Svolgimento del processo

Con ricorso in data 9 aprile 1981 al Pretore di Reggio Calabria, Canale Consolata Maria esponeva che, quale infermiera professionale alle dipendenze del Policlinico Madonna della Consolazione di tale città, aveva chiesto il 24 settembre 1980 congedo per motivi di salute e che, ripreso il servizio il 6 ottobre, aveva contratto per contagio l’epatite virale ed era stata, quindi, costretta a farsi ricoverare presso gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria; che, denunciata immediatamente la malattia sia all’I.N.A.I.L. che alla direzione del Policlinico, l’ente assicurativo aveva indicato come giorno di ripresa dell’attività lavorativa il 22 gennaio 1981 al termine dei vari periodi di proroga della assenza stessa; che con nota datata 16 gennaio 1981 la direzione del Policlinico le aveva contestato una serie di addebiti, circa la mancata giustificazione delle assenze, che ella aveva respinto con nota del 22 gennaio 1981 perché infondati; che nonostante ciò era stata licenziata con lettera del 28 gennaio 1981 e decorrenza 28 febbraio successivo ; che ella aveva allora impugnato il licenziamento e tentato inutilmente la conciliazione della controversia davanti all’Ufficio provinciale del lavoro.

Pertanto la ricorrente chiedeva al Pretore di Reggio Calabria, in funzione di giudice del lavoro, di dichiarare nullo ed inefficace o quanto meno illegittimo perché intimato senza giusta causa o giustificato motivo il licenziamento adottato nei suoi confronti, condannando conseguentemente il Policlinico datore di lavoro a reintegrarla nel posto di lavoro ed a risarcirla dei danni dal licenziamento alla data della sentenza di reintegra.

L’Ente convenuto, costituitosi, contestava la domanda, deducendo che il licenziamento era stato legittimamente intimato ai sensi dell’art. 12, 3° capov. c. coll. 22 luglio 1980, in quanto la Canale non aveva giustificato la propria assenza dall’8 al 21 gennaio 1981, mancando la documentazione delle visite di controllo sino alla certificazione del 21 stesso.

Il Pretore, dopo l’acquisizione della documentazione relativa alla pratica per infortunio iniziata dalla Canale presso l’I.N.A.I.L., rigettava la domanda di questa con sentenza del 13 maggio 1982.

Su appello della stessa Canale, l’adito Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza in data 7 giugno – 7 luglio 1983, accoglieva il gravame, e, per l’effetto condannava il Policlinico a reintegrare la Canale nel posto di lavoro ed a risarcirla dei danni in misura pari alle mancate retribuzioni dovutele dalla data del licenziamento a quella dell’effettiva reintegra, nonché al pagamento degli interessi dalla data di maturazione dei crediti al soddisfo ed al maggior danno per svalutazione monetaria in conformità agli indici Istat, ed al pagamento, delle spese del doppio grado.

Il Tribunale, succintamente, riteneva che la assenza dal lavoro della Canale era risultata documentata, anche per il periodo 16-29 dicembre ‘980 e per quello successivo all’8 gennaio 1981, perché le comunicazioni dell’INAIL di richiesta di denuncia dell’infortunio di essa Canale e le certificazioni rilasciate dal medico dello stesso Istituto, a conclusione del periodo di assistenza e di controllo, e con possibilità di ripresa de servizio per la Canale dal 22 gennaio 1981, costituivano la giustificazione della malattia (epatite virale) da lei contratta il precedente 6 ottobre 1980.

Avverso tale sentenza il Policlinico ha proposto ricorso con due motivi; la Canale, intimata, non si è costituita.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, deducendosi il vizio di contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, e dopo aver analiticamente riportato le date e il contenuto delle varie certificazioni mediche agli atti, si assume che la ultima attestazione del medico dell’INAIL in data 20 gennaio 1981 riportava la dichiarazione della Canale di non essersi potuta presentare alla visita, già fissata per l’8 gennaio 1981, perché ammalata, e quindi conteneva la diagnosi di guarigione e la indicazione per la stessa di riprendere servizio il 22 gennaio 1981; si osserva che tale attestazione non poteva costituire una valida giustificazione dell’assenza della Canale dall’8 al 21 gennaio 1981; e si censurano altresì le affermazioni del Tribunale circa la piena validità ed efficacia delle certificazioni dell’I.N.A.I.L., mentre queste “costituiscono atti di conoscenza meramente dichiarativa non aventi valore costitutivo con funzione probatoria fino a prova contraria o querela di falso”, dato che la prova contraria era contenute negli stessi atti, inviati su ordine del magistrato dall’INAIL e dai quali risulta detta assenza della Canale (pag. 9 ricorso).

Il motivo è infondato. La dimostrazione della assenza giustificata fino al 21 gennaio 1981, da parte della Canale, è stata infatti dedotta esattamente dal Tribunale secondo la continuità della documentazione risultante dalle varie successive visite di controllo compiute, nei confronti della Canale, dai medici dell’INAIL, in ordine al decorso della forma di epatite virale da lei contratta in servizio. Di fronte alla natura dei detti documenti, provenienti da medici dipendenti dall’ente pubblico proposto alla tutela degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, e quindi estranei ad ogni sospetto di pur lieve accondiscendenzao favoritismo verso gli assicurati, dovendosi invece ritenere la effettiva obiettività di tali referti nello interesse sia dei dipendenti di tali referti nello interesse sia dei dipendenti che dell’Istituto assicuratore, non sono fondate le argomentazioni che invece sia possibile ammettere una prova contraria alla veridicità ed esattezza di dette certificazioni.

Ugualmente il rilievo che, fra le date dell’8 e del 21 gennaio 1981, la Canale non abbia dimostrato la fondatezza della propria assenza dal lavoro è ingiustificato; invero stante la natura della malattia da cui ella era affetta, la diagnosi concernente la permanenza, la decorrenza e la successiva graduale estinzione di essa era sempre possibile, pur nel caso che vi fosse un ritardo, da parte della Canale stessa, nel presentarsi alla visita di controllo alla scadenza già fissata. In tal senso, infatti, l’ultimo certificato dell’INAIL del 21 gennaio, in quanto concernente la diagnosi di guarigione e di possibilità di ripresa del lavoro da parte della Canale, è stato considerato valido per coprire anche il periodo di assenza della stessa dall’8 gennaio in poi, poiché esso è stato ritenuto come collegato a quelli relativi al pregresso “iter” dell’infermità”, e quindi suscettibile di confermare la permanenza dei connessi caratteri impeditivi del lavoro anche per il periodo dall’8 al 21 gennaio 1981.

Devesi, poi, aggiungere, che per tutto tale periodo l’ente datore di lavoro (come risulta dal proprio ricorso, (pag. 5-6) non ha ritenuto di porre in essere alcuna diretta al controllo delle condizioni di salute della Canale, sia pure ai sensi dell’art. 5 della L. 20.5.1970 n. 300; e pertanto, la certificazione esibita dalla Canale e proveniente dall’Istituto,che controllava la affezione (epatite) costituente una forma di infortunio, è stata esattamente ritenuta adeguata e sufficiente dal Tribunale per giustificare l’assenza della Canale stesa fino al gennaio 1981.

Con il secondo motivo, denunziandosi la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 L. 20 maggio 1970 n. 300, si sostiene che il Tribunale ha erroneamente liquidato come risarcimento alla Canale l’intero importo delle retribuzioni dal licenziamento alla riassunzione, in luogo del minimo di cinque mensilità, non avendo la dipendente fornito la prova di tale maggiore danno. Tale censura è fondata.

Ai fini della soluzione della presente controversia non è necessario esaminare la questione se il risarcimento del danno, conseguente, alla declaratoria di illegittimità del licenziamento del lavoratore, debba essere sempre limitato alle sole cinque mensilità previste come minimo dall’art. 18 della L. 20.5.1970 n. 300 oppure possa essere elevato oltre tale misura fino al totale delle mensilità di stipendio fra il licenziamento e la data della sentenza di reintegra del dipendente, e, soprattutto se, ai fini di tale maggiore importo, il lavoratore debba o meno fornire la prova del danno effettivamente subito. Invero deve pur sempre affermarsi l’obbligo del lavoratore di richiedere, insieme alla declaratoria di illegittimità di licenziamento, la liquidazione completa del danno nella misura eccedente le cinque mensilità fissate come importo minimo dalla legge. Ma, nella specie, la Canale nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado e poi anche nelle conclusioni di appello, che a quello si richiamavano, ha soltanto chiesto in modo generico il risarcimento del danno, e pur riferendolo al periodo fra licenziamento e reintegra, non ha svolto alcuna specifica ed esplicita domanda di danno per una entità superiore al minimo, e concretamente quantificabile nella stessa misura corrispondente al detto intervallo fra il recesso (28 febbraio 1981) e la sentenza di appello -7 giugno 1983).

Pertanto il giudice di appello, in difetto di esplicita e completa richiesta del detto maggior danno, non poteva procedere alla relativa liquidazione in misura superiore, ma doveva limitarsi ad attribuire le sole cinque mensilità fissate dall’art. 18 L. 300-1970, oltre interessi e rivalutazione per l’art. 429 C.P.C. Su tale punto la sentenza impugnata deve essere cassata; ed il giudice di rinvio, che si designa nel tribunale di Palmi, provvederà in tale senso alla riliquidazione del danno a favore della Canale.

Esso dovrà procedere anche alla liquidazione delle spese dell’intero giudizio, di merito e di legittimità, per effetto della pronuncia solo parziale di annullamento della sentenza impugnata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso; accoglie il secondo motivo dello stesso; cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Palmi per nuovo esame sul punto ed anche per la liquidazione delle spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, addì 22 aprile 1985.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 11 GENNAIO 1986