Svolgimento del processo

Il Pretore di Napoli, con decreto in data 9 aprile 1986, decidendo su ricorso depositato il 2 aprile dello stesso anno dall’Avv. Aldo Palumbo, quale procuratore speciale dell’Arcivescovo di Napoli rappresentante della Mensa Arcivescovile di Napoli, delle Pie Confidenze e degli Interessi Religiosi e Morali dell’Arcidiocesi, locatrice di un immobile sito in Napoli via Atri n. 25, emetteva nei confronti della conduttrice Amministrazione Provinciale di Napoli ingiunzione di pagamento della somma di L. 2.809.000 oltre interessi e spese a titolo di corrispettivo per l’occupazione di detto immobile nel primo semestre dell’anno 1986.

A seguito di opposizione dell’ingiusta Amministrazione che deduceva l’occupazione illegittima dell’immobile da parte dei terremotati, denunciata alla P.S., il Pretore, con sentenza in data 16 – 19 marzo 1987 accoglieva l’opposizione e rigettava la domanda proposta dalla parte locatrice.

Il Tribunale di Napoli, con la sentenza ora impugnata, in accoglimento dell’appello proposto dalla parte soccombente e in riforma della sentenza di primo grado, rigettava l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo.

Il Tribunale motivava la propria decisione sul rilievo che il provvedimento di rilascio emesso a carico del conduttore non priva affatto quest’ultimo del diritto di agire nei confronti dei terzi per fare cessare le molestie di fatto o per riottenere comunque la disponibilità materiale dell’immobile né la protrazione “de facto” del rapporto si ritorce in danno del locatore; e che la responsabilità del conduttore per mancata riconsegna della cosa locata, anche nel caso in cui questa dipenda da condotta di terzi, viene meno soltanto nel caso in cui egli dimostri che l’immissione di terzi sia avvenuta contro i suoi voleri e provi di avere esercitato tutti i mezzi che l’ordinamento offre per ottenerne l’estromissione.

Avverso detta sentenza l’Amministrazione Provinciale di Napoli ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

L’intimato non si è costituito.

Motivi della decisione

Con il primo motivo l’Amministrazione ricorrente, denunciando la violazione dell’articolo 1218 c.c. nonché il difetto di motivazione della sentenza impugnata, sostiene che il Tribunale avrebbe errato nel respingere la sua opposizione al decreto ingiuntivo di condanna di essa conduttrice al pagamento delle somme dovute per protratta occupazione dell’immobile dopo la scadenza della locazione. Gli errori consisterebbero nel non avere considerato che la mancata riconsegna dell’immobile non era imputabile ad esso conduttore ma all’occupazione abusiva da parte dei terzi, ciò che determinava l’impossibilità di eseguire la prestazione dovuta e che la risoluzione del contratto di locazione per morosità determinava per il conduttore la perdita della legittimazione ad agire in via possessoria e di urgenza.

La complessa censura è infondata.

Come questa Corte Suprema ha già avuto modo di affermare, la prestazione di restituzione della cosa locata, prevista dall’articolo 1591 c.c., è oggetto di una obbligazione contrattuale e, pertanto, in caso di inadempimento, trova applicazione la norma contenuta nell’articolo 1218 c.c. secondo cui il conduttore può liberarsi dalla conseguente responsabilità soltanto se fornisca la prova che la restituzione sia stata impossibile per causa a lui non imputabile. Nel caso in cui la prestazione di restituzione non si verifichi in quanto nel godimento della cosa locata rimangono dopo la cessazione del rapporto, persone diverse dal conduttore, perché quest’ultimo possa raggiungere la prova liberatoria dalla responsabilità suddetta, occorre che si accerti che le stesse si siano immesse nel godimento senza che nell’immissione sia intervenuto il comportamento del conduttore, oppure che questi abbia esercitato diligentemente tutti i mezzi offerti dall’ordinamento per ottenere l’estromissione, senza raggiungere il risultato richiesto (sent. 29 maggio 1971, n. 1605).

Orbene, il Tribunale ha fatto corretta applicazione di tale principio avendo accertato che la Amministrazione Provinciale conduttrice non azionò tutti i mezzi offerti dalla legge (con evidente riferimento alle esperibili azioni civilistiche) per ottenere l’estromissione degli occupanti abusivi; azioni che – si osserva – essa poteva bene esercitare avendo conservato la detenzione dell’immobile locato.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando la violazione dell’articolo 1227, comma 2, c.c., sostiene che in ogni caso il Tribunale avrebbe dovuto applicare al caso in esame tale disposizione la quale stabilisce che il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.

La censura è infondata.

Infatti, la sentenza impugnata ha accertato che nel caso in esame vi era stata protrazione “de facto” del rapporto locatizio addebitabile al soggetto conduttore e non al locatore, la quale quindi non si poteva ritorcere in danno di costui che non ne aveva colpa e che aveva la facoltà ma non anche l’obbligo di azionare il titolo esecutivo conseguito.

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Non vi è materia di regolamento di spese processuali perché l’intimato non si è costituito.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Nulla per le spese.
Così deciso in Roma il 5 luglio 1993 nella camera di consiglio della IIIa sezione civile della Corte di Cassazione.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 3 MAGGIO 1994.