Svolgimento del processo
Con sentenza 24.2/3.4.1982 la corte di appello di Genova rigettava le impugnazioni proposte da M.G.P. e da S. F. nei confronti di F.F.S., quale amministratore del condominio di (OMISSIS) in (OMISSIS), avverso la sentenza 26.2/29.3.1980 del Tribunale della stessa sede che, in accoglimento della domanda 8.8.1977 del condominio, aveva dichiarato illegittima l’apertura fatta praticare dalle convenute nel muro perimetrale dell’edificio da parte dei locatari M.L. e G.G. per consentire loro di ricavare un’unica bottega di vendita di giocattoli dai due vani di rispettive proprietà di ciascuna locatrice, l’uno dei quali non ricompresso nell’edificio condominiale e le aveva condannate, oltre che alla rimessione in pristino, entro due mesi, del muro mediante chiusura a regola d’arte del varco apertovi, al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio e alla rifusione delle spese processuali; e condannava le appellanti alle spese del grado.
Rilevava la Corte la in conferenza della chiesta consulenza tecnica volta ad accertare che il caseggiato di (OMISSIS) costituito in condominio e la proprietà esclusiva S. con fronte in (OMISSIS), caseggiati in cui erano rispettivamente ricompresi i locali posti in comunicazione mediante apertura del muro, costituivano un unico corpo di fabbrica con sporgenze tali da escludere trattasi di un muro perimetrale; osservava al riguardo non essere necessario che il muro perimetrale fosse costituito da un muro maestro e indicava nella non consentita costituzione di una servitù da parte dei singoli condomini le ragioni della illeicità del comportamento delle convenute di apertura del varco nel muro stesso e ciò senza che potesse invocarsi un “precario” concesso al di là da ogni potere di ordinaria amministrazione dal precedente amministratore del Condominio, onde la irrilevanza dei documenti prodotti e delle prove testimoniali chieste a conferma.
Avverso la sentenza la M. e la S. hanno proposto ricorso per Cassazione con tre motivi.
Resiste con controricorso il F. nella indicata qualità.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di impugnazione, denunciando “violazione degli artt. 1117 e 1102 c.c., nonchè dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, le ricorrenti lamentano avere i giudici di appello, pur dando atto della unità strutturale dei caseggiati, caratterizzati da rientranze, sporgenze, muri comuni, cortili comuni e tetto comune, affermato trattarsi di muro perimetrale e ciò erroneamente collegando la natura del muro al dato amministrativo contabile delle diverse amministrazioni condominiali di (OMISSIS) rispetto alla proprietà esclusiva della S. alla (OMISSIS).
Il motivo è infondato.
Invero, la unità immobiliare oggetto del condominio non è necessariamente costituita da una entità separata dagli immobili contigui, da un muro privo in assoluto di soluzioni di continuo, bensì soltanto da una pluralità di immobili, costituita da diversi piani, anche in parte di proprietà di diversi soggetti, ancorchè caratterizzati da sporgenze e rientranze rispetto alla proprietà del vicino, aventi accesso e servizi comuni si da richiedere un’amministrazione unica in cui converga l’interesse di ciascuno dei condomini all’uso della cosa propria attraverso la utilizzazione delle cose e dei servizi comuni a tale scopo funzionalmente necessari.
I muri delimitanti tale unità, costituendone quindi il perimetro, quale che sia la loro natura di muri portanti o meramente divisori dagli immobili contigui, non tollerano aperture che possano da luogo, attraverso il prolungato possesso ad acquisto di servitù a carico della unità condominiale che circoscrivono, comportando il fatto aggravio nella fruizione delle cose e servizi comuni del condominio e ciò indipendentemente dalla esistenza di ulteriori parti comuni alle varie entità immobiliari, come, il tetto, il cortile e le fondazioni, le quali soggiacciono al generico regime della comunione ove non costituiscano a loro volta oggetto di un diverso condominio.
Con il secondo motivo di impugnazione, denunciando “omesso esame di punto decisivo prospettato dalle parti, violazione degli artt. 1117 e 1102 c.c., motivazione omessa o comunque insufficiente (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)” le ricorrenti lamentano non avere i giudici di appello considerato che il muto perimetrale non era di esclusiva pertinenza del condominio, bensì era comune anche alla vicina S., sicchè a ciascuno degli aventi diritto alla comunione spettava la facoltà di servirsene rispettando i soli limiti previsti dalla norma di cui all’art. 1102 c.c..
Il motivo è infondato.
Invero, la comunione del muro tra proprietà confinanti è regolata dall’art. 884 c.c., con attribuzioni di facoltà specifiche tra le quali non rientra affatto quella di aprirvi varchi di attraversamento per accedere alla proprietà del vicino.
Un tale regime, inteso ad assicurare quanto meno la funzione divisoria del muro comune, differisce nettamente dal diverso regime del muro condominiale, secondo cui è consentita la utilizzazione del bene da parte di ciascuno dei condomini conforme alla destinazione propria della cosa e col rispetto del pari diritto degli altri condomini nell’attualità del suo esercizio.
Con il terzo motivo di impugnazione denunciando “errata applicazione e violazione dell’art. 1102 c.c., violazione degli artt. 1325 e 1326 c.c. in relazione all’art. 1130 c.c., n. 2 e art. 1131 c.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) “le ricorrenti lamentano non avere la corte di appello considerato che l’apertura del muro rientrava comunque nella facoltà della condomina M. come non pregiudizievole rispetto al diritto degli altri condomini, stante la avvenuta concessione da parte del precedente amministratore della apertura del varco solo in precario, ossia per il tempo di durata della locazione di G. avente ad oggetto i due locali contigui.
Il motivo è infondato.
Invero, a parte la contraddittorietà tra concessione in precario di una facoltà come tale revocabile in qualsiasi momento, e concessione per un tempo determinato sia pure in relazione alla durata di un diverso rapporto, quale nella specie quello locatorio, ed a parte il dato che i poteri di ordinaria amministrazione riservati all’amministratore possono ricomprendere solo quanto necessario alla gestione del condominio e non anche ciò che ne fuoriesca, e ciò senza rilievo alcuno della limitata durata dell’effetto dell’atto, deve rimaner fermo che al singolo condominio spettano sulla cosa comune le facoltà di uso che non contraddicano la funzione del bene, come, nella specie, quella della permanente separazione del complesso immobiliare condominiale dalla proprietà della vicina, dal che consegue l’abuso accertato dai giudici di merito.
Il ricorso deve essere dunque rigettato con la condanna delle ricorrenti alla rifusione delle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso, condanna le ricorrenti in solido, alla rifusione, in favore di F.S.F., delle spese di questo giudizio in L. 91.000 oltre L. 800.000 per onorari.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 1985.
Depositato in Cancelleria il 16 novembre 1985