Svolgimento del processo

Con sentenza 19-27 settembre 1979 il Pretore di Ancona rigettava l’opposizione, proposta dalla S.a.s. mobilificio B.M.B. di Jesi, avverso l’ingiunzione, emessa il 30 aprile 1979 dall’INAIL, ai sensi del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, per il pagamento della somma complessiva di L. 13.340.165; osservava il Pretore che l’opponente non aveva “nemmeno lontanamente accennato alle ragioni per le quali le somme …… non sarebbero dovute”.

Tale decisione, impugnata dalla Società, era confermata dal Tribunale di Ancona, che, nel rigettare l’appello con il quale era stata genericamente dedotta l’insussistenza del credito dell’INAIL in ordine sia ai contributi, sia alle penali ex art. 50 d.P.R. n. 1124 del 1965, osservava, nella sua sentenza 26 giugno-18 agosto 1981, come l’opponente, pur avendone l’onere, nessuna prova avesse finito sulla fondatezza del proprio generico assunto.

Contro questa sentenza la Società soccombente ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due mezzi di annullamento.

L’INAIL ha resistito con controricorso e con memoria.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo del ricorso la Società censura la sentenza del Tribunale per violazione e falsa applicazione dei principii che regolano l’onere probatorio e, in particolare, dell’art. 2697, codice civile, sostenendo che, “a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, si ha l’instaurazione di un normale giudizio di cognizione per cui il ricorrente assume la normale veste di attore”; si duole, poi, che “sia il Giudice di primo grado, sia quello di secondo grado” abbiano ritenuto, invece, che l’opponente assume veste di attore.

Con il secondo mezzo si deduce testualmente e soltanto, con riferimento alle decisioni del Pretore e del Tribunale, che “entrambe le sentenze difettano di sufficiente, logica motivazione e violano il relativo principio ( art. 360 n. 5 c.p.c.).

Il ricorso è inconsistente.

Quanto al primo mezzo, la censura in esso proposta è priva di giuridico fondamento, essendosi il Tribunale di Ancona esattamente uniformato, nella sua decisione, al principio di diritto che contraddice la tesi della Società ricorrente e che questa Suprema Corte ha, da tempo, numerose volte enunciato, giusta un orientamento giurisprudenziale, che va qui ribadito, non ravvisandosi sussistere alcuna valida ragione per discostarsene.

La posizione delle parti nel giudizio di opposizione ad ingiunzione, cioé, è diversa a seconda che sia investito un normale decreto ingiuntivo, emesso nelle forme stabilite dagli artt. 641 e segg. c.p.c. per il procedimento monitorio, oppure un provvedimento emesso in base alle norme di cui al r.d. 14 aprile 1910, n. 639 (richiamate, per quanto riguarda l’INAIL, dall’art. 17 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765): nella prima ipotesi, poiché la domanda giudiziale è contenuta nel ricorso per ingiunzione e nel pedissequo decreto, il creditore ricorrente mantiene anche nel successivo giudizio di opposizione la veste sostanziale di attore, con ogni conseguenziale onere della prova dei fatti dedotti a sostegno della propria pretesa; nella seconda ipotesi, in cui la presunzione di legittimità assiste il credito, come attestato dalla pubblica Amministrazione o dall’Ente pubblico, e dalla vidimazione del pretore è impressa efficacia esecutiva al provvedimento ingiuntivo, la domanda giudiziale è costituita dall’atto di opposizione, onde l’opponente assume la veste sostanziale di attore, con la conseguenza che a lui compete l’onere di provare l’infondatezza dell’avversa pretesa (v. Cass., Sezioni unite, 6 febbraio 1959, n. 381; Cass. 21 dicembre 1967, n. 3000; 25 maggio 1976, n. 1895; 27 maggio 1978, n. 2675; 2 febbraio 1982, n. 633).

Il secondo mezzo del ricorso è inammissibile, perché generico; esso investe frustraneamente, poi, la sentenza di primo grado, sulla quale non può ovviamente essere portato il controllo istituzionale di questa Corte, mentre non contiene, riguardo alla sentenza di appello impugnata, alcuna specificazione che possa configurare un’utile censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., rendendo possibile l’esercizio della funzione giurisdizionale di legittimità.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Le spese di questa fase del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura che è indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la Società ricorrente a pagare all’INAIL le spese di questa fase del giudizio in L. 80.800, oltre a L. 1.000.000.= (un milione) per onorari di avvocato.
Roma, il 28 marzo 1985. DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 7 GENNAIO 1986