Svolgimento del processo

Assunta Trotta e Rosa Pedretti con distinti atti di citazione notificati il 6.10.1971 convenivano davanti al Tribunale di Napoli il Banco di Napoli. Con detti atti premettevano, tra l’altro, che erano state assunte dal Banco di Napoli nella categoria amministrativa-contabile ruolo A; che avevano conseguito il grado di capo-ufficio il 1°.1.1963; che nella seduta del 24.3.1971 il Comitato direttivo del Banco aveva deliberato la promozione, per anzianità congiunta al merito, a funzionario di direzione di 135 capi ufficio escludendole dalla promozione, alla quale avevano diritto perché in possesso di tutti i requisiti e più anziane di molti promossi; che con lettera del 27.10.1970 il Banco aveva loro comunicato la loro esclusione dal colloquio per la promozione per merito comparativo a funzionario di direzione, malgrado il possesso dei requisiti richiesti, chiedevano dichiararsi il diritto alla promozione a funzionario di direzione, per anzianità congiunta al merito, con la stessa decorrenza di quella deliberata nella seduta del 24.3.1971 ed al posto di ruolo loro spettante ai sensi degli artt. 52 n. 1, 131, 133 del regolamento ed il conseguente obbligo del Banco di procedere a tale promozione e di corrispondere, da quella decorrenza, gli emolumenti e quanto altro dovuto con gli interessi; l’illegittimità del provvedimento di esclusione delle istanti dal colloquio e condannare il Banco al risarcimento dei danni conseguenti nella misura che sarebbe stata precisata in corso di causa.

Il Banco resisteva alle domande.

Il Tribunale, con distinte sentenze, disattendeva la eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Banco e quella di preclusione da asserita acquiescenza delle due dipendenti, e rigettava le domande attrici.

Appellavano la Trotta e la Pedretti. Il Banco, nel resistere al gravame, reiterava le due eccezioni sopra menzionate.

La Corte di appello di Napoli, previa riunione delle due cause, con sentenza 24.4 – 4.10.1975, disattendeva le eccezioni del Banco e riteneva che era infondata la censura di cui al 1° motivo dell’appello e che del pari andava rigettato il 2° motivo di impugnazione; rigettava, quindi, l’appello principale.

La Trotta e la Pedretti proponevano ricorso per cassazione, al quale resisteva il Banco con controricorso, mediante il quale formulava ricorso incidentale inerente le eccezioni di difetto di giurisdizione e di acquiescenza.

Le SS.UU. di questa Corte, con sentenza 4.1.1980, n. 1, rigettavano il ricorso incidentale, accoglievano per quanto di ragione il ricorso principale, cassavano in relazione alle censure accolte l’impugnata sentenza e rinviavano la causa anche per le spese alla sezione distaccata di Salerno della C.A. di Napoli.

Con ricorso 9.1.1981 la Trotta e la Pedretti, le quali, nelle more del giudizio, ammesse ai successivi procedimenti di promozione, avevano conseguito il 7° grado, rispettivamente la prima il 1°-VII-73 e la seconda il 1°.VI.73, hanno riassunto la causa formulando le seguenti conclusioni:

Voglia l’ill.ma Corte di Appello, previa reiezione delle eccezioni e deduzioni avversarie, condannare il Banco di Napoli a corrispondere alla Trotta con decorrenza 1° gennaio 1981 la pensione annua di L. 18.000.000 salvo aggiornamenti, ed a risarcire alle ricorrenti il danno ad esse arrecato con il comportamento illecito di cui in narrativa nella misura base di L. 35.207.000 per la dott. Trotta e di L. 9.878.000 per la dott. Pedretti, ovvero nelle diverse misure che saranno ritenute, determinando ove occorra le singole decorrenze dei termini rivalutandoli ex art 2043 C.C. o ai sensi dell’art. 429 – 3° comma c.p.c. con i criteri indicati dall’art. 150 disp. att. c.p.c., con gli interessi dalla scadenza e con gli interessi sugli interessi dal giorno della domanda giudiziale e con vittoria di spese ed onorari.

Resisteva il Banco di Napoli.

All’udienza del 9.12.82 venivano attribuite, a titolo provvisorio, le somme di L. 28.000.000 alla Trotta e di L. 18.000.000 alla Pedretti.

La Corte di Appello di Salerno, con sentenza 13.10 – 14.12.1983, pronunciando in sede di rinvio, a seguito di annullamento da parte della Corte di Cassazione della sentenza della Corte di Appello di Napoli 24.4. – 4.10.1975, nelle cause promosse da Trotta Assunta e da Pedretti Rosa con distinti atti di citazione del 6.10.1971, contro il Banco di Napoli, accoglieva, per quanto di ragione, gli appelli proposti rispettivamente dalla Trotta e dalla Pedretti con atti notificati il 17.5.1973, avverso le sentenze 13.11.1972 – 18.1.1973 del Tribunale di Napoli e, così provvedeva:

1) dichiara il Banco di Napoli tenuto alla pronuncia di idoneità, ora per allora, nei confronti delle dipendenti Trotta Assunta e Pedretti Rosa, per la loro promozione al grado di funzionario di direzione (grado 7°), con conseguente decorrenza della promozione stessa per entrambe; quella normativa dal 1° luglio 1970 e quella economica dal 1° febbraio 1971;

2) per l’effetto condanna il Banco di Napoli, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, al risarcimento del danno nei confronti delle predette che liquida come segue: per la Trotta in L. 61.395.368, come maturato alla data del 31.12.1982, di cui L. 20.576.404 per interessi e L. 1.741.148 per interessi sugli interessi e nella ulteriore somma comprensiva di svalutazione, interessi ed interessi sugli interessi da determinarsi con i criteri fissati nella consulenza tecnica di ufficio 26.2.83, prendendo a base di calcolo le differenze retributive assunte a parametro di danno, di cui al prospetto numero 1, prima ipotesi, fino al soddisfo, il tutto decurtato della somma di lire 28.000.000, assegnata con ordinanza del 9.12.1982 e maggiorata degli interessi legali dal 21.12.1982 al saldo;

per la Pedretti in L. 64.869.341 come maturato alla data del 31.12.1982, di cui L. 21.661.484 per interessi e L. 1.831.263 per interessi sugli interessi e nella ulteriore somma, comprensiva di svalutazione, interessi ed interessi sugli interessi da determinarsi con i criteri fissati nella consulenza tecnica di ufficio 26.2.83, prendendo a base di calcolo, le differenze retributive assunte a parametro di danno, di cui al prospetto numero 2, prima ipotesi fino al soddisfo, il tutto decurtato della somma di L. 18.000.000 assegnata con ordinanza del 9.12.1982, maggiorata dagli interessi legali dal 21.12.1982 al saldo;

condanna, altresì, il Banco di Napoli come sopra rappresentato al pagamento, in favore della Trotta, anche delle somme di L. 976.000 per indennità aggiuntiva di cessazione dal servizio; di L. 979.062 per interessi; di L. 76.857 per interessi sugli interessi e di L. 1.806.966 per svalutazione monetaria, quindi, per complessive L. 3.838.885 fino al 31.XII.1982 nonché al risarcimento dell’ulteriore danno, comprensivo di svalutazione, interessi ed interessi sugli interessi fino al saldo, da determinarsi con i criteri fissati nella consulenza tecnica, prendendo a base di calcolo, la somma di L. 976.000; ed inoltre, al pagamento delle somme di L. 920.000 per differenza assegni di pensione; di L. 159.286 per interessi e di L. 13.504 per interessi sugli interessi, fino al 31.12.1982 ed alla corresponsione degli interessi e degli interessi sugli interessi fino al soddisfo.

Condanna, infine, il Banco di Napoli, al pagamento in favore di Trotta e Pedretti delle spese di primo grado che liquida di ufficio, per ciascuna di esse in L. 500.000 di cui L. 300.000 per onorario, di quelle del secondo grado che liquida per ciascuna delle stesse, in L. 700.000 di cui l. 450.000 per onorario; di quelle del giudizio di cassazione che liquida, per entrambe, in L. 1.000.000 di cui L. 800.000 per onorario e di quelle di questo giudizio di rinvio che liquida, per entrambe, in L. 9.860.000 di cui L. 5.360.000 oltre I.V.A. per consulenza tecnica, e L. 4.000.000 per onorario; liquida, altresì a favore del C.T.U. dott. Attilio Formica la somma di L. 50.000 che pone a carico del Banco di Napoli per l’assistenza all’odierna udienza.

La Corte di Appello, in motivazione, riteneva, anzitutto, infondata il rilievo del Banco di pretesa violazione dei limiti del giudizio di rinvio, osservando che le ricorrenti, sia nelle conclusioni davanti il Tribunale di Napoli, che in quelle in grado di appello, avevano avanzato richiesta di condanna del Banco al risarcimento dei danni (chiarendo, in 1° grado, che la misura poteva essere specificata anche in separato giudizio e riservandosi, nel giudizio di 2° grado, di precisare i danni in corso di causa): una richiesta di condanna al risarcimento dei danni era stata proposta (pure se era omessa la specificazione del loro ammontare) e tale specificazione intervenuta in fase di rinvio non aveva travalicato i confini del relativo giudizio, in quanto la preclusione di nuove conclusioni è inoperante quando la necessità di una nuova fase assertiva e probatoria sorge a seguito della cassazione della sentenza di appello e si consideri che, nella specie, l’esplicita quantificazione era conseguente al comportamento di controparte che aveva riconosciuto il diritto delle ricorrenti prima negato. Né era fondato l’assunto che la liquidazione del danno avrebbe eliminato il doppio grado di giurisdizione sul merito, perché se fosse fondata la tesi del Banco nelle ipotesi come quelle in esame dovrebbe seguire sempre il rinvio al giudice di merito di 1° grado.

Osservava, poi, che l’avvenuto riconoscimento del diritto delle ricorrenti non comportava la cessazione della materia del contendere.

Richiamata la richiesta di quantificazione del danno, rilevava che doveva essere considerata la condotta del Banco per accertare se la stessa si fosse risolta nella violazione delle regole di un corretto comportamento, e come tale produttiva di danno.

Osservava che il Banco aveva dato corso alle istanze delle sue (ex) dipendenti, relativamente agli aspetti normativi, ma non aveva tratto tutte le conseguenze sul piano economico, per cui era legittima la richiesta avanzata in quella fase per conseguire il risarcimento dei danni patiti per effetto del mancato tempestivo riconoscimento del diritto alla promozione. La condotta del Banco, risoltasi nella violazione delle norme di ermeneutica contrattuale che imponevano un comportamento diverso rispetto alle richieste delle dipendenti, integrava gli estremi dell’illecito. Per calcolare il danno, poi, occorreva agganciarsi a parametri sicuri ed era opportuno riferirsi alla differenza tra retribuzioni spettanti e retribuzioni percepite; tale motivo non poteva tuttavia snaturare la natura del debito.

Conseguentemente le retribuzioni da tenere in conto erano quelle corrisposte, ma al netto dei compensi per lavoro straordinario effettivamente prestato (trattandosi di controprestazione specifica di prestazione separata e non di indennità forfettizzata).

Riteneva, quindi, destituite di fondamento le eccezioni circa l’impossibilità di rivalutare l’indennità di fine rapporto (indennità aggiuntiva di cessazione dal servizio) e di assoggettabilità delle somme da corrispondere alla ritenuta di acconto. Il debito del Banco era svincolato dalla sfera di prestazioni ed il riferimento alle retribuzioni era solo traccia indicativa della misura del danno.

Riteneva fondata, con decorrenza però limitata alla data della richiesta, la corresponsione degli interessi anatocistici.

Fissati i principi cui conformare la determinazione del quantum, la Corte identificava, tra le varie ipotesi di liquidazione prospettate dal consulente tecnico, quella corrispondente a detti principi.

Evidenziava che una volta assunta la differenza di retribuzione a parametro di base per il calcolo del danno, questo andava liquidato (versandosi in tema di risarcimento) con riguardo al momento della decisione: nessun criterio era più obiettivo che quello di cui agli artt. 429-3° co. CPC e 150 disp. att. c.p.c..

Il Banco di Napoli ricorre avverso tale sentenza formulando sei mezzi di annullamento. La Trotta e la Pedretti resistono con controricorso, proponendo in relazione al 4° motivo del ricorso principale ricorso incidentale condizionato, al quale resiste con controricorso il Banco. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Vanno riuniti ex art. 335 C.P.C. i due ricorsi. Il ricorrente con il 1° mezzo denunzia violazione ed errata applicazione degli artt. 394-3° comma, 184 e 101 C.P.C. in rel.

all’art. 360 nn. 3 e 5 C.P.C. lamentando essere stato respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso di riassunzione per avere le sigg.re Trotta e Pedretti chiesto per la 1° volta in tale fase una condanna specifica al risarcimento dei danni, in luogo di una sentenza di mero accertamento, come risultante dalle conclusioni nel giudizio di 1° e di 2° grado.

Nella fattispecie la sentenza di questa Corte che aveva cassato la sentenza della C.A. di Appello non aveva introdotto alcun elemento di novità, limitandosi a statuire che la mancanza del “giudizio di idoneità” non era ostativo alla scrutinabilità ai fini della promozione, rimettendo al giudice del merito di valutare se il Banco era tenuto a formulare tale giudizio nei confronti delle dipendenti ora per allora e, in caso positivo, ad ammetterle ai procedimenti di promozione. Inoltre l’art. 184 C.P.C. (all’epoca applicabile) consente “l’emendatio libelli” nel giudizio di 1° grado fino alla rimessione della causa al Collegio, facoltà di cui non si erano avvalse le ricorrenti.

Con il 2° mezzo denunzia violazione ed errata applicazione degli artt. 394- 3° comma, 184, 101 C.P.C. sotto il profilo della particolare violazione dell’art. 100 C.P.C. in rel. all’art. 360 nn. 3 e 5 C.P.C., lamentando il mancato accoglimento, quanto meno, dell’eccezione subordinata di cessazione della materia del contendere in relazione al non contestato avvenuto inquadramento normativo: aveva inutilmente statuito che esso Banco “era tenuto alla pronunzia di idoneità ora per allora … per la loro promozione al grado di funzionario di direzione (grado 7°) …”, inammissibilmente pronunziando una condanna specifica al risarcimento del danno.

Con il 3° mezzo denunzia violazione ed errata applicazione degli artt. 1224, 1362 e segg., 2107 C.C., 1 RDL 692-1923 e 429 C.P.C. con rif. all’art. 360 nn. 3 e 5 C.P.C., censurando la mancata detrazione dalle differenze retributive derivanti dall’inferiore inquadramento di quanto corrisposto “medio tempore” a titolo di straordinario.

Il Tribunale ha ritenuto, immotivatamente, che tali emolumenti (cui non ha diritto il personale direttivo) non dovessero compensarsi con le maggiori retribuzioni corrisposte. Non ha considerato che la rivalutazione monetaria ex art. 429 C.P.C. sulle differenze retributive costituiva l’integrale risarcimento del danno e che l’ulteriore somma riconosciuta per lavoro straordinario costituiva un arricchimento senza causa. Inoltre nelle obbligazioni pecuniarie (di valuta) soggette al principio nominalistico, la mora del debitore può essere causa di maggior danno, ma con onere per il creditore (non assolto nella fattispecie) di allegazione e di prova del pregiudizio patrimoniale specificamente risentito.

Con il 4° mezzo denunzia violazione ed errata applicazione dell’art. 429 C.P.C. in rel. all’art. 1283 C.C. con rif. all’art. 360 nn. 3 e 5 C.P.C. per essere stato ritenuto che spettassero gli interessi sugli interessi.

Lamenta la commistione tra normativa speciale applicabile ai crediti di lavoro e quella generale applicabile ai crediti pecuniari. Inoltre la norma di cui all’art. 1283 C.C. ha carattere eccezionale e non è estensibile ai c.d. debiti di valore qual’é quale derivante dalla responsabilità per danni.

Con il 5° mezzo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 429-3° comma e 442 C.P.C., 12 e 14 disp. legge in generale (in rel.

all’art. 11 all. T all’art. 39 L. 8.8.1985, n. 486) con rif. all’art. 360 nn. 3 e 5 C.P.C..

Deduce l’erroneità della rivalutazione monetaria sui ratei di pensione corrisposti in c.d. ritardo, stante l’inapplicabilità delle disposizioni sul calcolo della svalutazione monetaria ai crediti previdenziali. Ricordato che i dipendenti di esso Banco godono di regime pensionistico analogo a quello dei dipendenti dello Stato (art. 11 dell’all. T all’art. 29 L. 486-1985), assume che ne deriva che la prestazione da esso erogata ha carattere di trattamento, appunto, pensionistico, non identificabile con la controprestazione del datore di lavoro in costanza del rapporto, della quale soltanto con la norma eccezionale dell’art. 429 C.P.C. è garantita la corrispettività sostanziale rispetto alla prestazione di lavoro.

Con il 6° mezzo denunzia violazione ed errata applicazione dell’art. 429 C.P.C. e dell’art. 1283 C.C. con rif. all’art. 360 nn. 3 e 5 C.P.C. deducendo, in ipotesi subordinata, che la Corte territoriale ha errato nel ritenere sugli assegni di pensione dovuti gli interessi sugli interessi, richiamandosi, data l’identità di questo motivo con quello di cui al n. 4, alle relative argomentazioni. La Trotta e la Pedretti, in relazione al 4° motivo del ricorso principale, propongono ricorso incidentale condizionato per violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223 e 1283, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in rel. all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., deducendo che in ipotesi che venisse ritenuto che il riferimento all’anatocismo attenga all’accertamento degli elementi costitutivi dell’azione proposta e conseguentemente venga accolto il 4° motivo di ricorso del Banco, la C.A. avrebbe erroneamente ed immotivatamente rigettato la domanda relativa agli interessi sugli interessi, che esse avevano fondato sulla natura risarcitoria dell’obbligazione, ed avrebbe ritenuto che sussistessero gli elementi costitutivi di un’azione diversa senza indicare le ragioni che avrebbero portato a ritenere la sussistenza di taluni elementi piuttosto che di altri e senza rilevare la contraddittorietà tra quanto eventualmente accertato, che presupporrebbe l’esistenza di un’obbligazione pecuniaria, e la deliberata responsabilità del Banco di natura risarcitoria.

La Corte osserva, in relazione al 1° mezzo del ricorso principale, che la Trotta e la Pedretti nelle conclusioni formulate in 1° grado ed in grado di appello avevano chiesto la condanna del Banco al risarcimento dei danni, senza peraltro quantificarne l’ammontare. Del resto anche il giudice del rinvio ha ritenuto che “Una richiesta di condanna al risarcimento dei danni è stata, quindi, sempre proposta, pur se è stata omessa la specificazione del loro ammontare” ed ha rilevato che tale specificazione era avvenuta con il ricorso riassuntivo, in fase di rinvio; inoltre le resistenti (v. controricorso pag. 3) ammettono che “Di nuovo nelle conclusioni prese in sede di rinvio vi è stata solo la quantificazione della domanda, …”.

Da tali premesse consegue che il mezzo in esame è perciò, fondato. Invero il giudizio di rinvio è un processo chiuso, avente la funzione di sostituire la decisione cassata con una nuova pronuncia, immune dagli errori a causa dei quali la precedente venne cassata, in cui è inibito prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunziata la sentenza cassata. In altri termini il giudice del rinvio (Corte di Appello di Salerno) poteva pronunziare la sentenza che poteva essere emanata dalla Corte di Appello di Napoli e, poiché in tale sede non era avvenuta la quantificazione dei danni, la Corte di Appello di Salerno non poteva emettere una pronunzia sul quantum, rientrando nei suoi compiti, di conseguenza, in tema di risarcimento dei danni, emettere soltanto una sentenza di condanna generica.

Né, nella fattispecie, ricorre l’eccezione di cui all’ultima parte del 3° comma dell’art. 394 C.P.C. in quanto l’ammissibilità di nuove conclusioni, come quella di nuove attività assertive e probatorie, è ammessa nel giudizio di rinvio solo quando tale necessità derivi dalla sentenza di cassazione e cioé ove detta pronuncia abbia determinato una modificazione della materia del contendere, definendo in modo diverso il rapporto dedotto in giudizio ed imprimendo alla causa un diverso indirizzo, mediante la prospettazione di nuove tesi giuridiche che comportino necessariamente per le parti un mutamento della loro linea di difesa. Nella fattispecie non ricorre tale ipotesi in quanto la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte ha ritenuto, in sostanza, che il principio che fa carico ai soggetti della vicenda obbligatoria di comportarsi secondo correttezza o, come altrimenti si dice, secondo buona fede in senso oggettivo, assume particolare rilevanza nell’individuazione del contenuto e degli effetti della disciplina contrattuale in tema di carriera del dipendente e di progressione nella medesima e che la Corte del merito, “per aver violato il principio in argomento, ha omesso di esaminare la causa sotto gli aspetti dinanzi considerati e di risolvere in modo esauriente il quesito ad essa sostanzialmente proposto; se, cioé, in considerazione della portata della perequazione fra i dipendenti di due sessi disposta con le modificazioni arrecate nel 1969 al Regolamento del personale e del contenuto delle disposizioni regolamentari in materia di progressione del dipendente nella carriera, si dovesse ritenere il Banco di Napoli tenuto a formulare il giudizio di idoneità nei confronti delle dipendenti ora per allora, e, in caso di giudizio positivo, ad ammettere le dipendenti stesse ai procedimenti di promozione”.

Quindi la pronunzia della SS.UU. di questa Corte non veniva a porre alcun elemento di novità, dal quale far discendere la necessità di quantificare i danni, essendosi limitata a ritenere che non era stato valutato quanto sopra riportato; che, poi, successivamente, il Banco abbia riconosciuto “il diritto delle ricorrenti prima negato” (v. sentenza C.A. Salerno) non è argomento che può legittimare in sede di rinvio la quantificazione del danno (prima non operata), mancando il presupposto dal mutamento delle conclusioni come conseguenza della pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte. Né tale presupposto è ravvisabile in quanto prospettate nel controricorso (passaggio dal rito ordinario a quello speciale; fatti sopravvenuti costituiti dal collocamento a riposo delle interessate e dalla successiva attribuzione da parte del Banco del giudizio d’idoneità ora per allora): il mutamento del rito non incide sull’oggetto del giudizio instaurato ordinariamente (ed, inoltre, anche nel rito del lavoro è possibile richiedere soltanto una condanna generica), né si vede perché la quantificazione debba essere ritenuta conseguenza necessaria degli altri fatti prospettati dalle resistenti, quando la mancata quantificazione nelle fasi di merito precedenti la sentenza di cassazione appare frutto di libera scelta processuale delle parti.

L’accoglimento per le indicate ragioni del mezzo esaminato comporta, ovviamente, l’assorbimento degli altri mezzi del ricorso principale, nonché del ricorso incidentale proposto condizionatamente.

L’impugnata sentenza va, quindi, cassata con rinvio ad altra Corte di Appello, che si designa in quella di Roma, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il 1° motivo del ricorso principale e dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso stesso, nonché il ricorso incidentale condizionato. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte di Appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 22 dicembre 1986.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 22 MAGGIO 1987