Svolgimento del processo

Con rogito per notar Carbone del 23 maggio 1958 Angela Lattanzi e CArme Di Cagno vendettero al costruttore Vito Bellomo una zona di terreno in Bari, via Quintino Sella, angolo via Crisanzio; l’acquirente si impegnò a costruire secondo un progetto già redatto a cura delle venditrici, che prevedeva per il primo piano la destinazione ad uffici e per i piani superiori quella a civile abitazione.

Peraltro il Bellomo vendette il primo e secondo piano, costruiti “allo stato grezzo” alla Cassa Marittima Meridionale, la quale si riservò di completarli e destinarli, secondo le proprie esigenze istituzionali, ad uffici ed ambulatori medici, con esclusione della degenza.

Nei piani superiori vennero realizzate civili abitazioni e pertanto, essendo sorte controversie tra i condomini e la Cassa Marittima, questa, allo scopo di ristabilire i buoni rapporti, con dichiarazione trascritta nel verbale dell’assemblea condominiale del 22 ottobre 1965, si assunse l’onere di pagare il settanta per cento del costo del servizio di portierato, con espressa precisazione che tale concessione veniva effettuata con riserva di conferma anno per anno e con facoltà unilaterale di revoca da parte della Cassa.

Accentuandosi il dissenso tra i condomini, la Cassa con lettera 16 novembre 1978 comunicò la revoca della concessione, informando che per l’avvenire intendeva pagare tutte le spese condominiali, compresa quella relativa al servizio di portierato, in base alle tabelle millesimali di proprietà a suo tempo approvate.

L’Assemblea del condominio, nella adunanza del 9 dicembre 1978, col solo voto contrario del rappresentante della Cassa Marittima, deliberò di confermare il sistema di ripartizione della spesa del portierato fin allora seguito e quindi la Cassa, con citazione del 6 gennaio 1979, convenne il condominio avanti al tribunale di Bari per sentir annullare la predetta delibera che era in contrasto con il criterio di ripartizione stabilito dalla legge.

Il condominio resistette alla domanda, chiedendo in via riconvenzionale che venisse imposta all’attrice la cessazione dell’uso ad ambulatorio medico dai due piani di edificio, ovvero, in subordine, che venisse confermata e sancita la ripartizione delle spese in questione secondo il deliberato dell’assemblea.

Con sentenza 11 dicembre 1980 l’adìto Tribunale annullò la deliberazione impugnata e rigettò la riconvenzionale del Condominio, dichiarando che anche le spese di portierato dovevano ripartirsi in misura proporzionale al valore della proprietà, che era di 311 millesimi per la Cassa Marittima.

La Corte d’Appello di Bari, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha determinato nella misura del cinquanta per cento il contributo a carico della Cassa Marittima sul costo del servizio del portierato, affermando che la disposizione dell’art. 1123, 2° comma C.C., in base alla quale se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proposizione all’uso che ciascun può farne, si applica non solo alle cose, ma anche ai servizi, compreso il servizio di portierato, di cui la Cassa Marittima fruisce più intensamente degli altri condomini, dato il grande numero di mutuati che accede giornalmente agli uffici ed agli ambulatori dell’ente. La Corte d’Appello ha, invece, rigettato gli altri motivi di gravame del Condominio, confermando i punti relativi all’annullamento della deliberazione assembleare del 9 dicembre 1978 ed all’insussistenza di un vincolo reale che impedisse alla Cassa Marittima di destinare una parte dei locatori ad ambulatorio medico.

Ha proposto ricorso la Cassa Marittima Meridionale in base a due motivi, nei quali deduce la violazione dell’art. 1123, 2° comma C.C., che è applicabile soltanto alle spese di conservazione e godimento di cose, cioé di parti comuni, destinate a servire in misura diversa i vari condomini , e non può riferirsi a quei servizi che sono utilizzati in generale da tutti i condomini e la cui spesa deve essere ripartita in proposizione al valore delle singole proprietà.

Nel secondo motivo deduce in subordine insufficiente motivazione sul punto decisivo, per avere la Corte d’Appello determinato la misura del contributo proporzionale senza compiere alcuna indagine sull’effettiva misura del maggior godimento, basandosi soltanto sul rilevante numero di persone che presumibilmente si reca negli uffici ed ambulatori dell’Ente.

Il Condominio resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, in base a tre motivi nei quali lamenta:

a) violazione del giudicato interno;

b) difetto di motivazione sulla misura dell’onere spettante alla Cassa;

c) difetto di motivazione sul rigetto della domanda riconvenzionale relativa all’arricchimento senza causa, dal momento in cui la Cassa non aveva più inteso assumersi il 70% del costo del servizio di portierato.

Motivi della decisione

I due ricorsi vanno riuniti a norma dello art. 335 C.p.c. e deve essere esaminato preliminarmente il motivo del ricorso incidentale in cui il condominio deduce violazione del giudicato interno (artt. 112, 339, 343, 346 C.p.c., 2909 C.C.), in quanto il Tribunale aveva ritenuto annullabile la delibera i dicembre 1978, mentre la Corte di Appello l’ha dichiarata nulla, malgrado che la Cassa Marittima non avesse impugnato tale capo della sentenza.

La censura è infondata, perché la Cassa Marittima era completamente vittoriosa nel giudizio di primo grado e non aveva bisogno di proporre appello incidentale sul punto relativo alla qualificazione dell’azione, che era nella specie irrilevante, dato che essa aveva impugnato la delibera condominiale prima della scadenza del termine di trenta giorni e poteva, quindi, proporre sia l’azione di nullità, sia quella di annullamento.

La Corte di Appello si è limitata, al riguardo, a qualificare l’azione nei suoi esatti termini giuridici, in conformità di consolidata giurisprudenza (v. Cass. S.U. 5 maggio 1980, n. 2928) e non ha violato alcuna delle norme indicate dal ricorrente incidentale, il quale solo ponendo artificiosamente una netta distinzione tra le due azioni, si fa a sostenere che non avendo la Cassa riproposto l’azione di nullità, non solo la Corte non la poteva dichiarare, ma avrebbe dovuto anche rigettare l’appello.

Merita accoglimento il primo motivo del ricorso principale, proposto dalla Cassa Marittima, in quanto la decisione impugnata è in contrasto col principio di diritto varie volte affermato da questa Corte, secondo cui le spese di portierato di un edificio condominale debbono essere poste a carico di tutti i condomini , in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, se non – altrimenti disposto dal regolamento di condominio, dato che l’obbligo di contribuire a tali spese trova fondamento nel diritto domenicale e non nella effettiva utilizzazione del servizio (v. sent. 8 settembre 1966, n. 2353; 22 luglio 1968, n. 2622; 28 maggio 1973, n. 1585).

Con più recente sentenza (30 ottobre 1981, n. 5751) è stato ritenuto che i tre comma dell’art. 1123 C.C. sono tra loro in un rapporto che va dal generale al particolare, nel senso che nel primo comma si stabilisce il principio che le spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni, nonché per la prestazione dei servizi nell’interesse comune, sono sostenute dai condomini in proporzione del valore della proprietà di ciascuno (salva diversa convenzione), mentre il secondo comma si riferisce alle cose o parti comuni destinate a servire i condomini in misura diversa ed il terzo comma riguarda l’eventuale esistenza di opere, impianti o manufatti destinati a servire soltanto una parte dell’intero fabbricato.

Poiché l’attività del portiere – continua la citata sentenza – essenzialmente costituita dalla custodia e sorveglianza dell’immobile condominiale, deve essere senza dubbio compresa tra i servizi previsti nel primo comma dell’art. 1123 C.C., non potendo essa rientrare nel concetto delle parti, cose o impianti contemplati nel secondo e terzo comma, il criterio di ripartizione della relativa spesa è quello fondato sul valore proporzionale delle singole proprietà.

Pertanto l’applicabilità della citata norma può essere legittimamente negata solo se risulti una contraria convenzione, vincolante per tutti i condomini, oppure se si accerti che il servizio, per particolari situazioni di luoghi, non è reso nell’interesse di tutti i condomini ; ove risulti, invece, che esso è prestato nell’interesse comune, ciò basta perché tutti i condomini; siano tenuti a contribuirvi nella misura legale, dato che il diverso interesse di ciascuno è commisurato per legge al valore delle singole porzioni di proprietà esclusiva.

Ritiene il Collegio di dover condividere i principi affermati dalla citata giurisprudenza, che si basa sulla razionale e organica interpretazione dell’art. 1123 C.C.

Invero tale norma, pur essendo intesa a tutelare il principio fondamentale secondo cui la ripartizione delle spese deve compiersi in relazione all’interesse dei singoli condomini per ciascuna prestazione resa per la conservazione o il godimento dell’immobile, ha mantenuto la necessaria distinzione tra spese generali, indicate nel primo comma, e spese compiute nell’interesse prevalente o esclusivo di determinati gruppi di condomini , contemplate nel secondo e terzo comma.

Nella previsione del primo comma rientrano, quindi, le spese di portierato, insieme a quelle di amministrazione, di assicurazione del fabbricato, di godimento e conservazione delle parti godute indistintamente da tutti i condomini ; esse vanno ripartite in misura proporzionale al valore della proprietà, indipendentemente dal numero delle persone che abitano o frequentano la porzione di immobile o da altre modalità di uso legittimo del medesimo.

Rientrano nella previsione del secondo comma quelle cose e quei servizi destinati per loro natura o per posizione dei luoghi (cioé in base ad un criterio obiettivo e misurabile) all’uso prevalente di alcuni condomini ; tali sono gli impianti di riscaldamento centrale (il cui corrispettivo si misura di solito in base al numero degli elementi radianti) l’impianto di ascensore (la cui spesa si ripartisce, salvo contraria convenzione, in analogia a quanto previsto dall’art. 1124 per le scale, le autorimesse con determinato numero di posti, ecc.

Il terzo comma riguarda, infine, le cose, le opere e gli impianti destinati a servire una parte separata dell’intero condominio (che può essere anche composto di più fabbricati); esse vanno a carico totale del gruppo di condomini che ne trae utilità e la suddivisione nell’interno del gruppo in base ai criteri indicati nei primi due comma.

Tornando al caso di specie, risulta pacifico che nel condominio di via Quintino Sella n. 215 di Barri il servizio di portierato è reso nell’interesse di tutti i condomini e non è stato nemmeno dedotto che il notevole afflusso di persone ai locali della Cassa Marittima abbia cagionato un concreto aggravio di spese, nel senso che abbia costretto il condominio di aumentare la retribuzione al portiere, a corrispondergli compensi straordinari o a compiere lavori di riparazione cagionati da un uso eccessivo.

Si manifesta, pertanto, evidente la violazione dell’art. 1123, 1° comma. C.C. compiuta dalla Corte d’appello, che ha ritenuto di poter modificare il regolamento condominiale e di sostituire al criterio legale stabilito dalla predetta norma (fondato sul valore della porzione di immobile) un diverso criterio basato su una ritenuta maggiore utilizzazione del servizio.

La sentenza deve essere, pertanto, cassata con rinvio ad altra sezione della stessa Corte di appello, che provvederà anche sulle spese di questo giudizio in relazione all’esito finale della lite.

E’ assorbito il secondo motivo proposto in subordine dalla Cassa Marittima, giacché esso riguarda la misura del maggiore onere eventualmente gravante sulla Cassa. Per la stessa ragione rimane pure assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale del Condominio anch’esso attinente, da opposto punto di vista, alla misura di detto maggiore onere.

Il terzo motivo è privo di consistenza, perché l’azione di arricchimento senza causa è azione sussidiaria, proponibile soltanto allorché l’ordinamento giuridico non offre altro rimedio per evitare un ingiusto pregiudizio patrimoniale (v. art. 2042 C.C.); pertanto o il condominio aveva collegato tale richiesta, come ha ritenuto la Corte d’appello, all’asserita illegittimità della destinazione impressa dalla Cassa Marittima ai suoi locali, ed allora la domanda, è infondata perché la sentenza ha dichiarato inesistente tale abuso, oppure la domanda stessa era da intendere in relazione alla misura dei contributi per spese di portierato da porsi a carico della Cassa Marittima ed allora non poteva essere proposta in via autonoma, trattandosi in sostanza di una questione sugli eventuali arretrati, che rientra nel tema della azione principale, relativa alla legittimità della delibera 9 dicembre 1978 ed è condizionata alla sua decisione, rimessa al giudice di rinvio.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo. Rigetta il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari, anche per le spese.
Roma, 22 aprile 1985.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 18 FEBBRAIO 1986