Svolgimento del processo

Il Consorzio dell’Autostrada Messina-Palermo, autorizzato ad occupare d’urgenza due distinti appezzamenti di terreno di proprietà di Currò Carmelo e scaduto il termine della legittima occupazione, trattenne definitivamente i suoli, sui quali realizzò l’opera pubblca. Pertanto, fu convenuto dal Currò davanti al Tribunale di Messina in data 20.4.77, per sentirsi condannare al risarcimento dei danni consistenti nel valore di mercato dei terreni occupati, nella perdita di valore del terreno residuo, nella perdita dei frutti, relativa ai periodi di occupazione legittima ed illegittima.

Costituitosi il contraddittorio ed espletata consulenza tecnica, il Tribunale, con sentenza del 26.1.81, così decise in ordine ai punti che interessano ai fini del presente ricorso per Cassazione.

Considerando di natura edificatoria uno dei due appezzamenti, avente una superficie di mq. 1.020 distaccata della maggiore estensione del terreno di cui alla particella 639, determinò in L. 42.465.000 il danno relativo alla perdita del suolo ed in L. 153.000 il danno relativo a ciascun anno di occupazione legittima ed illegittima, calcolato con il criterio degli interessi sul valore agricolo e non edificatorio del terreno.

La Corte di appello di Messina, con la sentenza del 27.4.83 ora impugnata, confermò le suindicate statuizioni osservando, quanto alla determinazione del danno pe la perdita del suolo che esattamente il primo giudice, di fronte all’illecita e irreversibile occupazione, aveva proceduto alla quantificazione del valore venale (e reale) di esso, tenuto conto dell’ubicazione in zona periferica, rispetto al centro abitato di Barcellona, destinata ad insediamenti di carattere popolare, calcolando L. 25.000 al metro quadro , ed aveva attribuito un’ulteriore aggiunta fino a raggiungere per 1.020 metri quadrati la somma complessiva di L. 42.465.000, in considerazione della diminuzione di valore della residua parte del terreno, rimasta soggetta al vincolo di inedificabilità, ai sensi dell’art. 19 L. 6.8.87 n. 765. Osservò, poi, la Corte messinese che l’indicata perdita economica subita del Currò doveva ritenersi ferma e valida anche attualmente, considerando, altresì, che la svalutazione monetaria non aveva inciso sul prezzo degli immobili nella zona interessata.

Riguardo, infine, alla determinazione dell’indennità per l’occupazione legittima e del danno per quella illegittima, la Corte del merito ritenne esatta l’adozione del criterio circa il calcolo degli interessi legali sul valore agricolo e non edificatorio dell’area, dato che essa al momento dell’occupazione, era utilizzata per colture agricole e che il Currò non aveva provato di avere avuto la concreta possibilità di costruire sul terreno e di venderlo, per dimostrare di avere subito un maggior danno.

Contro tali pronunce Currò Carmelo ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.

Il Consorzio per l’Autostrada Messina-Palermo resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’artt. 40 L. 25.6.1865 n. 2359 e 2043 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., si duole che la Corte del merito avrebbe commisurato, alla stregua dell’indennità di espropriazione ex art. 40 L. 2359-1865, il danno che, viceversa, derivante da illecito extracontrattuale, avrebbe dovuto essere ragguagliato al valore venale del terreno con riferimento al momento della liquidazione e con l’aggiunta della svalutazione monetaria.

La censura è priva di fondamento.

Dalla lettera della sentenza impugnata si evince con chiarezza che il giudice del merito, al fine della determinazione del valore economico del danno subito dal Currò, partì dai presupposti che trattavasi di un illecito extracontrattuale (responsabilità aquiliana del Consorzio) e che il valore del suolo, irreversibilmente occupato era da determinarsi secondo il valore venale di esso, ossia, secondo il giusto prezzo di mercato. Tenne conto del fatto che il terreno si trovava in zona periferica, rispetto al centro abitato di Barcellona, destinata ad insediamenti di carattere popolare, nonché della scarsa incidenza del deprezzamento della moneta sul valore delle aree di quella zona, data una perdurante stagnazione delle domande (di acquisto) rispetto alle offerte (di vendite), per ritenersene esatta la valutazione della misura del danno eseguita dal Tribunale, in essa compreso il degrado relativo alla residua parte del terreno rimasta nella piena disponibilità del Currò.

In sostanza la Corte messinese considerò che la valutazione ai sensi dell’art. 40 LO. 2359-1865, cui si era ispirata il primo giudice, conduceva al risultato identico a quello conseguito secondo il calcolo del valore di mercato del terreno occupato e della perdita di valore della parte residua, ai sensi dell’art. 2043 c.c..

Detto ragionamento, del resto non espressamente impugnato, deve dirsi esente da vizio logico e giuridico, soprattutto se si rifletta che l’indennità di espropriazione, come prevista dalla L. 2359-1865, non si discosta dal valore venale dell’immobile, dovendo consistere nel giusto prezzo di mercato di esso (Artt. 39 e 40).

Quanto, infine, alla lagnanza dell’omesso riferimento della valutazione al momento della liquidazione e del mancato calcolo della svalutazione monetaria, va osservato che, contrariamente all’assunto del ricorrente, la Corte del merito ha espressamente detto che la somma di L. 42.465.000 reintegrava a “tutt’oggi” la perdita subita dal Currò.

Con tale enunciazione è evidente che la valutazione del danno veniva rapportata al momento della liquidazione, coincidente con quello della pronuncia giurisdizionale di 2° grado.

E’ evidente, altresì, che anche della svalutazione monetaria il giudice di appello aveva avuto debito conto, considerandola inesistente oppure inglobata – per quanto detto innanzi – nel valore di mercato dell’area al momento della liquidazione da lui eseguita rispetto a quella fatta dal giudice di primo grado.

Con il secondo motivo, il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 72 L. 25.6.1865 e 2043 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., si duole che il risarcimento del danno per il tempo dell’occupazione illegittima sia stato calcolato col criterio degli interessi legali commisurati al valore agricolo del suolo anziché a quello edificatorio nonostante l’accertata vocazione edificatoria di esso.

La censura è fondata.

Con la decisione n. 1673 del 15.3.82 questa Corte a sezioni unite ha fissato sul punto un principio che, avendo ricevuto un’incondizionata adesione in tutte le decisioni successive (sentt.

6427-82 – 2057-83 – 3016-83), può dirsi ormai consolidato. Con esso si è stabilito che la nature edificatoria del fondo espropriato, pur se concretamente sfruttato a scopi agricoli al momento dell’occupazione, rileva non soltanto ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione e di occupazione legittima, ma anche ai fini del risarcimento del danno per il periodo di illegittima occupazione, tenuto conto che il proprietario del giorno in cui ha perduto la disponibilità del bene è stato privato di ogni possibilità di utilizzazione del medesimo, sicché non è consentito presumere il protrarsi di detto sfruttamento agricolo in luogo di quello edilizio.

La Corte messinese nella sentenza impugnata ha adottato un criterio opposto a quello suenunciato, di modo che questa Corte, che aderisce e fa proprio il principio suddetto, deve cassare la decisione (1) di appello di Catania, che si uniformerà al principio di diritto summenzionato e provvederà, altresì, in ordine al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il 1° motivo di ricorso; accoglie il 2° motivo; cassa la sentenza impugnata limitatamente al punto di cui al 2° motivo e rimette la causa alla Corte di Appello di Catania anche per le spese di questa fase.
Roma 28.6.85
(1) sul punto e rimettere la causa alla Corte. DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 17 GENNAIO 1986