Svolgimento del processo

Il Pretore di Milano, adito per la convalida dello sfratto per morosità intimato dal locatore ALBERTO DE CASTIGLIONE alla locataria società SO.T.M., con provvedimento 17 dicembre 1981 (disattesa l’istanza di rilascio immediato) rimise le parti al Tribunale della stessa città competente per valore.

Con atto del 29 gennaio 1982 il DE CASTIGLIONE riassunse tempestivamente la causa e premesso: che il contratto di locazione, stipulato con decorrenza 1° luglio 1979, aveva ad oggetto un immobile urbano in Pioltello Limito, via Stazione n. 3, destinato ad uso diverso dall’abitazione; che la locataria già in precedenza aveva sanato la morosità per ben tre volte in sede giudiziaria; che successivamente aveva ritardato il pagamento dei canoni trimestrali anticipati 1° aprile-30 giugno 1981 e 1° luglio -30 settembre 1981; che nuovamente, per la quarta volta dall’inizio del rapporto, non aveva provveduto al tempestivo rituale pagamento del canone nei modi concordati e solo dopo l’intimazione di sfratto per morosità all’udienza del 15 dicembre 1981 tenuta davanti al pretore, aveva versato la rata trimestrale 1° ottobre-31 dicembre 1981 e le spese di registrazione, ma non gli interessi convenzionali (20%) benché fossero stati espressamente richiesti, relativi alla rata in questione e alle due precedenti assolte in ritardo; che ancora in ritardo aveva inviato il canone 1° gennaio-31 marzo 1982; iò premesso, chiese che il contratto di locazione venisse risolto per inadempimento della società locataria ai sensi dell’art. 1453 cod. civ., integrando gli estremi della gravità i frequenti ritardi ed i ripetuti inadempimenti eliminati soltanto dopo il promuovimento dell’azione giudiziaria.

Chiese, inoltre, che la So.T.M. fosse condannata al conseguente rilascio dell’immobile e al pagamento degli interessi scaduti, indicati in lire 454.860=, con anatocismo dalla domanda.

La convenuta si costituì in giudizio, negando di essere stata inadempiente.

L’adito tribunale rigettò la domanda di risoluzione del contratto, ma accolse quella di pagamento degli interessi compensativi di cui alla clausola contrattuale n. 6.

Su impugnazione principale della SO.T.M. e su quella incidentale del DE CASTIGLIONE, la Corte di Appello di Milano, con la sentenza qui in esame, modificava in parte la sentenza impugnata e dichiarava risolto per inadempimento della locataria in contratto de quo, confermando nel resto.

La Corte del merito perveniva a questa decisione dopo aver ritenuto ammissibile l’appello incidentale autonomo del locatore e dopo aver accertato che la società SO.T.M. aveva versato i canoni mediante assegno bancario, nonostante la diversa volontà espressa dal locatore, e in ritardo rispetto alle scadenze contrattuali.

Avverso questa sentenza, la società SO.T.M. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi.

L’intimato resiste con controricorso, formulando contestualmente ricorso incidentale.

Le parti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione

Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, che sono stati rubricati con numeri di ruolo diversi.

Con il primo motivo del ricorso, la SO.T.M. censura la Corte di Appello per aver ritenuto ammissibile l’appello incidentale proposto dal DE CASTIGLIONE nonostante che la comparsa, che conteneva detta impugnazione, fosse stata depositata in cancelleria in data 10.2.1984, quando l’appellante principale non si era ancora costituito. A parere della ricorrente, la comparsa andava notificata all’appellante principale entro il 10.2.1984, ultimo giorno utile per l’appello incidentale, che era autonomo e, quindi, doveva essere proposto entro 30 giorni dalla data (11.1.1984) della notifica della sentenza di primo grado.

Il motivo non ha pregio.

La giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 1446-81 e n. 5433-77) è nel senso che la comparsa contenente l’appello incidentale debba essere notificata all’appellante principale quando costui sia contumace.

La regola è giustificata dalla considerazione che, senza la notifica, l’esistenza dell’impugnazione incidentale non verrebbe mai a conoscenza (sia pure presunta) dell’appellante principale e ammettendo la validità di detta impugnazione non notificata, si violerebbe il principio del contraddittorio.

Orbene, nella fattispecie oggi in esame, l’appellante si è costituito, sia pure successivamente alla costituzione dell’appellato, nel termine a lui concesso dalla legge, sicché i presupposti sono ben diversi da quelli che giustificano l’indirizzo giurisprudenziale sopra accennato.

Invero, l’esigenza di portare l’appello incidentale a conoscenza dell’appellante non esisteva dato che quest’ultimo, all’atto della propria costituzione, era in grado di conoscere l’impugnazione principale e di svolgere le opportune difese.

Peraltro, esclusa l’esigenza di notifica per ragioni fondate sul principio del contraddittorio, non è accettabile la tesi della ricorrente secondo cui l’appello incidentale dovrebbe ritenersi inammissibile perché l’appellante principale non si era costituito, all’atto del deposito in cancelleria della comparsa di costituzione dell’appellato, contenente il gravame incidentale.

Invero, l’art. 343 c.p.c. non impone all’appellante incidentale di notificare alla controparte la detta comparsa e non si vede perché debba considerarsi tardiva una impugnazione, quando il suo autore compia, nei termini previsti, tutte le formalità richieste dalla legge.

Con il secondo motivo del ricorso, la SO.T.M. denuncia la sentenza impugnata per violazione di numerosi articoli del codice civile e per difetto di motivazione.

In particolare, la ricorrente osserva che la Corte di Appello ha basato la sua decisione sul presupposto che il pagamento era stato fatto con assegno, anziché in contanti, e sostiene:

a) – che questo presupposto è errato in diritto;

b) – che il contratto prevedeva, come sanzione per il ritardo nell’adempimento, interessi a notevole tasso e, quindi la sola conseguenza poteva essere il pagamento di questi, non anche la pronunzia di risoluzione;

c) – l’inadempimento del rateo di affitto scaduto il 1.10.1981 non sussisteva posto che il locatore ben avrebbe potuto riscuotere la somma portata dall’assegno, che gli era stato tempestivamente fatto pervenire dalla SO.T.M.

Osserva questa Corte che la tesi difensiva svolta, con questo mezzo, dalla ricorrente è basata, in relazione ai punti a) e c), sul principio che il pagamento del canone a mezzo di assegno bancario è legittimo, in ogni caso, e che non può costituire inadempimento.

Questa tesi non può essere condivisa perché, contrariamente all’assunto della SO.T.M., il locatario deve, se non sia diversamente previsto in contratto, versare il canone di locazione in contanti, altrimenti deve considerarsi inadempiente (giurisprudenza costante; da ultimo: cassaz. 20.1.1986, n. 345).

E’ il caso di precisare che non sono espressione di opposto indirizzo le due sentenze di questa Corte citate dalla ricorrente.

Invero, la sentenza n. 3771-80, stabilisce, come risulta inequivocabilmente dalla motivazione, che il pagamento del canone per mezzo di assegno bancario è legittimo solamente se tra le parti si è instaurata una prassi del genere.

La sentenza n. 5310-80, poi, ribadisce che il pagamento fatto con mezzo diverso da moneta avente corso legale costituisce inadempimento, e aggiunge solo che la risoluzione del contratto di locazione può aver luogo se l’inadempimento è colpevole e di non scarsa importanza, richiamando, con tale puntualizzazione, principi generali in tema di risoluzione dei contratti.

Orbene, la Corte del merito ha accertato che la SO.T.M. ha versato i canoni con assegno e ha, pervicacemente, continuato in questa pratica, nonostante reiterate diffide del locatore.

Quanto, infine, alla censura sub b), basta rilevare che la risoluzione per inadempimento avrebbe potuto essere esclusa solo in presenza di patto espresso, che la ricorrente neppure menziona.

Pertanto, la sentenza impugnata, che si è attenuta a corretti principi di diritto, non merita le censure mossele con il mezzo in esame.

Con il terzo mezzo, la SO.T.M. lamenta che i giudici del merito abbiano accertato se l’inadempimento fatto valere dal DE CASTIGLIONE fosse attuale al momento della proposizione della domanda giudiziale di risoluzione e denuncia, per questa ragione, la sentenza impugnata sotto il profilo di violazione dell’art. 1453 c.c. e sotto quello di omessa motivazione.

Il motivo è inammissibile perché la SO.T.M. propone con esso una questione non sollevata nel giudizio di merito.

Infatti, nelle difese della società locataria formulate in grado di appello non vi è traccia di contestazione al riguardo.

Con il quarto motivo, la ricorrente si duole che la corte di appello abbia ritenuto inapplicabile alla fattispecie, riguardante locazione di immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo, l’art. 55 primo comma della legge n. 392-78, sotto il profilo che tale normativa riguarderebbe solo gli immobili destinati ad uso abitativo.

Osserva questa Corte che la doglianza è fondata perché la mancanza di qualsivoglia incompatibilità di ordine logico e la mancanza di limitazioni nel testo legislativo escludono l’applicabilità della normativa nel senso indicato dai giudici di merito (da ultimo: cass. 4799-86).

Tuttavia, l’errore di diritto comporta nella specie la semplice correzione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 384, 2° comma, c.p.c. -. Invero la Corte di Appello ha accertato, con la sua sentenza, che la locataria ha corrisposto per quattro volte il canone soltanto in seguito ad azione giudiziaria, e questo accertamento permette a questa Corte, da un canto, di affermare che non sussistevano i presupposti per l’applicazione della norma invocata dalla ricorrente e, dall’altro, di constatare che il dispositivo della decisione impugnata è conforme a diritto.

Quanto al ricorso incidentale, esso va dichiarato inammissibile perché proposto da una parte che era totalmente vittoriosa in grado di appello.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente a rimborsare le spese del giudizio alla controparte.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso proposto dalla società SO.T.M. e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna la ricorrente a rimborsare alla controparte le spese del giudizio di cassazione in L. 74.100= nonché le spese, che vengono liquidate in L. 1.500.000.= (unmilionecinquecentomila).
Roma, lì 7.10.1987.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 21 SETTEMBRE 1988