Svolgimento del processo

Il Credito fondiario della CARIPLO e la sezione autonoma per il finanziamento di opere pubbliche presso lo stesso Credito fondiario (d’ora innanzi chiamate più brevemente Banche) avevano concesso all’Ospedale maggiore di Milano alcuni mutui fondiari ammortizzabili con rate semestrali comprensive di quote di rimborso e di interessi.

Nel 1973 e nel 1974 l’Ospedale non poté pagare alle singole scadenze. Ricominciò a versare alle Banche solo nel 1975.

Sorse controversia sulla imputazione dei nuovi versamenti. Le banche ritenevano che la corretta imputazione, ex art. 1194, dovesse riguardare gli interessi moratori che erano iniziati a decorre sulle rate scadute nel 1973 e 1974.

L’ospedale invece riteneva che, come da esso richiesto, il pagamento andasse imputato alle nuove rate scadute nel 1975.

Il quesito fu risolto dal Tribunale di Milano, cui le parti si erano rivolte, che accolse la tesi della Banche. Secondo quei giudici, la disciplina introdotta con la L. 17 agosto 1974 n. 386 e successive modificazioni, con la legge della regione lombarda 6-75, non ha affatto inciso sulla regola ex art. 1194 cod. civ.: il creditore è estraneo ai meccanismi che riguardano soltanto gli ospedali e i loro finanziatori, Tesoro e Regione.

Contro la decisione, ha fatto direttamente ricorso per cassazione l’Ospedale ai sensi dell’art. 360, 2 comma, c.p.c..

Il ricorso è articolato in quattro motivi.

L’Ospedale inoltre solleva questione di costituzionalità dell’art. 38 c. 2 T.U. 646 del 1905, con riferimento all’art. 3 Cost.

Rep., nella parte in cui consente che gli interessi nei mutui di credito fondiario siano assoggettati a anatocismo, in deroga al divieto di cui all’art. 1283 cod. civ.

Resistono le Banche con controricorso ed a loro volta prospettato questione di illegittimità costituzionale delle norme invocate dall’Ospedale, in quanto, ove interpretate come vorrebbe l’Ospedale, sarebbero gravemente derogative nelle norme comuni in materia di obbligazioni, con violazione degli art. 3, 24, 47, 117 Cost. Rep.

Motivi della decisione

Con il primo motivo l’Ospedale lamenta violazione degli art. 1, 2, 3, 14, 16 e 17 l. 17 agosto 1974 n. 386; degli art. 12, 13, 23, 24 della legge 6-75 della Regione Lombardia.

Si sostiene che: a) ex art. 1 L. 386-84 gli amministratori degli ospedali sono responsabili della destinazione del denaro, affluito dagli enti mutualistici a pagamento dei loro debiti in quanto il Tesoro ha deciso di estinguere tali debiti, al pagamento dei debiti degli ospedali verso banche e fornitori contratti in esecuzione di atti deliberativi assunti entro il 31 dicembre 1974: dunque gli amministratori dell’Ospedale devono pagare quei debiti ante dicembre 1974 solo con i denari affluiti a quel titolo; b) per la legge regionale n. 6-75 (art. 23, 24 e 25) le somme che affluiscono dalla Regione debbono invece essere destinate a pagare soltanto i debiti relativi al periodo dal 1975 in avanti. Sussisterebbe quindi regime vincolato ed inderogabile per estinguere in modo separato ed autonomo, i debiti anteriori e posteriori al 1975: vi sarebbe assoluta impermeabilità tra i mezzi erogati dal Tesoro per i debiti pregressi e quelli assegnati dalla Regione per i debiti successivi al 1975.

Afferma poi il ricorrente che dalle norme della legge del 1974 risulta chiaramente che vi è stato un accollo al Tesoro della piena posizione debitoria degli ospedali: gli ospedali, per i debiti antecedenti al 1975, sarebbero divenuti dei “soggetti agenti sulla sola base delle assegnazioni con destinazione vincolata dal Tesoro”.

Il secondo motivo contiene doglianze di violazione degli art. 828 e 830 cod. civ. I Beni che fanno parte del patrimonio indisponibile di un ente pubblico quale l’ospedale non possono essere sottratti alla loro destinazione: ed invece le Banche, accreditando somme provenienti dalla Regione a pagare debiti dell’ospedale già esistenti prima del dicembre 1974 hanno proprio stornato tale destinazione.

Col terzo motivo (violazione art. 1193 e 1194 cod. civ.), la sentenza è oggetto di impugnazione per avere interpretato l’art. 1194 c.c. fino al punto di ritenere legittima l’imputazione anzitutto agli interessi di mora maturati sulle semestralità scadute prima del 1975.

E’ vero, sostiene il ricorrente, che il pagamento deve essere imputato prima agli interessi, ma non è vero che deve essere imputato prima agli interessi compresi proprio nelle singole scadenze (ogni scadenza comprende il rimborso di una parte del capitale e il pagamento degli interessi corrispettivi maturati fino a quel momento sul capitale ancora da restituire).

Nel quarto motivo (sempre violazione art. 1193 e 1194 cod. civ.) si sostiene la tesi per cui ogni semestralità rappresenterebbe un debito autonomo; si che dovrebbe applicarsi l’art. 1193 che prevede l’ipotesi di più debiti verso la stessa persona.

Pare più opportuno affrontare pregiudizialmente il terzo ed il quarto motivo, nonché la questione di costituzionalità sollevata dall’Ospedale.

Se fossero fondati quei motivi, la imputazione fatta dalle Banche sarebbe comunque non corretta anche a prescindere dalla legislazione speciale del 1974.

E’ indiscusso che, a norma sull’art. 14 dpr 21 gennaio 1976 n. 7 (come già dell’art. 8 r.d. 646-1905) sono dovuti, nel caso di mutui fondiari, gli interessi di mora sulle rate scadute comprendenti quote di capitale ed interessi.

La prima domanda che si pone l’Ospedale è se tale speciale disciplina non rappresenti una grave deroga al principio di uguaglianza ex art. 3 Cost.

Ma a tale domanda va data risposta negativa.

Gli istituti di credito che godono di tale apparente privilegio ne godono in quanto si trovano in una situazione ben diversa da quella di un qualsiasi creditore che abbia prestato del denaro con mutuo feneratizio.

Essenziale, a questo riguardo, è la funzione tutt’affatto specifica di questo tipo di mutui fatti appunti a fini di funzione sociale e senza profitto. D’altro canto, gli interessi corrisposti dai terzi mutuatari non costituiscono il corrispettivo del godimento di un capitale della Banca, ma il mezzo per consentire alla Banca di far fronte al pagamento dell’eguale importo di interessi passivi dovuti dalla Banca ai portatori di cartelle.

Poiché questi interessi passivi debbono comunque essere pagati dalle Banche ai portatori di cartelle anche nel caso di mancato pagamento di rate da parte del mutuatario, è perfettamente logico e coerente con le funzioni espletate dalle Banche per questi particolari mutui e con il loro obbligo di pagare gli interessi ai portatori di cartelle, che il debitore, ove non paghi una o più rate, sia tenuto a Corrispondere alla Banca gli interessi di mora. La situazione è talmente particolare da indurre addirittura ad escludere che in tali casi si operi davvero un anatocismo in senso proprio (così una antica sentenza di questa Corte, 18 aprile 1941, n. ).

Ma anche ammettendo che di anatocismo si tratti, pur solo per quella parte di interessi di mora che riguardano la quota di interessi incorporata nella singola rata, la eccezione rispetto alla regola generale ex art. 1283 cod. civ. trova piena giustificazione per quanto detto più sopra: l’art. 3 cost. prevede che a situazioni diseguali corrispondano discipline diseguali e tali sono le situazioni rispettivamente di un normale creditore per mutuo e di un istituto abilitato al credito fondiario.

La seconda questione sollevata dall’Ospedale riguarda l’applicabilità dell’art. 1193 anziché del 1194 cod. civ.: sostiene il ricorrente che ogni singola rata rappresenta un debito diverso sicché dovrebbe applicarsi il primo comma dell’art. 1193 c.c. e dunque ritenere decisiva l’imputazione voluta dal debitore ospedale in sede di pagamento.

Ma correttamente ha affermato la sentenza impugnata che il debito costituito dal cumulo di più rate rimaste insolute rappresenta un unico debito, nel quale sono individuabili una quota matematica del maggiore debito derivante dall’obbligo della restituzione della somma mutuata e l’obbligo di pagare i relativi interessi.

E’ un fatto che l’Ospedale aveva ricevuto una somma a mutuo dalle Banche. Il fatto che, per accordo tra le parti, esso vada restituito ratealmente, in rate che rappresentino una parte del capitale ed una parte degli interessi pattuiti, non modifica affatto l’unitarietà del debito.

La terza questione pone un ulteriore interrogativo. Se fosse vero che il pagamento vada imputato agli interessi, secondo il ricorrente, non si capirebbe perché, essendo rimasti insoluti sia gli interessi di mora sulle singole rate scadute sia gli interessi compensativi compresi nella rata, il pagamento, come ha affermato il Tribunale deve essere imputato solo agli interessi di mora e non alla quota di interessi compensativi.

Ma anche a questo interrogativo va risposto in difformità alla tesi del ricorrente.

E’ vero che in ogni rata è sempre possibile identificare qual’é la quota di interessi e quale quella del capitale. Ma questo non esclude che, scaduta la rata e non pagata, sull’intero importo di essa inizino a decorrere gli interessi di mora.

Ora, la ratio dell’art. 1194 c.d. si fonda sul fatto che, se al debitore fosse consentito di imputare versamenti parziali prima al capitale anziché agli interessi il creditore vedrebbe ridursi la sua pretesa agli interessi in quanto appunto sarebbe stato ridotto il debito capitale. La medesima ratio impone che, di fronte alla scadenza insoluta di una rata di debito (rata che pur comprende una parte del capitale ed una parte di interessi), i versamenti in conto siano da imputare agli interessi di mora sulla rata insoluta: ché altrimenti, proprio come ha inteso escludere il legislatore ex art. 1194 c.c., la imputazione del versamento alla rata scaduta riuscirebbe a ridurre il debito che produce interessi e dunque anche a ridurre la qualità di interessi che maturano mano a mano che si prolunga la insolvenza.

In sostanza, quando come nel caso in esame, il mancato pagamento di una rata comprensiva anche di interessi determina la pretesa del creditore ad avere anche gli interessi moratori sugli interessi non pagati, il pagamento parziale va imputato per primo a questi interessi, ché altrimenti verrebbe frustrata la ratio ex art. 1194 cod. civ.

I motivo terzo e quarto sono dunque infondati, come manifestatamente infondata è la sollevata questione di costituzionalità: in assenza della speciale disciplina relativa agli ospedali di cui alla legge del 1974, senza dubbio sarebbe stata corretta la imputazione fatta dalla Banca.

Si può pertanto passare ad esaminare i primi due motivi che riguardano appunto il rilievo di tale speciale disciplina in funzione della regola disposta ex art. 1194.

La tesi dell’Ospedale è la seguente.

In forza della legge 8 luglio 1974 gli amministratori dell’Ospedale dovevano pagare coi denari affluiti dal Tesoro i debiti sorti e scaduti prima del dicembre 1974; in forza delle legge regionale n. 6-75, il denaro che affluisce dalla Regione è destinato al pagamento dei debiti successivi al dicembre 1974.

Poiché (non è affermazione esplicita ma è necessario presupposto del discorso) il denaro col quale sono stati fatti i versamenti alle Banche proveniva dalla Regione, esso non può essere destinato altro che al pagamento di debiti dal 1975, dunque non al pagamento di interessi relativi a rate scadute nel 1974.

Il corollario è tratto, secondo la ricorrente, dal fatto che la destinazione del denaro è imposta per legge, con obbligo personale degli amministratori; sì che vi sarebbe un preciso vincolo di destinazione che supererebbe un preciso vincolo di destinazione che supererebbe anche la pretesa del creditore a vedersi pagati per prima gli interessi maturati nel 1974, vincolo di destinazione che, come escluderebbe una esecuzione forzata su quel denaro sulla base di crediti di diversa natura (cioé maturati prima del 1975), così impedirebbe al creditore di procedere ad una sua imputazione, contrastante con quella voluta dalla legge speciale, pur se conforme all’art. 1194 cod. civ.. Ma il discorso non convince.

Intanto va escluso che lo Stato si sia accollato tutti i debiti degli ospedali maturati fino al 21 dicembre 1974.

Debitore è rimasto pur sempre l’ente ospedaliero. Sarebbe impensabile un’azione di un creditore dell’ospedale diretta contro lo Stato come se questo fosse davvero un nuovo debitore accanto all’Ospedale o il solo debitore in forza di un accollo privativo.

Il sistema usato dallo Stato è stato ben diverso. Esso è intervenuto, in forza della legge del 1974, a pagare i debiti che gli enti mutualistici avevano verso gli ospedali ottenendo così il duplice risultato di ripianare la situazione debitoria di tali enti prima di arrivare al loro scioglimento e di fare affluire denaro agli Ospedali. Successivamente, poi, con la legge del 461-78, come pare di ritenere dall’art. 8 di tale legge, ha provveduto in qualche modo a mettere in grado gli ospedali di pagare gli eventuali debiti, precedenti al 1975, che essi non fossero riusciti a pagare con i denari loro affluiti a seguito del pagamento che gli enti mutualistici avevano fatto dei loro debiti verso gli ospedali col denaro fornito dallo Stato.

Dunque debitore, sia per i debiti scaduti prima del 1975 sia per quelli scaduti successivamente, è sempre e soltanto l’ospedale.

Va escluso inoltre che nel sistema considerato possa ritrovarsi una norma od un principio in base al quale possa oggi l’ospedale ricorrente pretendere che il suo pagamento alle Banche debba essere imputato a debiti scaduti nel 1975 anziché a quelli scaduti nel 1974 e dunque alle rate scadute nel 1975 anziché agli interessi maturati nel 1973 e 1974 per mancato pagamento delle rate scadute in quegli anni.

Certo, non si porrebbe alcun problema, diverso da quelli esaminati in precedenza, se il denaro versato dall’Ospedale alle banche fosse parte di quello pervenuto all’ospedale a seguito del pagamento dei debiti che verso l’ospedale avevano gli enti mutualistici: l’uso di quel denaro per pagare debiti ospedalieri scaduti nel 1974 sarebbe conforme alla destinazione qua le appare dall’art. 1 della legge 386-74.

Ma anche nell’ipotesi diversa, alla quale certo fanno riferimento le parti di questo processo, cioé nell’ipotesi di versamento alle banche di denaro pervenuto dalla Regione come quota dell’ospedale ricorrente rispetto al fondo regionale di assistenza ospedaliera, in realtà non si porrebbe alcun problema perché non sussiste, in relazione a tale denaro pervenuto dalla Regione, alcun vincolo di destinazione tale da consentire all’Ospedale di superare il preciso disposto dell’art. 1194.

Un vincolo di destinazione si ritrova soltanto, ex art. 1 L. 386-74, per quanto riguarda gli importi assegnati a tacitazione dei crediti vantati (dagli ospedali) nei confronti degli enti mutualistici, cioé gli importi che il Ministero del Tesoro doveva appunto utilizzare per l’estinzione di tali crediti.

La norma, infatti, pare chiara in tal senso.

“Gli amministratori ed i tesorieri sono responsabili della destinazione di tali importi. . per la estinzione dei debiti (degli ospedali) verso istituti bancari e verso fornitori di materiali connessi con l’esercizio della attività ospedaliera”. Anche la ratio della intera disciplina appare confortare tale interpretazione della norma.

L’intenzione del legislatore non era soltanto quella di estinguere le pendenze degli enti mutualistici in occasione del loro prossimo scioglimento, ma anche quello di fare affluire denaro agli ospedali perché pagassero i loro debiti verso banche e fornitori onde evitare che le une egli altri interrompessero le loro prestazioni e rendessero quindi impossibile la prosecuzione stessa dell’attività ospedaliera.

Si spiega quindi un preciso vincolo di destinazione, vincolo che, ponendo un obbligo preciso a carico degli amministratori, impediva che di quegli importi venisse fatto uso diverso, ad esempio l’istituzione di nuove divisioni, sezioni o servizi ospedalieri (art. 6 L. 386-74), l’aumento dei compensi al personale (art. 7) e, essenzialmente, il pagamento di debiti scaduti successivamente al 1974, al quale dovevano bastare i fondi della quota del fondo regionale (a sua volta costituito come quota del fondo nazionale).

Lo Stato, infatti voleva assicurarsi che quel poderoso sforzo finanziario servisse davvero al risultato voluto, chiudere ogni pendenza col passato, sicché dal 1975 sarebbero state le Regioni e solo le Regioni a dovere finanziare gli ospedali.

Che per conseguire questo vincolo di destinazione la legge sia riuscita anche a dar vita ad una sorta di patrimonio vincolato tale da renderlo insensibile a pretese di creditori degli ospedali per crediti sorti o venuti a scadenza nel 1975 è problema che, come si è detto, qui non interessa dato che la fattispecie è ben diversa.

Non rileva dunque il problema se per avventura, in forza di tale disposizione, si debba escludere la pignorabilità di quegli importi da parte di quella categoria di creditori, in quanti si tratterebbe di somme iscritte in una speciale posta di bilancio e destinate con apposita norma di legge a specifica finalità pubblica (Corte Cost. 138-81), esclusione cui potrebbe affiancarsi una rilevanza di tale norma anche in funzione della imputazione di pagamenti.

Come si è accennato, infatti, qui la questione è diversa, è sapere se un simile vincolo di destinazione riguarda anche il denaro che dal 1975 è arrivato all’ospedale della Regione; se cioé davvero gli amministratori siano obbligati, sotto la loro personale responsabilità, ad usare quel denaro esclusivamente per pagare debiti scaduti dopo il 1974, sì che possa anche qui parlarsi di fondi destinati per legge ad una categoria di debiti.

Ma un tale vincolo non c’é.

Obbligo di destinazione è solo quello a carico della Regione relativamente a quanto riceve come sua quota del fondo nazionale per l’assistenza ospedaliera.

Per l’art. 16 L. 386-74, c. 1, “gli stanziamenti assegnati alle Regioni per l’espletamento dell’assistenza ospedaliera sono iscritti in appositi capitoli del bilancio regionale”; per lo stesso articolo, c. 2, le Regioni sono obbligate a ripartire tali fondi tra i vari ospedali regionali in base a criteri obiettivi da determinarsi con legge regionale (appunto quella n. 6-75).

La Regione, ed in specie la Regione Lombardia, è dunque obbligata ad usare quel denaro solo per ripartirlo ai vari ospedali sulla base dei criteri indicati all’art.11 L. regione Lombardia 6-75.

Ma tale vincolo di destinazione del fondo regionale non implica di per sé un vincolo di destinazione a carico dell’ospedale che riceve la sua quota, per cui con quel denaro non potrebbe pagare debiti scaduti in precedenza, in specie nel 1973 e 1974.

Tale vincolo non è previsto né nella legge nazionale né in quella regionale cui si è fatto cenno.

La Regione dà perché deve dare. E poiché deve dare per consentire agli ospedali di proseguire la loro funzione di assistenza dal 1975 in avanti, deve dare un importo che consenta a ciascun ospedale di far fronte alle spese prevedibili per quell’anno; importo, dunque, che tiene conto anche delle rate di ammortamento dei mutui e prestiti pluriennali in atto e che scadono nel 1975, non invece delle rate scadute anteriormente (art. 11 legge regionale, lettera g). Ma la legge non impone agli amministratori, come invece l’art. 1 L. 264-74, un loro proprio obbligo di rispettare un vincolo di destinazione. L’ospedale non risulta tenuto per legge ad usare la sua quota di fondo regionale esclusivamente per far fronte alla varie voci indicate all’art. 11. Queste voci hanno rilevanza giuridica solo perché di esse deve tener conto la Regione per quantificare la quota spettante a ciascun ente ospedaliero, non per stabilire sull’importo così quantificato e poi fatto per venire allo ospedale un vincolo di destinazione.

In mancanza di un preciso, esplicito, vincolo di destinazione posto per legge, non si può parlare di patrimonio destinato per legge ad uno scopo, non dunque di rilevanza ex art. 2740 c.c., non dunque di eventuale rilevanza tale da escludere la pretesa del creditore a norma dell’art. 1194 cod. civ.

Né potrebbe comunque ritenersi che un tale vincolo possa desumersi dall’intero quadro della disciplina della pre-riforma ospedaliera, come parallelo a quello che si è visto sussistere (al di là dei problemi relativi alla sua rilevanza nei confronti dei creditori degli ospedali) ex art. 1 L. 386-74.

Il vincolo ex art. 1 L. 386-74 ha una sua funzione specifica, cui si è accennato a suo tempo: impedire agli amministratori di usare quel denaro per scopi diversi da quelli di pagamento dei debiti scaduti verso Banche e fornitori, essere dunque certi che quei debiti fossero saldati, sì che lo Stato che affidava alle Regioni il finanziamento degli ospedali solo dal 1975 in avanti, non si vedesse costretto ad ulteriori successivi interventi perché quel denaro era stato usato altrimenti.

Ma tale funzione, tale scopo specifico, non è ritrovabile in quella parte della nuova disciplina che impone alle Regioni di distribuire il fondo regionale ai vari ospedali sulla base delle prevedibili spese per il 1975.

Ed è ben logico.

Se un ospedale, col denaro del fondo regionale, paga subito debiti scaduti nel 1974 adempie un suo obbligo precedente al 1975, un obbligo al quale doveva comunque adempiere, col suo patrimonio, sia esso costituito da fondi già inizialmente propri o da fondi pervenuti dal tesoro (questi sì funzionalmente destinati proprio al pagamento di debiti precedenti al 1975) o con fondi pervenutigli successivamente dalla Regione.

Se per avventura tale pagamento esegue col denaro proveniente dalla Regione non va dunque contro la ratio della norma; anzi, detto pagamento è conforme alla ratio che voleva l’estinzione al più presto dei debiti passati.

Certo, così facendo, rischia di trovarsi con minor denaro per far fronte alle spese correnti del 1975.

Ma ciò soltanto significa che non potrà richiedere nuovi esborsi da parte della Regione.

Se dunque gli amministratori potevano liberamente usare del denaro pervenuto dalla Regione per pagare debiti precedenti al 1° gennaio 1975, correttamente le Banche hanno imputato il versamento ricevuto, in applicazione dell’art. 1194 c.c., non ad estinzione di un debito (1) di interessi maturati negli anni precedenti.

Impregiudicata, perché qui non rilevante, la questione della esistenza e della intensità di un vincolo di destinazione per quanto riguarda le somme ricevute dagli ospedali a tacitazione dei loro crediti verso enti mutualistici, appaiono dunque infondati anche i due primi motivi del ricorso, sì che questo deve essere rigettato.

In considerazione della natura della controversia pare opportuna la compensazione totale delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa totalmente le spese tra le parti.
Roma, 20.1.1986.
(1) di capitale mutuato nel 1975 ma ad estinzione di un debito DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 8 LUGLIO 1986