Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 6 marzo 1971 il Condominio (omissis) chiedeva al Presidente del Tribunale di Mondovì accertamento tecnico preventivo su uno stabile sito in (omissis)“, in contraddittorio con l’imprenditore edile Geom. \Pagliano Carlo\, circa uno stato di gravissimo pregiudizio per le parti comuni e per taluni alloggi a causa di imponenti infiltrazioni di acqua piovana provenienti dal tetto e dalle terrazze. All’esito, il condominio conveniva in giudizio il \Pagliano\ quale titolare dell’omonima impresa edile, le signore \Brocchiero Giuseppina\ e \Manchiagli Bianca\, venditrici di tutte le unità immobiliari, e nuovamente il \Pagliano\, nella qualità di Procuratore Speciale delle predette, chiedendo la condanna solidale di costoro al risarcimento valutato in L. 40.000.000.

Con due successivi atti di citazione di identico tenore, la società “semplice” La Pineta, in persona del suo legale rappresentante geom.

\Castagno Pietro\, nonchè questi in proprio ed i coniugi \Motta Renato\ ed \Angela @Sorzana\ chiedevano il risarcimento del danno quantificato per i primi in L. 4.000.000 e per i secondi in L. 2.500.000.

Il \Pagliano\, in comparsa di risposta, contestava la propria legittimazione, asserendo che il contratto di appalto per la costruzione dell’edificio era stato stipulato con la Sev. Di Pagliano e C., costituita il (omissis) e sciolta il (omissis);

dal canto loro, la \Brocchiero\ e la \Manciagli\ eccepivano, preliminarmente il loro difetto di legittimazione per essere stata appaltatrice dello stabile la società Sev; in via gradata eccepivano la decadenza dell’azione per mancata tempestiva denuncia dei vizi ai sensi dell’art. 1667 c.c., comma 2, e l’intervenuta prescrizione perchè il fabbricato era stato ultimato nell’(omissis); nel mentre contestavano ogni loro responsabilità, stante la loro qualità di venditrici delle singole unità immobiliari, i cui vizi erano e dovevano essere noti agli acquirenti al momento del trasferimento.

Il Tribunale di Mondovì, con sentenza 30 giugno 1977, ritenuto che le domande proposte dagli attori dovevano qualificarsi come azioni risarcitoria ex artt. 1494 e 1495 c.c. e che non erano fondate le eccezioni di prescrizione e decadenza condannava la \Brocchiero\ e la \Manciagli\ al risarcimento del danno; assolveva il \Pagliano\, nella duplice qualità, per mancanza di legittimazione passiva.

Contro la sentenza proponevano appello tutte le parti e, la Corte di Appello di Torino, con sentenza 7 aprile 1979 accoglieva il motivo principale proposto dalla \Brocchiero\ e dalla \Manciagli\ ritenendo estinta per prescrizione l’azione esercitata nei loro confronti, e ciò in quanto i lavori effettuati dal \Pagliano\ nell’(omissis), l’intervento di costui nelle assemblee condominiali e la lettera dell’avv. Pellegrini in data 15 gennaio 1974 non erano atti idonei ai fini dell’interruzione del corso della prescrizione, mentre respingeva l’appello incidentale avanzato dagli attori.

Ricorrevano in cassazione il condominio (omissis), la società “La Pineta”, il \Castagno\ ed i coniugi \Motta Sarzana\, mentre le controparti resistevano con distinti controricorso.

Questa Corte Suprema, con sentenza in data 6 ottobre 1981, rilevando diversi errori in procedendo ed in iudicando, in particolare l’omissione di pronuncia su una significativa parte della domanda, concernente cioè le azioni proposte in base agli artt. 1667 e 1669 c.c., la quale per la sua importanza non poteva essere pretermessa specie se il giudice di appello avesse ritenuto prescritta la diversa azione di garanzia ex art. 1495 c.c., mentre anche la parte di pronuncia attinente alla constatata prescrizione era inficiata da difetto di motivazione su punti decisivi, cassava la sentenza e rinviava la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Torino.

Quella Corte, con sentenza del 15 giugno 1983, esaminava preliminarmente la doglianza del geom. \Pagliano Carlo\, secondo cui, in sede di rinvio, la causa era stata riassunta nei confronti del geom. \Pagliano\ e non anche nei confronti dell’impresa edile geom.

\Pagliano Carlo\, distinzione che era stata osservata fin dall’inizio della controversia; secondo la Corte era vero che le domande erano state proposte contro il \Pagliano\ nella sua duplice veste, ma era anche vero che, trattandosi di individuazioni coincidenti nella stessa persona fisica, soggetto di diritto e parte processuale fossero una sola, sicchè ogni statuizione di rito e di merito, dovesse essere presa un’unica volta. In secondo luogo la Corte di merito accoglieva il rilievo degli attori secondo cui la pronuncia avrebbe dovuto riposare anche e soprattutto sulla norma di cui all’art. 1669 c.c., che appresta una tutela maggiore al privato di fronte al comportamento del costruttore e del venditore e conduceva, tra l’altro, all’immediato superamento della eccezione di prescrizione; rilevava infatti la Corte che le infiltrazioni d’acqua verificatesi, la cui imponenza è fuori discussione, erano riferibili alle modalità di costruzione dell’edificio ed erano talmente gravi da compromettere la conservazione ed il godimento dell’edificio; e, d’altronde le persone che, a vario livello d’intervento, concretamente cooperarono nella costruzione dell’edificio furono la \Brocchiero\ e la \Manciagli\ da un lato e la società “Sev ed il \Pagliano\ dall’altro”. La Corte, infine, confermava l’entità del risarcimento così come quantificato nel giudizio di 1^ grado.

Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il \Pagliano\ deducendo sei motivi; con distinto atto hanno proposto ricorso anche \Brocchiero Giuseppina\ e \Mangiagli Bianca\.

Resistono in entrambi i casi con controricorso il condominio (omissis), la società semplice “La Pineta”, il geom.

\Castagno Pietro\ ed i coniugi \Motta\.

Motivi della decisione

I due ricorsi in quanto proposti contro la stessa sentenza devono essere riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo di ricorso denunciando violazione degli artt. 101 e 112 c.p.c., artt. 1388 e 1669 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, \Pagliano Carlo\ deduce che erroneamente la Corte del merito avrebbe ritenuto sufficiente la citazione in riassunzione di esso ricorrente sulla considerazione che la duplice veste dello stesso (procuratore speciale delle venditrici e titolare della omonima impresa edile) erano coincidenti nella stessa persona fisica, posto che quale procuratore speciale delle venditrici egli non poteva certo essere ritenuto responsabile dei difetti di costruzione dell’immobile.

Aggiunge il ricorrente che la Corte del merito non ha compreso i termini della doglianza la quale non era diretta a censurare il fatto che gli appellati lo avevano evocato in giudizio in proprio anzichè nella qualità di titolare della ditta individuale, ma bensì per essere stato citato in qualità di procuratore speciale delle convenute \Brocchiero\ e \Manciagli\ e non come costruttore dell’immobile.

Con il terzo motivo denunciando violazione degli artt. 102 e 392 c.p.c. sostiene il ricorrente che l’omessa citazione nel giudizio di rinvio di esso \Pagliano\ nella sua duplice qualità violerebbe il principio del litisconsorzio necessario fra i soggetti che furono parti nel processo di cassazione.

I due motivi, che sono tra loro connessi e possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Le censure appaiono manifestamente pretestuose poichè la norma la quale dispone che la notificazione dell’atto di impugnazione deve essere eseguita mediante la consegna di tante copie quante sono le parti, anche se costituite con un unico procuratore, non trova applicazione nel caso in cui la stessa persona fisica sta in giudizio in proprio e nella qualità di rappresentante di altro soggetto, poichè in tal caso la consegna di una sola copia dell’atto è sufficiente alla tutela della parte e del suo rappresentante.

Il principio trova una giustificazione ancora più intensa quando, come nella specie in cui è stata chiesta la estensione della condanna emessa dai primi giudici nei confronti del \Pagliano\, ai fini della identificazione del destinatario dell’atto assume rilievo non soltanto della identificazione del destinatario dell’atto assume rilievo non soltanto la letterale formulazione della vocativo in ius, ma il suo contenuto sostanziale dal quale traspare la effettiva volontà della parte istante di avanzare una qualche pretesa nei confronti di più soggetti giuridici, anche se rappresentati dalla stessa persona fisica.

Con il quarto e quinto motivo, che prospettano identica questione, sostiene il ricorrente che la Corte di Appello di Torino senza alcun supporto probatorio, sulla base di considerazioni illogiche ed apodittiche ha ritenuto che l’immobile fosse stato ultimato da esso \Pagliano\, quale imprenditore individuale, là dove una migliore lettura degli atti avrebbe consentito di individuare nella ditta S.E.V., già appaltatrice dei lavori, l’impresa che aveva ultimato il fabbricato, non avendo egli mai partecipato in proprio, alla costruzione dell’immobile condominiale.

Le censure non sono fondate.

Costituisce principio di comune applicazione nella giurisprudenza di questa Corte che la disposizione dell’art. 1669 c.c. configura una responsabilità extracontrattuale di ordine pubblico sancita per finalità di interesse generale che trascende i confini dei rapporti negoziali tra le parti.

In applicazione di tale concetto l’azione di responsabilità prevista dalla suddetta norma può essere esercitata pertanto non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che abbia egli stesso costruito l’immobile con propria gestione diretta e, comunque contro ogni costruttore in genere, (tale dovendo ritenersi chi abbia costruito l’immobile sotto proprie responsabilità) senza che abbia rilievo la specifica identificazione del rapporto giuridico in relazione al quale la costruzione è stata effettuata.

Ora in riferimento ai principi dianzi richiamato non hanno fondamento le doglianze del ricorrente contro la sentenza impugnata che con insindacabile apprezzamento di fatto, sulla falsariga di specifiche osservazioni della precedente sentenza di cassazione, ha accertato, con un penetrante e minuto esame, delle vicende contrattuali che hanno contrassegnato la costruzione dell’edificio difettoso, dando essenziale risalto risolto al fatto, di per sè stesso decisivo, che la società S.E.V. alla quale \Brocchiero Giuseppina\ e \Manciagli Bianca\ avevano conferito l’appalto forfettario di mano d’opra per la costruzione del fabbricato, aveva cessato l’attività a far data dal 27 marzo 1971 quando la costruzione del futuro condominio (omissis) non era ancora terminata e che invece la impresa individuale del geometra \Pagliano Carlo\ ebbe a iniziare identica attività a partire dall’(omissis) e poi in base alla specifica posizione presa dal \Pagliano\ di fronte al condominio, il quale si è sempre presentato quale “costruttore” o “impresa costruttrice” riconoscendo i difetti a lui fatti risalire ed assumendo l’impegno di ovviarvi entro breve termine, che anche il \Pagliano\, marito della \Brocchieri\ venditrice degli appartamenti insieme alla \Manciagli\, moglie del geometra \\Monge\, socio del \Pagliano\ medesimo, aveva avuto una parte nella costruzione del fabbricato.

Nè maggior fondamento presenta la ulteriore censura prospettata con il sesto motivo, che peraltro è comune anche alle altre due ricorrenti \Brocchieri\-\Monciagli\, con la quale denunciando violazione degli artt. 2058 e 1223 c.c. in relazione all’art. 116 c.p.c. e art. 300 c.p.c., n. 5, si sostiene che erroneamente la Corte del merito avrebbe confermato la sentenza di primo grado per la parte concernente la quantificazione dei danni, pur avendo il consulente tecnico d’ufficio erroneamente calcolato anche i costi relativi alla esecuzione di opere di miglioria e di straordinaria manutenzione, che non avrebbero dovuto formare oggetto di risarcimento.

La doglianza come appare evidente dalla sua formulazione investe un tipico apprezzamento di fatto dal giudice del merito, insindacabile in questa sede avendo la sentenza impugnata con una motivazione ineccepibile escluso che nella determinazione dei danni risarcibili fossero stati computati anche i costi relativi alla esecuzione di opere di miglioria o di straordinaria manutenzione, avendo l’accertamento riguardante soltanto le riparazioni e le trasformazioni necessarie apportate alle parti dell’edificio per renderlo funzionale ed esente da futuri inconvenienti.

Del parti infondata è la censura del \Pagliano\, contenuta nel secondo motivo, con la quale il ricorrente si duole che la sentenza impugnata abbia omesso di pronunciare sul suo appello incidentale contro la sentenza del Tribunale di Mondovì con il quale, denunciava che pur avendo il primo giudice riconosciuto il suo difetto di legittimazione passiva aveva poi omesso ogni statuizione sulle spese del giudizio, poichè al contrario avendo il giudice di rinvio riformato la sentenza dei primi giudici, assolutoria nei confronti del \Pagliano\, ha conseguentemente statuito sulle spese di tutte le fasi dei pregressi giudizi, addebitando all’attuale ricorrente, in base al principio della soccombenza, anche le spese del giudizio di primo grado.

Passando all’esame dei primi due motivi del ricorso \Brocchiero\- \Manciagli\ diretti a censurare la ritenuta sussistenza della qualità di costruttrici – venditrici delle ricorrenti si osserva che le censure non hanno fondamento.

Le ricorrenti infatti tentano di ottenere attraverso la denuncia di pretesi errori di diritto e di vizi di motivazione un riesame dell’accertamento che i giudici del merito hanno condotto con indagine completa ed analitica quale risulta da motivazione ampia e logicamente coerente sulla parte che la \Brocchieri\ e la \Manciagli\ hanno avuto nelle varie fasi di erezione dell’immobile cooperando al risultato economico della costruzione.

Appaiono ingiustificate anzitutto le critiche delle ricorrenti che negano ogni rilievo all’appalto forfettarie della mano d’opera, conferito alla s.n.c. S.E.V., sostenendo che ciò sarebbe avvenuto al solo scopo di evitare una duplice fatturazione dei materiali, poichè i giudici di appello si sono soffermati sulla dimostrazione di certezza che le due donne affidarono alla S.E.V. un appalto di solo mano d’opera che rimase tale anche in sede di ultimazione dei lavori a riprova che alla S.E.V. era rimasta la fornitura della sola mano d’opera, e se del caso un diretto intervento fattuale nell’eficiazione dell’opera, ma la scelta e l’acquisizione dei materiali, la predisposizione dei progetti, le pratiche di finanziamento e tutto il resto erano state incombenze trattate direttamente o indirettamente dalla \Brocchieri\ e dalla \Manciagli\.

Nè d’altra parte è rilevante che prima dell’inizio del giudizio le attuali ricorrenti siano rimaste estranee alle doglianze dei condomini, poichè i giudici del merito anche su tale punto si sono soffermati ampiamente dando risalto al fatto che in entrambe le adunanze condominiali la parte costruttrice dell’edificio, testualmente denominata in verbale “i costruttori” o “l’impresa” fosse rappresentata dal \Pagliano\, marito della \Brocchieri\ e dal geom. \\Monge\, marito della \Manciagli\ e mentre quest’ultimo non risultava dagli atti quale veste potesse esplicare, se non quella di rappresentare in qualche modo la moglie, il primo in svariati atti di vendita delle singole unità immobiliari aveva formalmente assunto la qualità di procuratore speciale di entrambe le proprietarie- venditrici.

In definitiva i giudici di appello in base ad elementi positivi, concreti e specifici, con apprezzamento di fatto che si sottrae, per la razione e coerente utilizzazione delle risultanze probatorie ad utile censura, hanno correttamente ritenuto che l’opera andava riferita a una pluralità di persone e cioè gli attuali ricorrenti, che hanno concorso in vario modo e misura alla sua realizzazione e che pertanto dovevano rispondere solidamente dei difetti dell’edificio a norma dell’art. 1669 c.c..

Entrambi i ricorsi devono pertanto essere rigettati e i ricorrenti in virtù del principio della soccombenza, condannati alle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi; condanna il \Pagliano\ alle spese in L. 47.750 e agli onorari in L. 1.000.000 e la \Brocchieri\ e la \Manciagli\ in solido alle spese in L. 56.900 e agli onorari in L. 1.000.000.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 1985.
Depositato in Cancelleria il 16 novembre 1985