Svolgimento del processo

Con ricorso al Presidente del Tribunale di Bari in data 27.6.1975 l’Avv. Alfredo Zallone deduceva che aveva prestato opera professionale in favore dell’I.N.A.M. dal 1937 al 1° luglio 1963, che pe tale opera la Corte di Appello di Bari, con sentenza definitiva del 22.4.1970, gli aveva riconosciuto un credito di L. 13.544.846 e che il Tribunale prima e la Corte di Appello dopo avevano omesso di pronunciarsi sul suo diritto agli interessi sull’indicato credito.

Indi chiedeva emettersi decreto ingiuntivo a carico dell’I.N.A.M. per il pagamento della complessiva somma di L. 4.867.678, di cui L. 3.894.113 per interessi maturati dalla domanda di pagamento della somma capitale e lire 973.535 per interessi maturati su tale ultima somma, oltre gli interessi ulteriori maturandi. Con provvedimento del 27.6.1967, provvisoriamente esecutivo, il Presidente del Tribunale accoglieva il ricorso e pertanto ingiungeva all’I.N.A.M di pagare la somma domandata, oltre gli ulteriori interessi a maturarsi e le spese processuali.

Contro l’ingiunzione proponeva opposizione l’I.N.A.M., con citazione notificata il 21.7.1975, eccependo che la sentenza della Corte di Appello di Bari, posta a fondamento del ricorso ingiuntivo, era stata cassata, in accoglimento del ricorso incidentale da esso proposto, dalla Corte di Cassazione con rinvio alla Corte di Lecce, che il processo non era stato riassunto davanti il giudice di rinvio donde l’inefficacia della sentenza di merito già pronunciata, che gli interessi non possono essere più domandati dato che sul punto si è formato il giudicato avendo la Corte di Cassazione rigettato del ricorso proposto dall’Avv. Zallone (contro la predetta sentenza della Corte di Bari) il motivo avente per oggetto l’omessa pronuncia sulla domanda degli interessi, che non sussistono le condizioni dell’anatocismo e che il credito si era prescritto ai sensi dell’art. 2948 c.c. l’I.N.A.M., poi, in via subordinata, eccepì in compensazione i crediti da esso vantati nei confronti del ricorrente in dipendenza di sentenze di condanna emesse in altri giudizi e proposte, infine, domanda riconvenzionale per la restituzione della somma di L. 15.485.822, corrisposta da esso Istituto all’avv. Zallone in esecuzione della sentenza della Corte di Appello di Bari, poi cassata dalla Corte di Cassazione.

L’avv. Zallone si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’opposizione.

Con sentenza 14 dicembre 1976-15 febbraio 1977 il Tribunale di Bari revocava il decreto ingiuntivo e condannava l’avv. Zallone a restituire all’I.N.A.M. la somma di L. 15.485.822 con gli interessi legali nonché a pagare le spese processuali.

L’avv. Zallone proponeva appello, al quale resisteva l’I.N.A.M. Con sentenza 10 febbraio-13 marzo 1978 la Corte di Appello di Bari dichiarava l’incompetenza del Tribunale e provvedeva sulla domanda riconvenzionale dell’I.N.A.M. confermando nel resto la sentenza appellata. Disponeva, inoltre, la compensazione delle spese processuali di entrambi i gradi.

Osservava la Corte di Appello che, essendo stata cassata dalla Corte Suprema la sua sentenza definitiva la quale aveva liquidato le competenze professionali in favore dell’avv. Zallone, era venuto meno il titolo sul quale si fondava il diritto agli interessi. Inoltre la richiesta degli interessi era preclusa dal giudicato costituito dalla sentenza di cassazione la quale, ritenendo che l’avv. Zallone non aveva proposto il necessario appello incidentale contro la sentenza del Tribunale quanto all’omessa pronuncia sugli interessi, rigettò il ricorso del suddetto contro la sentenza della Corte di Appello.

Aggiungeva, poi, la Corte di merito che la competenza funzionale del giudice di rinvio, in caso di estinzione del giudizio per mancata riassunzione del processo, viene meno soltanto quando l’estinzione viene dichiarata dallo stesso giudice di rinvio. E poiché ciò nella specie non è avvenuto, la domanda riconvenzionale di restituzione non poteva essere proposta davanti al Tribunale di Bari quale giudice di merito secondo le norme comuni di competenza, questa in via funzionale e necessaria appartenendo al giudice di rinvio.

Contro la sentenza propone ricorso per cassazione l’I.N.A.M. Resiste, con controricorso, l’avv. Zallone, che propone, a sua volta, ricorso incidentale.

Motivi della decisione

Vanno preliminarmente riuniti i due ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.

Con l’unico motivo proposto l’I.N.A.M. denunzia la violazione degli artt. 307 e 393 c.p.c. in relazione all’art. 645 dello stesso codice (art. 360, n. 3, c.p.c.) sostenendo che l’estinzione può essere dichiarata, incidenter tantum, da un giudice diverso da quello davanti al quale la causa avrebbe dovuto essere riassunta, che nella specie l’estinzione è stata rilevata, incidenter tantum, dal giudice di primo grado e ciò ancorché non fosse necessaria una sua espressa e formale declaratoria essendo pacifica, tra le parti, la sussistenza della causa estintiva (mancata tempestiva riassunzione del processo davanti al giudice di rinvio).

Il ricorso va accolto.

La competenza del giudice di rinvio in ordine alle domande di restituzione in pristino e risarcimento danni conseguenti alla cassazione della sentenza di merito èstabilita dall’art. 389 c.p.c. per ragioni di connessione con il giudizio principale; perciò, una volta trascorso un anno dalla pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione senza che sia stato riassunto, come nella specie, il giudizio davanti il giudice di rinvio, con l’estinzione del processo (artt. 392 e 393 c.p.c. viene meno la competenza di tale giudice ordine alle domande di restituzione le quali vanno pertanto proposte davanti al giudice competente secondo le norme ordinarie (Cass. 18.4.1972 n. 1238; 10.12.1957 n. 4634; 3.4.1959 n. 986).

Affermato tale principio, si pone la questione se per la proponibilità delle domande restitutorie davanti al giudice di merito competente in base alle regole ordinaria sia necessariamente pregiudiziale o meno che il giudice di rinvio dichiari l’estinzione del processo. La Corte del merito ha risolto la questione affermando che “la competenza funzionale del giudice di rinvio viene meno, in concreto, soltanto quando l’estinzione è stata dichiarata … e competente a dichiarare l’estinzione del processo per omessa riassunzione è lo stesso giudice avanti al quale il processo avrebbe dovuto essere riassunto (nella specie, la Corte di Appello di Lecce designato quale giudice di rinvio).

Non essendo stata pronunciata l’estinzione dal giudice di rinvio, la domanda riconvenzionale di restituzione, ha aggiunto la Corte di merito, “non poteva essere proposta davanti al Tribunale quale giudice di merito secondo le norme comuni sulla competenza, questa in via funzionale e necessaria appartenendo al giudice di rinvio”.

Sennonché, osserva questa Corte, se la competenza a dichiarare l’estinzione del processo per mancata tempestiva riassunzione del medesimo è riservata in via principale al giudice di rinvio (ed in genere al giudice del processo estinto) (Cass. 3.10.1973 n. 2476, 12.6.1977 n. 1816; 28.3.1984 n. 2040), tuttavia è ormai principio consolidato che il giudice investito della domanda di restituzione in base alle regole ordinarie di competenza possa accertare, incidenter tantum, l’avvenuta estinzione del precedente processo, nell’eventuale contrasto delle parti sul punto (Cass. 5.4.1974 n. 961; 9.7.1976 n. 2610; 24.6.1965 n. 1327; 10.11.1969 n. 3662; 28.5.1976 n. 1928 15.3.1982 n. 1682). Pertanto la Corte del merito avrebbe potuto e dovuto esaminare la domanda riconvenzionale di restituzione proposta dall’I.N.A.M., previo accertamento, nel contrasto fra le parti, incidenter tantum, dell’eventuale estinzione del giudizio precedente per mancata tempestiva riassunzione del medesimo davanti alla Corte di Lecce, quale giudice di rinvio della Corte di Cassazione.

Esaurito così l’esame del ricorso principale, è opportuno precisare che con il ricorso incidentale proposto dall’Avv. Zallone vengono dedotti tre motivi, dei quali gli ultimi due vanno esaminati con precedenza logica rispetto al primo perché connessi con il ricorso principale ed inoltre congiuntamente fra loro poiché tutti diretti a censurare la sentenza impugnata per non avere tenuto conto, nella decisione della domanda riconvenzionale dell’Ente, del suo credito per le prestazioni professionali effettuate a favore dello Ente medesimo. In particolare con il secondo motivo il ricorrente incidentale deduce la violazione dello art. 2909 c.c. e 336 c.p.c. in rapporto all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., sostenendo che da sentenze passate in giudicato risultano due suoi crediti rispettivamente di L. 1.150.000 e di L. 1.330.154 per prestazioni professionali ed affermando che, nonostante l’estinzione del processo per mancata riassunzione del medesimo davanti il giudice di rinvio dalla Cassazione, conservano piena efficacia le sentenze di merito passate già in giudicato,che l’estinzione del giudizio, secondo l’art. 393 c.p.c., non esclude la sopravvivenza delle statuizioni di merito già emesse, che non siano in diretta correlazione di dipendenza con la statuizione cassata e che, di conseguenza, in favore di esso ricorrente restano validi sia la prima sentenza parziale del Tribunale che la sentenza parziale della Corte di Bari 4 luglio-20 settembre 1968 nonché la parte della sentenza definitiva della stessa Corte del 22.4.1970 sul quantum.

Con il terzo motivo l’avv. Zallone lamenta la violazione degli artt. 36, 112-336 e 393 c.p.c. e degli artt. 1241, 1242, 1243 e 2033 c.c. in rapporto all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. ribadendo l’affermazione che secondo l’art. 293 c.p.c. la estinzione dell’intero giudizio non esclude la sopravvivenza delle statuizioni di merito già emesse che non siano in diretta correlazione di dipendenza con la statuizione cassata e che pertanto restano validi in suo favore, non solo la sentenza 4 luglio-20 settembre 1968 della Corte d’Appello di Bari (sull’an debeatur), pacificamente passata in giudicato, ma anche la sentenza della stessa Corte in data 22.4.1970 sul quantum, almeno per la parte di questa che non poteva essere influenzata dalla nuova valutazione demandata alla Corte di Lecce, per effetto dell’accoglimento del motivo di cassazione proposto dall’I.N.A.M.. Aggiunge il ricorrente incidentale nel motivo in esame che l’I.N.A.M., attraverso la riconvenzionale sperimentò un’azione di ripetizione di indebito oggettivo, per cui sarebbe stata a suo carico la prova dell’inesistenza della causa debendi, prova che non poteva consistere, sic te simpliciter, nella formale caducazione della sentenza sul quantum, bensì nella mancanza di causa sostanziale del pagamento effettuato.

I due motivi esposti non furono considerati ed esaminati dalla Corte di merito una volta che essa non procedette, poiché si riteneva incompetente, al giudizio nel merito della domanda riconvenzionale dell’I.N.A.M. Perciò statuito sopra che la Corte del merito avrebbe dovuto esaminare tale domanda, ne consegue che il giudice di rinvio nel vagliare la medesima dovrà nel contempo tener conto, al fine di accertarne la fondatezza anche con riguardo al quantum oltre che all’an, delle considerazioni svolte dall’odierno ricorrente incidentale nei predetti motivi, i quali perciò vanno dichiarati assorbiti.

Con il primo motivo l’avv. Zallone deduce la violazione degli artt. 324 e 395 c.p.c. e 2909 C.C. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5, c.p.c., contestando che in ordine al suo allegato credito per interessi si sia formato un giudicato. A tal fine il ricorrente incidentale sottolinea che “questa Corte si limitò a dichiarare nella precedente sentenza che, non essendovi stata un’espressa doglianza in appello da parte sua in ordine agli interessi, tale sua doglianza non poteva essere esaminata. Ciò sta a significare che sul capo relativo agli interessi, pacificamente non liquidati dal Tribunale per dimenticanza e non esaminato dalla Corte di appello, era stata omessa qualsiasi pronuncia e la domanda non accolta né rigettata poteva e può essere sempre riproposta”.

Il motivo va accolto.

L’omessa pronuncia su una delle domande connesse, non legata, come nella specie, da un rapporto di dipendenza indissolubile con la domanda decisa, non implica che su quella domanda vi sia stata una decisione implicita né preclude che la domanda medesima possa essere riproposta in separate sede. E’ mancata del tutto la decisione sugli interessi moratori e tale omessa pronuncia non può essere considerata né decisione di rigetto né decisione di accoglimento.

Lo Zallone poteva far valere, in appello, l’omessa pronuncia del Tribunale sugli interessi, ma, non essendosi egli valso di tale potere, questa Corte nella sentenza precedente dichiarò inammissibile la censura dedotta per la prima volta, in sede di impugnazione, davanti ad essa, ma ciò non esclude che la pretesa relativa sia stata legittimamente dedotta nel primo grado di questo processo, successivo al precedente, essendo, appunto, mancata su di essa una qualsiasi decisione in fase di merito.

In conclusione vanno accolti il ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale, mentre gli altri motivi di quest’ultimo vanno dichiarati assorbiti. La sentenza impugnata deve essere, di conseguenza, cassata, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Lecce, che provvederà anche alla decisione sulle spese di questa fase.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale e, per quanto di ragione, quello incidentale. Cassa e rinvia, anche per le spese di questa fase, alla Corte di Appello di Lecce.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della I Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 13.11.1985.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 27 GIUGNO 1986