Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 6 luglio 1973 Josef Gotsch – premesso che con rogito 12 settembre 1972 Valentin Schwienbacher aveva venduto ad Arthur Lesina Debiasi il maso chiuso “Klausen” confinante con un fondo di proprietà dell’istante in territorio del comune di Naturno, senza metterlo in condizione di esercitare il diritto di prelazione spettantegli in forza della legge 14 agosto 1971 n. 817 – convenne avanti al Tribunale di Bolzano l’acquirente, chiedendo che fosse dichiarato il suo diritto a riscattare il maso chiuso al prezzo di L. 11.500.000, risultante dal rogito e da lui depositato in un libretto di risparmio al portatore, con la conseguente pronuncia di sentenza avente l’effetto del trasferimento della proprietà in suo favore.

Il convenuto, costituitosi, chiese il rigetto della domanda e, previa autorizzazione, chiamò in causa il venditore per essere lui risarcito, in caso di accoglimento della domanda attrice, del danno rappresentato dalla perdita di L. 24.500.000 pari alla differenza fra la somma offerta dal retraente e l’effettiva somma versata (L. 36.000.000).

Lo Schwienbacher rimase contumace.

A sua volta l’attore, previa autorizzazione, chiamò in causa Josef Gorfer, mezzadro del maso chiuso, chiedendo che fosse accertata l’inesistenza di qualsiasi diritto del medesimo sul fondo con la condanna dello stesso al rilascio del terreno. Il Gorfer, costituitosi, dedusse l’esistenza di un rapporto di affitto soggetto a proroga legale, il cui accertamento spettava alla Sezione Specializzata Agraria. Nella causa intervenne volontariamente Martha Platzgurmmer Gorfer la quale – deducendo di essere proprietaria di un fondo confinante con il maso “Klausen” e di non aver potuto esercitare il diritto di prelazione – chiese l’accertamento del proprio diritto di riscatto dietro pagamento del prezzo di L. 43.000.000 che dichiarò di offrire al retrattato.

Il Tribunale di Bolzano, con una prima sentenza 29 aprile 1976, ritenuto che il Gotsch non aveva effettuato il pagamento del prezzo nel termine perentorio previsto dalla legge, rigettò le domande dal medesimo proposte contro il Lesina Debiasi e contro il Gorfer e dichiarò cessata la materia del contendere tra il Lesina Debiasi e lo Schwienbacher. Quindi, lo stesso Tribunale, con successiva sentenza del 27 gennaio 1977, rigettò anche la domanda di riscatto proposta dalla Platzgummer per mancato versamento del prezzo nel termine di legge.

Le impugnazioni proposte contro tali sentenze, rispettivamente, dal Gotsh e dalla Platzgummer vennero respinte dalla Corte d’appello di Trento con decisione in data 5 agosto 1977.

I soccombenti proposero separati ricorsi per cassazione e questa Corte, con sentenza 24 marzo 1980 n. 1964, l’accolse entrambi sul rilievo che nelle more del giudizio era entrata in vigore la legge interpretativa 8 gennaio 1979 n. 2 il cui articolo unico – nel disporre che la disciplina relativa al versamento del prezzo di acquisto prevista dal sesto e dal settimo comma dell’art. 8 legge 26 maggio 1965 n. 590 si intende riferita anche ai casi di riscatto del fondo – statuisce che i termini decorrono dalla comunicazione scritta dell’adesione del terzo acquirente o del successivo avente causa alla dichiarazione di riscatto oppure, ove sorga contestazione, dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il diritto.

Questa Corte, quindi, cassò la sentenza impugnata e rinviò la causa alla Corte d’Appello di Brescia per la pronuncia su tutte le questioni non esaminate dai giudici di secondo grado perché assorbite dalla decisione adottata.

Riassunta la causa avanti al giudice di rinvio, la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza 7 maggio 1981, respinse le domande proposte dal Gotsch e dalla Platzgummer nei confronti del Lesina Debiasi, disattendendo così i rispettivi appelli, e dichiarò inammissibile la domanda del Gotsch contro il Gorfer. Osservò, innanzi tutto, la Corte di merito che l’eventuale vendita di apprezzamenti di terreno, da parte del Gotsch, nell’anno 1980 non rappresentava un ostacolo all’esercizio del diritto di riscatto in quanto i relativi requisiti è sufficiente sussistano al momento della dichiarazione che determina il subingresso del retraente al posto dell ‘originario compratore. Quanto alla prevalenza dell’una o dell’altra domanda di riscatto, ritenne la Corte di Brescia – con riferimento a due pronunce di questa Suprema Corte emesse nell’anno 1980 – che il mancato esercizio congiunto del diritto di riscatto da parte dei confinanti rendesse inammissibile le domande. Infine, in ordine all’istanza del Gotsch volta ad ottenere la dichiarazione di insussistenza del rapporto di affitto in favore del Gorfer (esaminata solo ai fini del regolamento delle spese), osservò che la pronuncia della Corte d’Appello di Trento di nullità della chiamata in causa del predetto Gorfer non era stata oggetto di ricorso per cassazione, per cui doveva ritenersi che fosse passata in giudicato.

Avverso tale sentenza hanno proposto separati ricorsi per cassazione il Gotsch con quattro motivi e la Platzgummer con due mezzi. Il Gotsch resiste con controricorso al gravame di costei. La Platzgummer, il Gorfer ed il Lesina De Biasi resistono, con separati controricorsi, all’impugnazione del Gotsch. Le parti hanno anche presentato memorie illustrative.

Motivi della decisione

Preliminarmente, a sensi dell’art. 335 c.p.c., va disposta la riunione dei ricorsi proposti avverso la medesima sentenza.

I quattro motivi di ricorso del Gotsch sono così articolati:

1) violazione degli artt. 7 e 8 legge 14 agosto 1971 n. 817, degli artt. 12, 13 e 14 delle preleggi nonché degli artt. 1324 e 1344 cod. civ. per avere la Corte di Brescia erroneamente proceduto all’integrazione della disciplina del riscatto agrario con l’applicazione analogica a questo istituto della norma di cui all’art. 8, nono comma, della legge 26 maggio 1965, n. 590 mentre, in mancanza dell’esercizio congiunto del diritto di riscatto da parte dei proprietari confinanti, andava privilegiata la prima offerta in ordine di tempo fatta appunto da esso Gotsch;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 8 legge 14 agosto 1971 n. 817 in relazione all’art. 294 cod. proc. civ. per avere la Platzgummer esercitato il diritto di riscatto oltre il previsto termine di un anno: a) perché l’atto di compravendita intercorso fra lo Schwienbacher ed il Lesina De Biasi fu trascritto nel libro fondiario il 6 ottobre 1972 ed il retratto fu esercitato dalla Platzgummer solo in data 11 ottobre 1973, cioé all’udienza nella quale costei fece atto di intervento nel giudizio, chiedendo il riconoscimento del preteso diritto; b) perché la dichiarazione di retratto, che è negozio unilaterale recettizio, non fu comunicata alle altre parti;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., per l’inosservanza, da parte della Corte di Brescia, del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione che aveva devoluto al giudice di rinvio sia le domande riguardanti il rapporto del chiamato in causa Josef Gorfer (che pertanto la Corte bresciana non poteva ritenere inammissibili per la mancata proposizione di un motivo di ricorso contro la sentenza della Corte di Appello di Trento) sia la questione dell’ammissibilità, o meno, del riscatto del maso chiuso;

4) violazione e falsa applicazione degli artt. 2652 e 2653 n. 3 cod. civ., con riferimento all’art. 2644 stesso codice, nonché violazione dell’art. 2 R.D. 28 marzo 1929 n. 499 (modificato dalla legge 29 ottobre 1974 n. 594) in relazione ai successivi artt. 31 e 33, essendo avvenuta l’annotazione della domanda di riscatto del ricorrente in data 23 luglio 1973 con priorità, quindi, in virtù dell’efficacia costitutiva del sistema tavolare, sul retratto esercitato dalla Platzgummer, che non aveva provveduto ad annotare la propria domanda.

Con i due motivi di ricorso la Platzgummer, rispettivamente, denuncia:

la violazione ed erronea applicazione degli artt. 105, 170, 267 cod. proc. civ. per avere la Corte di Brescia ritenuto che la Platzgummer fosse intervenuta nel giudizio davanti al Tribunale di Bolzano alla prima udienza dell’11 ottobre 1973, mentre la stessa si era costituita in cancelleria il 3 ottobre 1973 col deposito di un atto equivalente alla citazione, che doveva intendersi comunicato alle altre parti ad ogni effetto (primo motivo); La violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge 14 agosto 1971 n. 817 in relazione all’art. 8, comma nono, della legge 26 maggio 1965 n. 590 nonché violazione degli artt. 12, 13 e 14 delle preleggi e 1324, 1344 cod. civ. per avere la Corte d’Appello di Brescia applicato analogicamente all’istituto del riscatto agrario esercitato dai proprietari la norma di cui all’art. 8, comma nono, della legge 26 maggio 1965 n. 590, riguardante una situazione del tutto diversa, mentre nel caso in esame avrebbe dovuto darsi la prevalenza alla domanda di riscatto accompagnata dall’offerta del prezzo più alto (secondo motivo).

Come risulta dalla panoramica delle censure formulate da entrambi i ricorrenti, il Gotsch e la Platzgummer concordano nel criticare – rispettivamente col primo e col secondo mezzo – la decisione della Corte d’Appello di Brescia per avere ritenuto inammissibili le domande di riscatto da loro proposte quali coltivatori diretti, proprietari di terreni confinanti con il maso chiuso venduto al Lesina De Biasi, in quanto domande non formulate congiuntamente dagli aventi diritto; i ricorrenti, tuttavia, propongono criteri diversi per l’attribuzione a ciascuno di essi della proprietà esclusiva del fondo “Klausen”, assumendo entrambi di avere diritto di prevalenza sulla contrastante pretesa dell’altro.

Senonché, su tale problematica e sulla controversa questione se la Platzgummer abbia tempestivamente esercitato il riscatto nel termine di un anno dalla trascrizione dell’atto relativo all’acquisto del terzo, ha carattere preminente e pregiudiziale l’indagine – che già questa Corte, con la sentenza 24 marzo 1980, aveva riservato al giudice di rinvio – se siano applicabili, o meno, gli istituti della prelazione e del riscatto al caso di alienazione di masi chiusi.

Sul punto la Corte d’Appello di Brescia si è limitata a manifestare, del tutto marginalmente, i propri dubbi sulla possibilità che più proprietari confinanti divengano condomini del maso chiuso a seguito dell’esercizio congiunto del diritto di prelazione o dell’azione di riscatto, trattandosi di un’unità immobiliare che è indivisibile per legge; il giudice di rinvio ha, invece, incentrato la pronuncia sul rilievo, ritenuto decisivo alla stregua di un orientamento giurisprudenziale di questa Corte (Cass. 2 ottobre 1980 n. 5352; Cass. 23 maggio 1980 n. 3408), che il Gotsch e la Platzgummer non avevano proposto le domande di riscatto con atto congiunto o con atti fra loro coordinati. Ma, rispetto a tutti gli altri problemi che nella specie si pongono nella fase attuativa del diritto di riscatto, resta enucleabile il quesito fondamentale dell’applicabilità, o meno, alla compravendita di masi chiusi, della speciale normativa dettata, in genere, dalle leggi 26 maggio 1965 n. 590 e 14 agosto 1971 n. 817 in tema di prelazione e di riscatto agrari.

L’impedimento prospettato, al riguardo dalla Corte di Brescia non ha valore decisivo giacché il nostro ordinamento prevede le modalità di scioglimento della comunicazione su beni indivisibili (artt. 720 e 1116 cod. civ.); e, inoltre, lo stesso speciale sistema di successione nell’ambito della famiglia insediata nel maso chiuso disciplina le modalità di attribuzione di questo ad uno solo degli eredi, cioé all’assuntore del maso.

In realtà, il problema va risolto in una prospettiva più generale, tenendo presenti le caratteristiche proprie dell’istituto in esame e la normativa che lo disciplina. In proposito occorre, innanzitutto, considerare:

a) che con l’art. 5 della legge provinciale di Bolzano 9 novembre 1974 n. 22 si è disposta la non esercitabilità dei “diritti di prelazione istituiti con la legge 26 maggio 1965 n. 590 e successive modifiche e integrazioni, se il trasferimento è agevolabile ai sensi della legge provinciale 20 febbraio 1970 n. 4″;

b) che a sensi degli artt. 1 e 2 della legge prov. 20 febbraio 1970 n. 4 è agevolabile – mediante concessione di un contributo annuo costante sui mutui contratti presso istituti di credito – l’assunzione dei massi chiusi da parte dei coltivatori diretti aventi diritto in base all’ordinamento speciale approvato con decreto del Presidente della Giunta Provinciale 7 febbraio 1962 n. 8 quando l’assunzione avvenga per successione legittima o testamentaria oppure per atti tra vivi purché in quest’ultimo caso gli assuntori appartengono alle prime tre categorie indicate nell’art. 18 del detto testo unico (figli legittimi, legittimati o adottivi; discendenti legittimi delle persone predette; figli naturali riconosciuti o giudizialmente dichiarati);

c) che in forza dell’art. 15 della legge prov. 25 luglio 1978 n. 33 sono state soppresse, alla fine dell’art. 5 legge n. 22 del 1974 le parole “se il trasferimento è agevolabile a sensi della legge prov. 20 febbraio 1970 n. 4”.

Dunque, con quest’ultima norma si è stabilita l’impossibilità assoluta di esercizio dei diritti di prelazione e di riscatto alle compravendite di masi chiusi, mentre l’art. 5 della legge prov. 9 novembre 1974 n. 22 aveva limitato l’inapplicabilità di quegli istituti alle ipotesi in cui acquirenti ne fossero i discendenti del titolare. A questo punto, peraltro, la Corte non può non rilevare che – sebbene la legislazione della provincia di Bolzano abbia tardato a coordinare la disciplina dei masi chiusi con la normativa nazionale riguardante i diritti di prelazione e di riscatto agrari – l’impossibilità di esercizio di tali diritti, da parte di coltivatori diretti proprietari di terreni confinanti coi masi chiusi, nel caso di trasferimento di questi, era già desumibile dal particolare sistema regolatore dell’istituto tanto più che a sensi dell’art. 11 n. 9 dello Statuto regionale adottato con legge cost. 26 novembre 1948 n. 5 è rimesso alla potestà legislativa della provincia di Bolzano l’ordinamento dei masi e che la partita tavolare di queste aziende è iscritta in una sezione speciale del libero fondiario a ribadire la diversità della loro natura giuridica rispetto agli altri beni immobili.

Non interessa approfondire in questa sede, perché il problema è estraneo all’attuale controversia, se i diritti di prelazione e di riscatto fossero, o meno, esperibili da parte dei coltivatori diretti insediati sul fondo, anche prima della legge prov. 25 luglio 1978 n. 33, nel caso di trasferimento dei massi chiusi, tenuto conto della particolare natura giuridica di queste aziende, della loro indispensabile autonomia economica e della garantita continuitàà della loro gestione familiare, sebbene quei diritti appaiono difficilmente coordinabili con il complesso di norme del T.U. 7 febbraio 1962 n. 8 e successive modificazioni che disciplinano l’assunzione dei masi chiusi da parte di determinate categorie di persona secondo un preciso ordine di preferenze.

Certo è, tuttavia, che i diritti di prelazione e di riscatto previsti dalla legge 14 agosto n. 817 a favore dei proprietari coltivatori diretti di terreni a confinare con il fondo posto in vendita è chiaramente incompatibile con l’ordinamento masale.

Rispetto a tale ipotesi, la normativa della provincia di Bolzano era già in irriducibile contrasto con gli istituti della prelazione e del riscatto agrari ancor prima che l’inconciliabilità venisse riconosciuta con la legge prov. 25 luglio 1978 n. 33. Fin dall’inizio del secolo la legge tirolese del 1900 stabilì che la consistenza del maso chiuso non potesse essere variata in alcun modo senza il permesso di una commissione comunale; tale regime continuò di fatto anche dopo l’estensione alla provincia di Bolzano dell’ordinamento legislativo italiano e fu poi puntualmente ripristinato de iure con le leggi provinciali 29 marzo 1954 n. 1 e 25 dicembre 1959 n. 10 la cui normativa venne, infine, coordinata nel T.U. 7 febbraio 1962 n. 8.

Ebbene, una volta che il maso sia stato regolarmente costituito e iscritto nella speciale sezione del libro fondiario, tutti i cambiamenti di estensione territoriale e le modifiche dei diritti reali che lo riguardano debbono essere autorizzati da una commissione locale, ad eccezione dei mutamenti derivanti da espropriazione per pubblica utilità (art. 9); l’autorizzazione è, perciò, necessaria non solo nel caso di distacco di parti di un maso (artt. 10, 11 e 12), ma anche nell’ipotesi di unione al maso di altri immobili o “diritti di natura agricola” (art. 13).

Tali specifiche norme sono volte a garantire sia il vincolo di indivisibilità dell’unità poderale, sia l’inalterabilità della sua consistenza nel senso che il maso chiuso deve essere in grado di fornire “un reddito medio annuo sufficiente ad un adeguato mantenimento di almeno cinque persone senza superare il triplo di tale reddito” (art. 2). In sostanza, l’ordinamento dei masi chiusi è inteso, fra l’altro, a conservare il reddito dell’azienda fra un minimo ed un massimo nonché certe condizioni di autonomia dipendenti dalla sua estensione territoriale e dalla capacità produttiva, per cui si è ritenuto che anche l’aggregazione di altri terreni confinanti sia suscettibile di alterarne la fisionomia giuridica e l’efficacia funzionale, donde l’opportunità di rimettere al giudizio di un’apposita commissione comunale, composta di tre esperti (art. 37) l’esame della compatibilità dell’acquisto con l’organizzazione del maso chiuso.

In relazione a quanto su esposto è di particolare importanza il rilievo che, a sensi dell’art. 36 del T.U. 7 febbraio 1962 n. 8, le disposizioni in esso contenute sono di diritto pubblico, che si deve tenere conto di ufficio della mancanza di un parere o di un’autorizzazione della commissione per i masi chiusi legislativamente previsti e che, infine, gli atti espletati senza detto parere o autorizzazione o, comunque, contrastanti con le disposizioni contenute nel testo unico sono privi di efficacia giuridica.

Alla stregua della descritta normativa di natura pubblicistica, che sottrae all’autonomia dei privati gran parte dei poteri di disposizione inerenti ai masi e che, in particolare, prevede la necessità dell’autorizzazione di un organo amministrativo per l’incremento della loro consistenza territoriale, deve riconoscersi che, ancor prima della legge provinciale 25 luglio 1978 n. 33, l’istituto della prelazione agraria era inapplicabile a favore dei proprietari coltivatori diretti di terreni a confine con il maso chiuso nell’ipotesi di vendita di questo a terzi, indipendentemente da ulteriori valutazioni in ordine alle condizioni soggettive del confinante e all’inconciliabilità dei tempi di attuazione dei diritti di prelazione e (1) di rilascio della prescritta autorizzazione.

Le conclusioni cui la Corte perviene non si pongono in contrasto con la sentenza 10 gennaio 1984 n. 177 di questa stessa Sezione in quanto detta sentenza fu preferita in un processo nel quale, per la specificità delle questioni precedentemente proposte dalla parti e quindi rimesse dalla Suprema Corte al giudice di rinvio, si era formato il giudicato sull’ammissibilità dell’azione di riscatto, da parte del proprietario confinante, che il retrattato aveva per la prima volta sollevato nel secondo giudizio di legittimità in relazione ad alcuni terreni iscritti nella speciale sezione del libro fondiario in cui sono inseriti i masi chiusi.

Da quanto su esposto consegue la radicale infondatezza delle azioni di riscatto proposte dal Gotsch e dalla Platzgummer ancorché per motivi diversi da quelli indicati dalla Corte d’appello di Brescia; essendo, tuttavia, la decisione di merito conforme al diritto, questa Corte può limitarsi a correggere la motivazione, nei termini suddetti, a sensi dell’art. 384 cpv. cod. proc. civ.

Tutti gli altri motivi di entrambi i ricorsi divengono irrilevanti, compreso il terzo mezzo del ricorso principale relativo al titolo giustificativo della presenza di Josef Gorger nel maso “Klausen” e alla sussistenza di un suo diritto di godimento sul fondo, non avendo il Gotsch alcuna legittimazione a proporre domande in proposito.

In definitiva, entrambi i ricorsi debbono essere respinti. Ricorrono, peraltro, giusti motivi per dichiarare compensate tutte le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte ordina la riunione dei ricorsi proposti da Josef Gotsch e da Martha Platzgummer avverso la sentenza 7 maggio 1981 della Corte di Appello di Brescia e li rigetta entrambi; dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 19 marzo 1985 nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile.
(1) di riscatto con la procedura –
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 21 GENNAIO 1986