Svolgimento del processo

Con citazione del 30 settembre 1976, Semeraro Domenico chiedeva al Tribunale di Busto Arsizio la condanna della convenuta Colombo Giovanna Carla a risarcirgli il danno subito il 7 gennaio 1976 in conseguenza della condotta colposa della stessa convenuta, la quale alla guida di una autovettura aveva proceduto al sorpasso di altro veicolo mentre dalla opposta direzione proveniva esso istante (alla guida dell’auto di proprietà della madre Vitale Vita) che per evitare lo scontro aveva sterzato finendo così contro un palo con l’auto che era rimasta gravemente danneggiata.

La convenuta eccepiva la carenza di legittimazione “ad causam” in capo al Semeraro non essendo questi proprietario dell’auto; deduceva poi che l’evento era avvenuto con modalità diverse e che comunque non sussisteva nesso causale fra la circolazione del proprio veicolo e l’evento stesso.

Interveniva volontariamente in causa la Vitale.

Il Tribunale rigettava la domanda del Semeraro per carenza di legittimazione non avendo lo stesso provato di aver pagato il costo delle fatture per la riparazione dell’auto e dichiarava inammissibile l’intervento della Vitale.

Proposto appello dai soccombenti la Corte d’Appello di Milano con sentenza 19 aprile – 26 luglio 1985, rigettava i gravami.

Per quanto interessa, prometteva che le doglianze degli appellanti muovevano dal presupposto che si versasse nella specie in ipotesi di obbligazione solidale attiva, traendone che era legittima la richiesta risarcitoria del Semeraro quand’anche la spesa per la riparazione del mezzo fosse stata sopportata dalla Vitale e che comunque era giustificato l’intervento adesivo dipendente della proprietaria dell’auto.

Osservava quindi che si fosse trattato di ipotesi di solidarietà attiva, l’intervento del creditore solidale si sarebbe qualificato come “adesivo autonomo” e non come “adesivo dipendente”; sicché mancando in assoluto l’interesse per l’intervento “adesivo dipendente”, doveva confermarsi il giudizio dato sul punto dal primo giudice.

Osservava altresì che era infondata la tesi della solidarietà, posto che né la volontà delle parti né la legge potevano venire in considerazione e considerato che la presunzione nella specie non operava; sicché non è corretto dire che siccome il conducente è legittimato ad agire per ottenere il risarcimento danni in virtù del rapporto di fatto con l’autovettura, la domanda risarcitoria può indifferentemente essere proposta dal conducente come da proprietario; vero è al contrario, che per lo stesso titolo essi non possono agire contestualmente e neppure separatamente, l’azione essendo data a quello dei due che abbia sopportato il danno; sicché se la spesa per la riparazione del mezzo è stata sostenuta dal proprietario non si vede come per ottenere il rimborso possa agire il conducente, non potendo questi all’evidenza addurre di aver riportato il danno.

Concludeva, la Corte, che nella specie il Semeraro aveva agito quale conducente per ottenere il rimborso della spesa, affrontata dalla proprietaria per quel che emergeva dalle fatture le cui risultanze la parte avrebbe potuto peraltro contrastare ma non lo aveva fatto – per cui non poteva per certo a ragione affermare di aver risentito un danno; correttamente pertanto il primo giudice aveva fatto – per cui non poteva per certo a ragione affermare di aver risentito un danno; correttamente pertanto il primo giudice aveva respinto la domanda del Semeraro per non avere dato la prova di aver riportato un danno.

Avverso la sentenza della Corte hanno proposto ricorso per cassazione il Semeraro e la Vitale. La Colombo resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si denuncia omessa motivazione sulla eccezione formulata dalla difesa dell’appellata circa la omessa comunicazione del sinistro alla Compagnia di assicurazione da parte del Semeraro.

Si deduce che l’eccezione è stata resistita dagli appellanti perché infondata essendo in atti la prova documentale della comunicazione fatta e dalla Vitale e da Semeraro; ha interesse quest’ultimo all’esame dell’eccezione che la Corte d’Appello ha del tutto omesso, anche per una diversa valutazione in ordine alla sua totale o parziale soccombenza ai fini della liquidazione delle spese.

Rileva la Corte che tale motivo è inammissibile. Invero la parte non ha interesse a dolersi della omessa pronuncia del giudice su una istanza (domanda, eccezione o altra richiesta) proposta da parte avversaria.

Con il secondo motivo si denuncia omessa motivazione sulla dedotta legittimazione ad agire del Semeraro quale conducente dell’auto e quindi a pretendere il risarcimento del danno.

Si deduce che il Semeraro, anche con precisi richiami a decisioni della Suprema Corte (sentenza n. 6103 del 1981), ha sostenuto il suo diritto ad ottenere il risarcimento dei danni prescindendo dalla prova dell’avvenuto versamento dell’importo di essi a chi ha effettuato le riparazioni, laddove siano certe e la responsabilità della convenuta, e la sussistenza del danno nell’importo che si è preteso; è infatti del tutto irrilevante la prova dell’effettivo esborso perché, altrimenti, in tutti i casi in cui la parte non è in grado di anticipare l’importo dovuto o si procede solo in forza di preventivi, la domanda di risarcimento dovrebbe essere respinta; la legittimazione del Semeraro e quindi il suo diritto al risarcimento discendeva solo dal fatto che egli era conducente del mezzo investito, come tali il soggetto passivo dell’azione ingiusta posta in essere dalla Colombo, e quindi il danneggiato. Non senza osservare – si aggiunge – come egli, che aveva in custodia o affidamento l’auto della madre, sarebbe stato tenuto pur sempre a rispondere del danno e quindi legittimato a pretenderlo dal responsabile di esso; la Corte sulla rivendicata legittimazione del Semeraro non ha speso una parola, né certo è sufficiente il richiamo generico acritico ed impersonale alla motivazione addotta da primo giudice.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ha già statuito che non il solo proprietario, ma anche chi del veicolo abbia avuto nel momento del sinistro la disponibilità e sia tenuto a restituirlo integro al proprietario è legittimato ad ottenere il risarcimento dei danni subiti dall’autoveicolo in un incidente stradale; ma per l’accoglimento della sua domanda è necessario che egli provi di aver sostenuto le spese per la riparazione (Cass. n. 2329 del 1976; n. 4869 del 1979).

In proposito si impongono tuttavia precisazioni.

In ipotesi di detenzione per diritto personale di godimento con obbligazione di restituzione debba cosa integra, il sinistro può influire sull’inadempimento della obbligazione di restituzione.

E se in base all’art. 1218 cod. civ. è dimostrata la causa non imputabile al debitore sussistendo la colpa esclusiva del terzo nella causazione da sinistro, sussiste il diritto del proprietario al risarcimento del danno nei confronti del terzo; se invece la causa è imputabile al debitore in parte per sua colpa concorrente, il debitore medesimo, dovendo risarcire il danno al proprietario, ha azione nei confronti del terzo danneggiante, sempreché il proprietario gli abbia richiesto ed abbia ottenuto il risarcimento nei limiti del concorso di colpa del terzo.

Alla stregua di tali principi il dispositivo della sentenza impugnata appare comunque conforme a diritto.

Con l’ultimo motivo si denuncia errata applicazione della legge con riferimento all’art. 1292 cod. civ.

Si deduce che la Corte d’Appello si è limitata a disquisire sulla natura dell’intervento della Vitale; quale esso fosse, adesivo o autonomo, per giusta o errata che fosse l’indicazione del difensore, in effetti non rileva perché il “nomen iuris” va dato dal giudice; rilevava invece, e la Corte non ha accolto l’eccezione, che o si riteneva giustamente proposta la domanda dal Semeraro e quindi l’intervento della Vitale, sul punto in cui riconosceva che le riparazioni erano state da lui pagate (ed a nulla rileva la formale intestazione della fattura, poiché la disponibilità di essa era certamente del Semeraro che l’ha prodotta) era adesivo a quella, oppure si riteneva che non essendo provato il pagamento della fattura il Semeraro non avesse la legittimazione e che questa spettasse solo alla Vitale, ed allora il suo intervento doveva qualificarsi autonomo ed esaminare soltanto la eccezione di prescrizione accolta dal primo giudice, eccezione infondata.

Pure tale motivo è infondato.

I ricorrenti vanamente pretendono una qualificazione dell’intervento spiegato dalla Vitale in base all’alternativa che pongono.

E del resto, non muovono censure in ordine alla qualificazione dello intervento stesso come adesivo dipendente, operata dal giudice d’appello in base alla interpretazione del contenuto dell’atto con cui è stato spiegato l’intervento.

Pertanto il ricorso va rigettato. Consegue la condanna alle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese in L. 30.800 oltre L. 900.000 (novecentomila) per onorario.
Così deciso in Roma il 20 settembre 1989.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 20 FEBBRAIO 1991.