datane dalla parte e dalla sua fondatezza; mentre l’eccezione del convenuto, che non si esaurisce in una mera contestazione dei fatti dedotti dall’attore, può costituire fonte complementare solo quanto questa non sia ravvisabile alla stregua del petitum sostanziale (Cass. 17 novembre 1980 n. 6142; Cass. 19 marzo 1981 n. 1630; Cass. 5 aprile 1982 n. 2100; Cass. 14 giugno 1983 n. 4075; Cass. 17 dicembre 1984 n. 6615 e successive conformi).

Nel caso di specie il petitum sostanziale della domanda proposta dalla ricorrente è costituito dalla mancanza di causa solvendi la somma versata e di cui si chiede la restituzione, per essere venuta meno la cessazione del rapporto di lavoro che giustificava la dazione.

Pertanto, in ordine a tale domanda, deve essere dichiarata la competenza per valore e per territorio del Tribunale di Roma, quale foro del convenuto.

Né al fine di radicare la competenza per materia del giudice del lavoro può invocarsi l’eccezione sollevata dal convenuta circa la insussistenza del rapporto di lavoro, per non essersi realizzata la reintegrazione nel posto di lavoro, in quanto tale eccezione non si è trasformata – per esplicita richiesta della parte e nel ricorso di un corrispondente interesse della medesima – in una questione pregiudiziale da risolversi mediante un accertamento con efficacia di giudicato (Cass. 22 dicembre 1988 n. 6274).

Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 201 l. fall. e si chiede la declaratoria di difetto temporaneo di giurisdizione del giudice adito, per avere il Tribunale affermato la competenza del pretore, sulla domanda riconvenzionale proposta dal convenuto, senza tener presente che, sulla base di Cass. n. 4347 del 1985 il giudice adito era temporaneamente privo di giurisdizione, dovendo il credito, anche di lavoro, nei confronti dell’impresa sottoposta a liquidazione coatta amministrativa, essere fatto valere in sede concorsuale, nell’ambito del procedimento di verifica affidato al commissario liquidatore, subentrando la giurisdizione del giudice ordinario in un momento successivo e, precisamente, nella fase dell’opposizione o dell’impugnazione dello stato passivo formato in sede amministrativa.

Il motivo di ricorso è inammissibile sulla base delle considerazioni che seguono.

Infatti, per costante giurisprudenza, il motivo di ricorso con il quale si impugna la decisione di primo grado, sostenendo il difetto temporaneo di giurisdizione del giudice adito, quantunque formulato in termini di competenza, costituisce in realtà regolamento di giurisdizione, in cui, nel concorso degli altri elementi previsti dall’art. 41 c.p.c., può convertirsi il regolamento di competenza (cfr., sulla possibilità di conversione, Cass. 20 dicembre 1982 n. 7042; Cass. 16 luglio 1985 n. 4156).

Proprio perché con il motivo di ricorso non si contesta la pronuncia di incompetenza emessa dal giudice a quo, ma il mancato rilievo da parte dello stesso del proprio difetto temporaneo di giurisdizione, non può accedersi alle richieste del Procuratore Generale presso questa Corte che ha concluso per la dichiarazione di competenza del Tribunale di Roma in ordine alla domanda riconvenzionale, dal momento che una pronuncia che provvedesse sulla competenza in ordine a tale domanda sarebbe viziata di extrapetizione, in difetto di istanza di parte.

Il regolamento di giurisdizione proposto con il secondo motivo – in cui si è convertito il regolamento di competenza – è però inammissibile sulla base della più recente ed oramai costante giurisprudenza di questa Corte – e per il cui superamento la ricorrente si è limitata a richiamare una decisione le cui conclusioni il più recente indirizzo ha motivatamente disatteso – secondo cui riguardo a pretesa creditoria nei confronti di impresa sottoposta a liquidazione coatta amministrativa si verifica una situazione d’improponibilità della domanda, ovvero, se proposta, d’improseguibilità, fino a quando il credito stesso non sia fatto valere nella fase amministrativa di verificazione dello stato passivo davanti ai competenti organi della procedura, non di difetto temporaneo di giurisdizione, trattandosi di un differimento che investe l’esercizio del potere giurisdizionale, non la sua spettanza (Cass. 29 novembre 1986 n. 7084; Cass. 18 aprile 1988 n. 3034), con la conseguenza che le questioni attinenti all’osservanza dell’indicato divieto non sono deducibili con ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione (Cass. 18 marzo 1988 n. 2483 e 2484).

Conclusivamente, in accoglimento del primo motivo di ricorso, va dichiarata la competenza del Tribunale di Roma sulla domanda proposta dalla Cosida s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, mentre va dichiarato inammissibile il secondo motivo.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di questa fase di giudizio;

P.Q.M.

La Corte di cassazione, a sezioni unite, accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara la competenza del Tribunale di Roma; dichiara inammissibile il secondo motivo. Spese compensate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle sezioni unite civili della Corte di cassazione il 30 giugno 1990.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 16 GENNAIO 1991