Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 13 settembre 1980 Gufo Giulio conveniva in giudizio davanti al Pretore di Macerata l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul lavoro (INAIL), chiedendo che gli fosse riconosciuta la invalidità permanente conseguente a broncopneumopatia professionale agricola e corrisposta la relazione rendita nella misura del 40% ovvero in quella maggiore o minore a ritenersi di giustizia, con vittoria di spese e di onorari. Assumeva di esercitare attività di mezzadro e che la domanda ed i ricorsi proposti in via amministrativa avevano dato esito negativo.

L’I.N.A.I.L., costituitosi in giudizio contestava la domanda, sostenendo che, in base agli accertamenti effettuati nella fase amministrativa, la bronco-pneumopatia riscontrata al Gufo non poteva qualificarsi come malattia professionale ai sensi di legge.

Veniva espletata una consulenza medico legale, da cui risultava che il ricorrente, di anni 55, era affetto da “bronchite cronica asmatica, a componente enfisematosa, di natura non tecnopatica”, come risultava dagli esami immunologici eseguiti ed allegati agli atti.

In base alle risultanze della consulenza, il Pretore, con sentenza del 3-6- – 11-1981, respingeva la domanda, esonerando il Gufo dal pagamento delle spese processuali.

Avverso detta sentenza proponeva appello al Tribunale di Macerata Gufo Giulio, rilevando che la decisione del giudice di primo grado era stata fondata su di una consulenza criticabilissima, in quanto il c.t.u. aveva recepito gli accertamenti eseguiti dall’I.N.A.I.L. nella fase amministrativa e li aveva fatti suoi, senza effettuare altre analisi ed esami che pur si rendevano necessari, stante la contestazione in atto. Chiedeva, quindi, che si rimuovessero le indagini ai fini dello accertamento dei presupposti necessari per il riconoscimento della malattia professionale.

L’I.N.A.I.L., costituitosi, chiedeva la reiezione del gravame. Con sentenza del 3-3 – 20-3-82 il Tribunale respingeva l’appello e dichiarava non dovuto il pagamento delle spese del grado.

Ritenevano i giudici d’appello che era stato lo stesso assicurato a dichiarare al c.t.u. di essere affetto da “circa dieci anni” da bronchite cronica asmatica, con tosse, scarso espettorato e dispnea da sfogo; che, pertanto, la stessa anamnesi escludeva l’insorgenza in età giovanile della malattia, che è una delle caratteristiche principali della tecnopatia bronchiale; che, infine, sulla scorta delle indagini immunologiche non si era evidenziata alcuna positività del Gufo verso antigeni di natura tecnopatica professionale agricola; che, pertanto, trattavasi di infermità a patogenesi completamente spontanea e legate a fattori costituzionali dell’assicurato; né vi era necessità di rinnovare la indagine medico -legale.

Ricorre in Cassazione Gufo Giulio con unico complesso motivo. Resiste l’INAIL con controricorso, illustrato da memoria.

Motivi della decisione

Gufo Giulio denunzia la “violazione, falsa applicazione ed interpretazione degli artt. 3 e 211 del T.U. 1124 del 1965, con riferimento al n. 21 della tabella n. 5, allegata al detto T.U., nonché con riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 206 del 4.7.1974 ed all’art. 360 n.ri 3 e 5 del c.p.c. e conseguente erronea e contraddittoria motivazione”.

In particolare, il Gufo si duole che il Tribunale di Macerata abbia escluso che la riscontrata affezione possa farsi risalire ad inalazione di sostanze nocive tabellate, in base alla considerazione che la malattia è stata contratta da esso ricorrente in età non giovanile pur dopo un protratto esercizio del lavoro agricolo, e ciò senza tener conto che il fattore età non è determinante per le tecnopatie derivanti da meccanismi relativi per protratta esposizione al rischio; che, inoltre, i giudici di appello avevano escluso la natura professionale della malattia anche per la negatività delle indagini non potevano essere poste a base dell’adottata decisione, poiché fondate su documentazione di parte INAIL e poiché inidonee, comunque, ad escludere che la patologia non trovasse causa nelle “noxae” all’uopo tabellate, dovendosi, peraltro, tener presente il criterio presuntivo, insito nella normativa di legge e convalidato dalla decisione della Corte Costituzionale n. 206 del 1974, decisione

– secondo il ricorrente – ignorata dal Tribunale. In tali sensi il Gufo ravvisa violazione di norme di diritto e insufficiente, contraddittoria ed erronea motivazione della sentenza.

Il ricorso del Gufo non ha fondamento.

Premesso che la valutazione del nesso causale – ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 1124 del 1965 come più volte ha asserito questo Supremo Collegio, tra evento morboso e attività lavorativa esercitata, costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed incensurabile in questa sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. 4.7.1981 n. 4384; Cass. 10.3.1983 n. 1954; Cass. 4.5.1984 n. 6286), è da rilevare che l’impugnata sentenza, dalla quale il ricorrente dimostra di dissentire per non aver accolto le sue critiche al responso peritale, pone nel dovuto rilievo come il problema della eziopatogenesi sia stato affrontato e risolto dal consulente tecnico nominato in primo grado in modo scrupolosi e convincente, tant’é che non si è ravvisata alcuna necessità di rinnovo di consulenza in grado di appello. Infatti, a parere del Tribunale, che ha in motivazione riassunto il risultato delle indagini peritali, condividendole dopo attenta verifica, gli elementi anamnestici ed ambientali non potevano giustificare – nel caso di specie, il riconoscimento del carattere professionale della malatti del Gufo, poiché l’affezione bronchiale allo stesso riscontrata si era manifestata in età adulta (50 anni), dopo che l’assicurato medesimo aveva espletato fin dalla infanzia, e quindi per moltissimi anni, lavorazioni agricole che lo avevano esposto al rischio di inalare le sostanze patogene, senza che vi fosse stata, nel lungo periodo, una qualsiasi sensibilizzazione allergica del soggetto a quelle sostanze; e perché, d’altra parte, giusta le analisi eseguite, erano stati individuati fattori genetici non professionali della affezione in questione.

Ed è dato rilevare che proprio tali analisi, sia pur eseguite su istanza dell’INAIL ma in un centro specializzato – quale il Policlinico Gemelli di Roma – ed accuratamente valutate dal C.T.U. legittimano, con tutta certezza, a ritenere esclusa ogni positività del Gufo verso antigeni di natura tecnopatica professionale agricola, trattandosi di “infermità” a patogenesi completamente spontanea e legata a fattori costituzionali dell’assicurato.

Tale giudizio, che esclude la con-causalità di fattori “initativi”, suffraganti secondo il ricorrente l’ipotesi giustificativa di una insorgenza della tecnopatia anche in età avanzata, si palesa esente da qualsiasi incongruenza ed illogicità e sfugge, pertanto, ad ogni censura, non essendo consentita in sede di legittimità – come avanti si è detto – una nuova indagine per stabilire la validità scientifica della diagnosi e delle conclusioni del C.T.U.. Ritiene, quindi, la Corte che l’impugnata sentenza sia immune da vizi di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c..

Quanto alla censura afferente gli errori di diritto, va osservato che, contrariamente all’assunto del ricorrente, l’onere di provare il nesso causale tra una o più delle sostanze morbigene contemplate al n. 21 nella tabella n. 5 allegata al T.U. n. 1124 del 1965 e la malattia per la quale è prevista la tutela assicurativa grava sul lavoratore. E ciò conformemente al principio generale, sancito dall’art. 2967, primo comma, cod. civ., per il quale colui che afferma competenze un diritto deve dimostrare la sussistenza di tutte le condizioni sostanziali che sorreggono la sua pretesa (Cass. 11.5.84 n. 2908). Giusta la richiamata pronuncia della Corte Costituzionale n. 206 del 1974, invece, in virtù “della presunzione legale circa l’eziologia professionale” della malattia contratta nell’esercizio delle lavorazioni morbigene, il lavoratore è esonerato dalla dimostrazione che la malattia è stata contratta proprio a causa del lavoro svolto e non per cause ed in circostanze diverse. Di guisa che siffatta presunzione soccorre se ed in quanto la malattia di cui si tratta, spesso di natura comune (bronchite), abbia in sé quelle caratteristiche peculiari di tecnopatia che la distinguono da altre malattie, secondo quanto richiesto dalla vigente tabella delle malattie professionali, e cioé – nel caso in esame – di broncopneumopatia causata da “derivati dermici ed escrementi di animali; polveri di cereali; polveri di fieno; miceti”. Il che nella fattispecie è escluso dalle risultanze peritali.

Accedendo, per contro, alla tesi sostenuta dal ricorrente, si perverrebbe alla inaccoglibile conseguenza di dover ritenere incluse tra le broncopneumopatia indennizzabili, (quando vi sia stata esposizioni al rischio specifico), tutte le alterazione dell’apparato respiratorio, comunque originate, laddove si poteva ovviamente imprescindibile, in dipendenza della stessa normativa di legge che prevede la malattia “professionale”, una caratterizzazione in senso tecnopatico che valga a distinguere questa dalle altre affezioni comuni.

Dalle considerazioni sopra esposte emerge, quindi, che, nel caso di specie, il giudice d’appello ha fatto buon governo dalle disposizioni di legge vigenti, per cui non sussiste nella sentenza impugnata alcuna violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c..

Il ricorso del Gufo va, dunque, respinto.

Sussistono le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. c.p.c. per esonerare il ricorrente soccombente dal pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 29 aprile 1985.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 10 GENNAIO 1986