Svolgimento del processo

Con ricorso dell’8 giugno 1981 al pretore di Potenza, Diego Visco chiedeva la condanna del suo ex datore di lavoro Consorzio agrario regionale della Lucania al pagamento della complessiva somma di L. 36.689.568 a titolo di risarcimento danni in forza della condanna generica pronunciata dalla C.A. Napoli con decisione passata in giudicato.

Il Pretore in accoglimento della domanda, accertava il creditore di Visco in L. 22.743.421 oltre alla svalutazione ed interessi in L. 9.560.334 quello del Consorzio, opposto in compensazione; ma il Tribunale, in parziale riforma della decisione, condannava il consorzio a pagare a favore del Visco L. 831.680 oltre alla svalutazione ed agli interessi.

Rigettata l’eccezione di incompetenza del giudice di lavoro perché coperta da giudicato, il Tribunale riteneva non fondato l’appello del consorzio nella parte in cui esso sosteneva la “novità” della domanda del Visco tesa ad ottenere la liquidazione dei “danni indiretti” subiti per effetto del protesto di una cambiale; e spiegava che la stessa doveva ritenersi compresa nella più ampia richiesta di risarcimento dei danni, soltanto ripetuta dinanzi al pretore di Napoli (dichiaratosi poi incompetente) ma avanzata nei confronti del consorzio fin dalla costituzione nel giudizio promosso da Semmola Teresa davanti al Tribunale di Napoli.

In conseguenza di ciò rigettava il terzo motivo del gravame relativo alla prescrizione del diritto ai danni suddetti in quanto basata sull’erroneo presupposto che gli stessi fossero stati richiesti per la prima volta dinanzi al suddetto pretore.

In merito all’ambito del giudicato in base al quale il Visco aveva chiesto la liquidazione dei danni in questione osservava che dalla corte di appello di Napoli, con decisione 16 febbraio 17 giugno 1972, era stata affermata la colpa del consorzio limitatamente alla risoluzione del rapporto di lavoro ( e dalla violazione dell’obbligazione assunta di rinnovare il contratto fino al 31 dicembre 1956) e che in relazione al deciso era stata altresì pronunciata condanna generica al risarcimento danni da liquidarsi in separata sede, sicché appariva fuor di dubbio che nella stessa non fosse contenuto alcun accenno in ordine all’arbitrario protesto della cambiale con scadenza 31 dicembre 1952, di cui il consorzio si sarebbe reso responsabile. E per i suddetti motivi dissentiva dall’opinione del pretore secondo cui i danni indiretti erano compresi nella precedente condanna generica.

Sempre in contrario avviso alla decisione pretorile osservava inoltre non potersi ravvisare alcun nesso di causalità tra il protesto della cambiale in questione fatto elevare dal consorzio ed il mancato reperimento di un posto di lavoro da parte del Visco essendo risultato che a carico dello stesso erano stati levati altri protesti anche di modico importo (ed accoglieva quindi l’appello del consorzio).

Rigettava l’appello nella parte in cui si sosteneva che i danni “diretti” erano dovuti fino al 31 dicembre 1953 e non già fino al 1956 avendo la Corte d’appello di Napoli accertato che rapporto non poteva ritenersi risolto al 31 dicembre 1952 (e quindi prorogato fino al 1956) e riteneva in conseguenza fondata la censura relativa al calcolo delle spese che il Visco avrebbe sostenuto se il rapporto fosse continuato fino al 1956.

In accoglimento del sesto motivo del gravame di consorzio procedeva alla rivalutazione delle somme ad esso spettanti a titolo di pagamento delle cambiali ed operava la compensazione ritenendo che il credito suddetto e quello del Visco avessero origine da uno stesso rapporto.

Dichiarava assorbito il settimo motivo del ricorso principale e fondato il ricorso incidentale del Visco in merito alla Quantificazione dei danni diretti operata dal Pretore; infondata la doglianza relativa al criterio per determinare le spese da portare in detrazione assorbita quella relativa agli interessi ed infine infondata l’ultima relativa all’anatocismo perché non estensibile ai debiti di valore.

Avverso la decisione Diego Visco ha proposto ricorso per cassazione ed il consorzio ricorso incidentale condizionato.

Motivi della decisione

I due ricorsi vanno preliminarmente riuniti ex art. 335 c.p.c.. Con il primo motivo del ricorso principale Diego Visco denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1223 c.c.; 324 c.p.c.; motivazione incongrua ed insufficiente ( art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.).

Deduce che il Tribunale, nell’interpretare il giudicato esterno (sentenza C.A. Napoli) con il quale era stata esclusa ogni sua colpa idonea a giustificare la risoluzione del contratto da Parte del Consorzio, erroneamente ha ritenuto che in esso non fosse compreso anche il danno indiretto a lui derivato dall’arbitrario protesto di una cambiale a richiesta del Consorzio.

Il giudicato, al contrario, doveva necessariamente comprendere anche la suddetta circostanza.

Con il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c.; omessa insufficiente e contraddittoria motivazione e deduce che erroneamente il Tribunale ha escluso il nesso di causa tra il protesto della cambiale ed il mancato reperimento di un posto di lavoro.

Non ha considerato che l’illecito protesto era stato finalizzato del Consorzio alla successiva colposa risoluzione del rapporto.

Con il terzo motivo denunzia ancora violazione dell’art. 1223 c.c; dell’art. 1241 c.c. e dei principi che regolano la compensazione; motivazione insufficiente ed incongrua e deduce che il Tribunale, al fine di operare la compensazione, erroneamente ha ritenuto che i rispettivi crediti avessero avuto origine da un rapporto unico. Non ha considerato che il suo credito aveva natura risarcitorio e quello del consorzio derivava dall’inadempimento (mancato pagamento di una cambiale).

I tre suddetti motivi, tra loro logicamente connessi, sono infondati.

Osserva innanzitutto il collegio che il ricorrente, attraverso la ricostruzione in fatto delle ultime vicende che dettero luogo alla risoluzione del contratto per colpa giudizialmente accertata a carico del consorzio, tende a dare la dimostrazione – inammissibile in questa sede – che il protesto della cambiale in discussione, in quanto da lui regolarmente pagata, costituisce palese dimostrazione dell’illecito comportamento del consorzio e che in esso deve essere ricondotto altresì l’illecito protesto della cambiale.

Sul piano logico, poi, l’impugnata decisione non è affetta da vizi, in quanto l’individuazione dei limiti del giudicato esterno è stata fatta dal Tribunale di Potenza con motivazione congrua nella quale con chiarezza è stato evidenziato come la C.A. di Napoli aveva “affermato che la colpa del consorzio, per quanto concerne la risoluzione del rapporto di lavoro con il Visco Diego, è consistita nel proporre una unilaterale modificazione dei patti contrattuali in danno del Visco stesso” con la “conseguente violazione dell’obbligo di rinnovare il contratto fino al 31 dicembre 1956”.

Né è possibile ravvisare nella sentenza impugnata l’errore di non aver intuito che nell’affermata responsabilità del consorzio avrebbe dovuto essere ritenuta implicito anche l’arbitrario protesto ciò in quanto appare manifesto nella motivazione, censurata a torto dal Visco, che il fatto generatore della responsabilità suddetta era consistito nella pretesa di modificare unilateralmente i patti contrattuali e che nel giudicato esterno “nessun accenno vi è, nemmeno in fatto, in ordine all’arbitrario protesto della cambiale con scadenza al 31 dicembre 1952”.

Discende in maniera chiara da quanto sopra detto che la pretesa responsabilità del consorzio in ordine al dedotto illecito protesto non poteva essere ritenuta oggetto del giudizio di cui alla decisione della Corte d’appello di Napoli invocata dal Visco a sostegno dei danni che, successivamente al 1952, gli sarebbero derivati per la distruzione della sua immagine professionale.

Peraltro, esclusa l’esistenza nel giudicato di una generica condanna ai danni per il periodo suddetto, il tribunale ha del pari esaminato il problema della causalità tra il protesto e l’allegata mancata possibilità di reperire un posto di lavoro fino al 1962.

In proposito, il collegio deve osservare che di codesto problema il Tribunale si è fatto carico non già per sorreggere il dispositivo, reso sull’accertata inesistenza – nell’invocato giudicato esterno- della condanna generica al risarcimento dei danni “indiretti” vantati dal Visco, ma soltanto “per mera ipotesi dialettica” come lo stesso Tribunale ha avuto cura di avvertire.

Si tratta perciò di considerazione ultronea in quanto ad essa è estranea alla ratio decidendi essa non è suscettibile di censura in sede di legittimità.

I crediti del Visco sono stati accertati dal Tribunale, com’era ovvio, tenendo presente la suddetta realtà giuridica e non sembra condivisibile la censura da lui mossa in ordine alla compensazione operata con i crediti del consorzio. Il tribunale ha spiegato con chiarezza che la compensazione era possibile in quanto atecnica, trattandosi di rapporti di dare avere riferibili alla fonte comune costituita dalla convenzione tra il Visco ed il consorzio di cui al rogito Scardaccione in data 3 marzo 1952.

La decisione del Tribunale è basata sul presupposto che proprio la C.A. di Napoli aveva statuito non potersi ritenere risolto al 31 dicembre 1952 il contratto di lavoro e che esso doveva, in conseguenza, ritenersi prorogato fino al 1956, sicché unica era la fonte dei rapporti economici; ed è percio da respingere la protesta del Visco circa la diversa interpretazione di quel giudicato mentre rimane ferma l’accertata dipendenza dalla citata convenzione dei crediti vantati rispettivamente dai due contendenti in forza di un unico rapporto.

Per le sue esposte ragioni vanno quindi rigettati i motivi ora esaminati.

E’ invece fondato il quarto motivo con il quale il Visco, denunziando violazione degli artt. 1223 e 1218 c.c.; omesso esame di un punto decisivo della controversia; motivazione omessa insufficiente o contraddittoria, deduce che erroneamente il Tribunale ha ritenuto assorbita la sua doglianza relativa alla decorrenza degli interessi.

Premesso che il Pretore aveva fissato la decorrenza degli interessi dal 1 gennaio 1957 per il periodo 1952-1956 e dal 1 gennaio 1963 per il periodo 1957-1963, la censura del Visco avrebbe dovuto essere comunque esaminata in quanto, pur se in misura ridotta, era rimasto comunque accertato un credito in ordine al quale dal pretore era stato fissato un termine di decorrenza non coincidente con le singole scadenze. Dal giudice di rinvio dovrà quindi essere esaminata – nei limiti del dedotto- la suddetta questione relativamente al periodo in cui si sono maturati gli accertati crediti del Visco.

Con il quinto motivo egli denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223 e 1283 c.c., omessa insufficiente e contraddittoria motivazione e deduce che il Tribunale ha erroneamente rigettato la sua domanda relativa sugli interessi che ha confuso con gli interessi compensativi.

Il motivo è infondato in quanto il tribunale non ha affatto operato la suddetta confusione ma, al contrario, si è chiaramente occupato della domanda degli “interessi sugli interessi” come facilmente rilevabile dalla motivazione della sentenza censurata.

Ed anzi l’ha rigettata con l’argomento non sottoposto a censura, della loro incompatibilità con i debiti di valore.

In quanto condizionato all’accoglimento dei motivi del ricorso principale aventi ad oggetto il vantato diritto ai danni indiretti nonché la compensazione dei reciproci debiti – motivi tutti rigettati- deve essere dichiarato assorbito il ricorso incidentale (relativo alle eccezioni di decadenza e di inammissibilità della domanda tesa all’accertamento dei danni indiretti nonché alla compensazione operata dal Tribunale.

La impugnata decisione deve essere in conclusione cassata in relazione al motivo accolto ed il processo va rinviato ad altro giudice, il quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

riunisce i ricorsi; accoglie il quarto motivo del ricorso principale, rigetta gli altri e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Cassa la decisione impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia il processo al Tribunale di Melfi il quale provvederà anche in ordine alle spese di questo giudizio.
Roma, 4 novembre 1986.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 11 GIUGNO 1987