Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 13.11.1980, da Cassa Edile di Mutualità e Assistenza per la Provincia di Cagliari conveniva in giudizio davanti al Pretore di Cagliari la S.r.l. CO.GE.SAR. e, premesso che quest’ultima aveva provveduto a versare gli accantonamenti e i contributi relativi al periodo 1°.1.1976 – 30.9.1979 oltre il termine previsto dal Regolamento di essa Cassa, ne chiedeva la condanna al pagamento della somma di L. 3.239.746 a titolo di interessi maturati e non pagati. Precisava l’istante che la Società convenuta svolgeva attività edilizia osservando la contrattazione collettiva del settore; che nell’ambito di questa i datori di lavoro erano tenuti a versare alla Cassa, che avrebbe provveduto ad erogare le prestazioni previste dal Regolamento, le quote di retribuzione da accantonare per ferie, gratifica natalizia e festività. e le contribuzioni dovute a titolo di “contributo Cassa Edile (1,60%)”, “contributo Scuola Edile (0,50%)”, “Fondo anzianità di mestiere (2.50%)” e “quote nazionali di servizio sindacale (0,30%)”; che tali adempimenti dovevano effettuarsi, ai sensi del Regolamento, entro il ventesimo giorno del mese successivo a quello di competenza; che, avendo la convenuta versato in ritardo, per il suddetto periodo, gli accantonamenti e le retribuzioni, essa era debitrice degli interessi.

Costituitasi in giudizio, la Società CO.GE.SA resisteva alla domanda, eccependo pregiudizialmente l’incompetenza del Pretore come giudice del lavoro, il difetto di capacità processuale e di legittimazione attiva della Cassa e la nullità del ricorso. Nel merito, contestava la fondatezza della domanda. Infine, osservando che l’intero “contributo” versato alla Cassa Edile (L. 44.100.000 circa) e, in particolare, le quote di servizio, non erano dovuti da parte delle imprese non aderenti all’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili), cosicché il pagamento sia del “contributo”, sia, soprattutto, delle quote di servizio costituiva un indebito oggettivo, proponeva domanda riconvenzionale per ripetere dalla Cassa quanto indebitamente versato.

La Cassa Edile, a sua volta, chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa l’ANCE, la FENEAL-UIL, la FILCA-CISL e la FILLEA-CGIL, quali uniche legittimate a contraddire alla domanda di ripetizione di indebito proposta dalla Società CO.GE.SAR.

Quest’ultima dichiarava di limitare la domanda riconvenzionale alla ripetizione delle sole quote di servizio sindacale; dopo di che il Pretore autorizzava la chiamata in causa dell’ANCE nazionale e della sua sezione provinciale.

L’ANCE, costituitasi in giudizio, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedeva di essere estromessa dal giudizio, dato che nessuna domanda era stata proposta dalla Cassa nei suoi confronti; rilevava, in subordine, l’infondatezza della domanda riconvenzionale.

L’Associazione degli Industriali della Provincia di Cagliari, costituitasi in luogo della ANCE provinciale (non avendo l’Associazione Nazionale Costruttori Edili organizzazioni periferiche), si richiamava, aderendovi, alle conclusioni formulate dall’ANCE.

Con sentenza 22.9.-23.11.1981, l’adito Pretore accoglieva, per quanto di ragione, la domanda della Cassa Edile, condannando la CO.GE.SAR. a pagarle la somma di L. 3.085.472, e rigettava la riconvenzionale proposta dalla convenuta.

Su appello proposto dalla Società CO.GE.SAR., al quale resistevano la Cassa Edile e l’ANCE nazionale (l’Associazione degli Industriali della Provincia di Cagliari rimaneva contumace), il Tribunale di Cagliari, Sezione Lavoro, con sentenza 9.4.-24.5.1982, rigettava il gravame e condannava la Società appellante al rimborso delle spese del giudizio d’appello in favore delle appellate costituite Cassa Edile e ANCE nazionale.

Osservava il Tribunale che era infondata la doglianza della Società appellante circa il rigetto, da parte del Pretore, dell’eccezione di incompetenza sollevata dalla Società stessa sotto due distinti profili: inesistenza di un precedente obbligo della CO.GE.SAR., non aderente alle associazioni sindacali stipulanti il contratto collettivo che prevedeva e disciplinava la Cassa Edile, di versare a quest’ultima gli “accantonamenti” e gli altri “contributi” previsti dallo Statuto e dal Regolamento; autonomia, rispetto all’obbligazione principale – in ipotesi di natura previdenziale – dell’azione diretta al conseguimento dei soli interessi moratori, in quanto esclusivamente originata dal colpevole ritardo nell’adempimento del debito principale.

Quanto al primo profilo dell’eccezione di incompetenza, il Tribunale osservava che, attesi i compiti assegnati alla Cassa Edile dalle associazioni di categoria stipulanti il contratto collettivo che ne prevedeva l’istituzione, dovevano ritenersi vincolante alla Cassa Edile tutte le imprese iscritte a questa, dovendo l’espressione “iscrizione alla Cassa” intendersi non soltanto come rapporto di associazione ad essa, ma anche come rapporto in forza del quale la Cassa si obbliga a fornire i servizi e le prestazioni che ne costituiscono lo scopo verso l’adempimento di tutti gli obblighi imposti alle imprese, che di quei servizi-prestazioni intendono avvalersi, dal contratto, dallo Statuto, dal Regolamento e dalle altre fonti collettive espressamente richiamate; sicché “iscrizione alla Cassa” non significa altro che instaurazione del complesso rapporto di durata che viene a costituirsi tra la Cassa e i soggetti (datori e lavoratori) che si avvalgono dei suoi servizi e delle sue prestazioni conformemente alle norme contrattuali, statuarie e regolamentari che li disciplinano.

Pertanto, l’essere iscritti alla Cassa significa avere accettato la proposta contrattuale unitaria (riguardante gli inscindibili obblighi di accantonamento e contributivi) fatta alle imprese in conformità alle norme collettive che regolano l’attività dell’istituto. Tale complesso rapporto derivante dalla “iscrizione alla Cassa” può ben instaurarsi anche nei confronti di quelle imprese che, come la CO.GE.SAR., si avvalgono dei servizi della Cassa Edile alle condizioni previste dalle fonti collettive che la regolano senza appartenere alle associazioni stipulanti e senza aver dato formale adesione alla contrattazione collettiva: infatti, i datori e i lavoratori, a cui è aperta l’iscrizione quantunque non associati alle organizzazioni contraenti, ben possono aderire, come in concreto era avvenuto nel caso della CO.GE.SAR., per “facta concludentia”, alla proposta contrattuale risultante dal complesso delle norme disciplinanti l’attività della Cassa; e, d’altra parte, nessuna norma contrattuale impone che “l’iscrizione alla Cassa” sia data secondo determinate forme e, in particolare, mediante dichiarazione scritta; essendo sufficiente, come nel caso della CO.GE.SAR., un comportamento concludente, costituito dallo spontaneo invio delle denunce nominative trimestrali dei lavoratori occupati nell’impresa (compilate negli appositi moduli a stampa predisposti dalla Cassa), dal successivo versamento degli “accantonamenti” e di tutti i “contributi” richiesti dalla Cassa Edile in base al contratto collettivo, allo Statuto e al Regolamento, e dalla concreta utilizzazione, da parte del datore e dei lavoratori, dei servizi e delle prestazioni previdenziali e assistenziali previsti dalle suddette fonti collettive.

Pertanto – sempre secondo il Tribunale – doveva concludersi che la CO.GE.SAR. aveva volontariamente instaurato un rapporto di iscrizione alla Cassa Edile, in forza del quale era tenuta ad adempiere, con le modalità e alle scadenze stabilite, a tutti gli obblighi previsti dalle norme regolanti l’istituto, ivi comprese quelle del versamento delle c.d. quote di adesione contrattuale, e che detti obblighi dovevano considerarsi di natura previdenziale in quanto attinenti al conseguimento delle prestazioni previdenziali e assistenziali erogate dalla Cassa Edile, onde il loro inadempimento dava luogo ad una controversia rientrante, ai fini della competenza, tra quelle previste dall’art. 442, 2° comma, c.p.c..

Alla stessa conclusione doveva pervenirsi – per il Tribunale – anche con riguardo al secondo profilo dell’eccezione di incompetenza, secondo il quale, avendo ad oggetto, la domanda il conseguimento dei soli interessi moratori, essa non potrebbe ricollegarsi all’obbligazione principale, data l’autonomia del titolo dal quale potrebbe unicamente farsi derivare (colpevole ritardo nell’adempimento). Pur potendo il credito di interessi assumere un carattere autonomo al punto da essere oggetto di separati atti di disposizione, tale autonomia, rilevante sul piano economico, non esclude, però, che, nel momento genetico, la relativa obbligazione abbia carattere accessorio rispetto a quella principale per modo che, se il credito è originato da obblighi di natura previdenziale, gli interessi che decorrono su di esso non possono non avere la stessa natura; con la conseguenza che la controversia rimane previdenziale anche quando sia richiesta per essi la tutela giurisdizionale separatamente e successivamente alla maturazione e riscossione del capitale a cui si riferiscono.

Aggiungeva il Tribunale che la costituzione in mora e, in genere, il mancato tempestivo adempimento del debitore non potevano mutare la causa del credito di interessi, giacché, a parte il fatto che, trattandosi di crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro, gli interessi decorrono indipendentemente dalla costituzione in mora (artt. 1282 e 1224, c.c.), essi, che in generale assolvono alla funzione di primo risarcimento forfettario del danno da inadempimento o da inesatto adempimento, erano nella specie specificamente previsti dalle parti come obbligazione secondaria e sostitutiva derivante dalla violazione di un’obbligazione inerente al rapporto “previdenziale”, cosi da costituire un effetto del rapporto stesso.

Circa l’eccezione di incapacità processuale della Cassa, riproposta dalla Società appellante, il Tribunale affermava che giustamente il Pretore l’aveva disattesa, potendo la Cassa qualificarsi come un ente di fatto per la sua concreta attitudine alla titolarità di rapporti giuridici propri, ente distinto dai soggetti che ad esse hanno dato vita e da coloro (datori di lavoro e lavoratori) ai quali destinati i servizi e le prestazioni che ne costituiscono gli scopi, e ciò a simiglianza delle associazioni non riconosciute, pur non essendo la Cassa agevolmente inquadrabile tra queste, data la peculiarità dell’organo paritetico attraverso il quale si forma e si manifesta la volontà degli associati (ANCE, Intersind,FENAL-UIL, FILCE-CISL, FILLEA-CGIL). Pertanto esisteva la capacità processuale della Cassa Edile a stare in giudizio in persona dell’organo (il Presidente) a cui, per Statuto, era attribuita la rappresentanza legale.

Infondata era poi la doglianza della Società appellante concernente l’asserito errore in cui sarebbe incorso il primo giudice nel liquidare interessi anatocistici sulle somme attribuite alla Cassa Edile: infatti, premesso quanto già detto circa la sussistenza in capo alla CO.GE.SAR. di precisi obblighi nei confronti della Cassa, il Pretore, liquidando dalla domanda giudiziale gli interessi maturati sugli importi pretesi dalla Cassa a titolo di interessi moratori, aveva correttamente applicato la disposizione contenuta nell’art. 1283, c.c..

Anche l’assunto dell’appellante che la Cassa, col ricevere “senza riserva tutti i singoli versamenti per tre anni di seguito”, avrebbe fatto acquiescenza al presunto,inesatto adempimento, era destituito di giuridico fondamento, poiché, affinché un dato comportamento costituisca acquiescenza, è necessario che esso sia incompatibile con la volontà di avvalersi del diritto rispetto al quale si assume prestata, mentre, nel caso di specie, lo “aver ricevuto senza riserve” il tardivo adempimento non pareva atteggiamento incompatibile con la volontà di richiedere il pagamento degli interessi dovuti a norma di Statuto e di Regolamento.

Altrettanto doveva dirsi per l’assunto dell’appellante che, dovendo i pagamenti effettuarsi mediante versamento delle somme nel conto corrente postale dell’istituto di credito indicato dalla creditrice, sarebbe mancato in tutti i casi un atto di costituzione in mora, non essendo a tale ipotesi applicabile la norma di cui al n. 3, comma 2°, dell’art. 1219, c.c.: valeva, in contrario, la obiezione che l’espressione “domicilio del creditore”, quale luogo di adempimento dell’obbligazione, non andava intesa in senso strettamente tecnico, ma in senso lato, comprensivo di tutto l’ambito di estensione della sfera patrimoniale del creditore, e che, avuto riguardo alla “ratio” della norma contenuta nel 2° comma, n. 3, dell’art. 1219, c.c., l’ipotesi in essa prevista ben poteva equipararsi a quella in cui la prestazione dovesse eseguirsi presso un terzo a ciò indicato dal creditore.

Ugualmente infondata era la doglianza dell’appellante per il fatto che il Pretore avesse ritenuto “vincolante per i versamenti” il termine “di venti giorni dalla fine di ciascun mese di competenza”, e non già quelle di trenta giorni fissato dall’art. 1 del Regolamento: ai sensi dell’art. 7 dello Statuto era il Consiglio di Amministrazione – a cui era demandato di deliberare e approvare i regolamenti interni – l’organo che stabiliva “le eventuali modalità di versamento, integrative di quelle contrattuali”; e la norma regolamentare con cui si prevedeva che “il contributo paritetico” dovesse versarsi “entro il trentesimo giorno dalla fine del mese” di riferimento, era stata successivamente modificata con delibera del Consiglio di Amministrazione, come risultava dalle lettere circolari inviate alle imprese edili operanti nella Provincia e dalle indicazioni e avvertenze contenute nei moduli a stampa predisposti dalla Cassa per le denunce trimestrali dei lavoratori occupati.

Altrettanto infondata era la censura relativa al rigetto della domanda riconvenzionale proposta dalla CO.GE.SAR. per ripetere le quote di adesione contrattuale versate alla Cassa Edile, posto che, come già detto, “iscrizione alla Cassa Edile” significava accettazione dell’unitaria proposta contrattuale rivolta dalla Cassa medesima a tutti i datori di lavoro e ai lavoratori del settore, i quali, con l’iscrizione, erano “vincolati al versamento delle quote di adesione contrattuale” nazionale e delle quote territoriali di adesione che le organizzazioni sindacali avevano facoltà di istituire (art. 44, lett. C del C.C.N.L. del 1976); non trattandosi di quote di adesione alle associazioni stipulanti (previste e regolate appositamente dall’art. 44 del C.C.N.L. 1°.4.1976 e dell’Accordo Nazionale 16.5.1973 ad esso allegato), ma di contribuzioni richieste indistintamente a tutti i datori di lavoro e lavoratori per l’attività svolta in campo nazionale e a livello di circoscrizione per l’istituzione, la regolamentazione e il funzionamento della Cassa Edile.

Infine, l’appellante CO.GE.SAR. aveva torto a dolersi che il Pretore l’avesse condannata a rifondere le spese sostenute dall’ANCE e dall’Associazione degli Industriali della Provincia di Cagliari, sebbene “chiamate in causa dall’attrice con l’opposizione della Società convenuta e al di fuori dei casi previsti dall’art. 104, c.p.c.”, in quanto la suddetta chiamata in causa era stata chiesta ed autorizzata – pur non vertendosi in un caso di garanzia propria – per l’evidente opportunità di fare intervenire in giudizio le parti alle quali la Cassa Edile era tenuta per contratto a versare le quote di adesione contrattuale ricevute dalla convenuta, e per la ripetizione delle quali quest’ultima aveva proposto domanda riconvenzionale, essendo le chiamate in causa comunque legittimate ai sensi dell’art. 105, c.p.c., vantando un proprio interesse ad intervenire nel processo per sostenere le ragioni della Cassa Edile; onde, essendo stato reso necessario il loro intervento dalla condotta processuale delle parti che non aveva provveduto alla chiamata, questa, in quanto soccombente, bene era stata condannata dal Pretore al rimborso delle spese anche nei confronti delle intervenute in forza del principio di cui all’art. 91, c.p.c..

Avverso la suddetta sentenza la S.r.l. CO.GE.SAR. ha proposto ricorso per cassazione affidato a nove motivi e illustrato da successiva memoria.

La Cassa Edile di Mutualità ed Assistenza della Provincia di Cagliari ha resistito con controricorso.

L’ANCE nazionale ha resistito con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale condizionato per un unico motivo ed ha prodotto memoria illustrativa.

L’intimata Associazione degli Industriali della Provincia di Cagliari, non si è costituita in questa fase del giudizio.

Motivi della decisione

I due ricorsi devono, preventivamente, essere riuniti, concernendo la stessa sentenza.

Col primo motivo del ricorso principale, denunciando violazione delle norme (sulla competenza) di cui agli artt. 442 e 444, c.p.c., in relazione all’art. 360, pp., n. 2, c.p.c., violazione degli artt. 113, c.p.c. 1324, 1362, 1363, 1352, 1325, 1321 e segg., 1882 e segg.

1341, e 1342, c.c., in relazione all’art. 360, pp., n. 3, c.p.c., nonché omessa e comunque insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, pp., n. 5, c.p.c., la Società CO.GE.SAR. ribadisce la tesi, respinta dal Tribunale e volta sia a negare la competenza del giudice del lavoro adito, sia, subordinatamente, nel merito, ad escludere la sua responsabilità per asserita inesistenza di un qualsiasi suo obbligo verso la Cassa Edile, secondo cui le imprese non aderenti all’ANCE potrebbero aderire soltanto in forma scritta (art. 1352, c.c.) alla Cassa Edile e non anche per “facta concludentia”, come sostenuto dalla sentenza impugnata. Il Tribunale, affermando che il rapporto di iscrizione di un’impresa alla Cassa Edile di Cagliari può instaurarsi in conseguenza del mero fatto che l’impresa si giovi dei servizi della Cassa Edile, avrebbe emesso l’esame delle norme statuarie ed avrebbe violato i criteri interpretativi in materia negoziale.

Col secondo motivo, denunciando subordinatamente violazione, sotto altro profilo, delle norme (sulla competenza) di cui ai medesimi artt. 442 e 444 c.p.c., in relazione all’art. 360, pp., n. 2, c.p.c., nonché connessa violazione degli artt. 112, c.p.c., 1224 e 1282, c.c., in relazione all’art. 360, pp., n. 3, c.p.c., la stessa Società ricorrente imputa alla sentenza impugnata di avere rigettato l’eccezione di incompetenza da essa proposta anche sotto il subordinato profilo fondato sulla autonomia dell’obbligazione di interessi moratori, fatta valere dalla Cassa Edile, rispetto all’obbligazione principale di versamento degli accantonamenti e dei contributi, e di aver ciò fatto configurando l’obbligo di interessi come accessorio rispetto a quello principale violato, ove questo avesse natura previdenziale, cosi praticamente considerando gli interessi di cui è causa come corrispettivi, anziché come moratori, e non considerando, invece, che, creatosi il giudicato sulla natura moratoria degli interessi riconosciuti alla Cassa Edile dal Pretore, si sarebbe dovuta dichiarare l’incompetenza del Pretore a conoscere della domanda.

Col terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 1, 12 e segg., c.c., 75, c.p.c., in relazione all’art. 360, pp., nn. 3 e 4, c.p.c., nonché contraddittoria e comunque insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, pp., n. 5, c.p.c., la Società ribadisce l’eccezione, respinta dal Tribunale, di incapacità sostanziale e processuale della Cassa Edile attrice, censurando l’affermazione del Tribunale secondo cui la Cassa Edile, se non può inquadrarsi nell’ambito delle associazioni non riconosciute – data la peculiarità dell’organo paritetico attraverso il quale si forma e si manifesta la volontà degli associati – può però qualificarsi come “ente di fatto”, data la sua concreta attitudine alla titolarità di rapporti giuridici propri.

Col quarto motivo, denunciando violazione degli artt. 1283, 1224, c.c., e dell’art. 12 delle preleggi, in relazione all’art. 360, pp., n. 3, c.p.c., la ricorrente sostiene che erroneamente il Tribunale avrebbe applicato la norma di cui all’art. 1283, c.c., dettata in materia di interessi anatocistici, agli interessi moratori di cui all’art. 1224, c.c., a ciò opponendosi la considerazione che questi interessi assolvono ad una funzione risarcitoria (ex art. 1224, c.c.) e non costituiscono, invece, espressione del principio della feralità del denaro, principio che sta alla base tanto della figura degli interessi corrispettivi quanto dello stesso riconoscimento, da parte della legge, dell’anatocismo, nonché la considerazione che l’anatocismo è istituito di carattere eccezionale e non è estensibile ai debiti di valore, qual è quello derivante da responsabilità per danni.

Col quinto motivo, denunciando omessa e comunque insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, pp., n. 5, c.p.c., la Società ricorrente afferma che, nell’escludere che la Cassa Edile avesse fatto acquiescenza agli inesatti adempimenti di essa Società, il Tribunale si è limitato ad affermare che il “ricevere senza riserve il tardivo adempimento non pare atteggiamento incompatibile con la volontà di richiedere il pagamento degli interessi scaduti”. Il Tribunale – ad avviso della ricorrente – avrebbe emesso di considerare sufficientemente l’ininterrotta e perdurante tolleranza da parte della Cassa dei ritardi nei pagamenti.

Col sesto motivo, denunciando violazione degli artt. 1219, n. 3, e 1224, c.c., in relazione all’art. 360, pp., n. 3, c.p.c., la Società ricorrente sostiene che erroneamente il Tribunale avrebbe escluso, nella specie, con riferimento ad interessi di carattere moratorio, la necessità di una costituzione in mora di essa CO.GE.SAR.; e che non potrebbe condividersi l’altro argomento indicato dal Tribunale, secondo cui la mora “ex re” opererebbe anche nell’ipotesi di pagamenti da eseguirsi mediante versamenti in conto corrente postale, attesa la natura eccezionale delle ipotesi di mera “ex re”.

Col settimo motivo, denunciando violazione degli artt. 115, c.p.c., 2697, c.c., 112, c.p.c., 1362 e segg., c.c., in relazione all’art. 360, pp., n. 3, c.p.c., nonché contraddittoria e comunque insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, pp., n. 5, c.p.c., la suddetta Società sostiene che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale in relazione al ritardo nell’adempimento, questo andava computato dai trenta giorni (previsti dal Regolamento), anziché dai venti giorni dalla fine del mese, in quanto non spettava al Consiglio di Amministrazione apportare modifiche al Regolamento, ma, a norma dell’art. 19 del medesimo Statuto richiamato dal Tribunale, soltanto alle organizzazioni sindacali.

Con l’ottavo motivo, denunciando violazione degli artt. 113, c.p.c., 1362 e 1363, c.c., in relazione all’art. 360, pp., n. 3, c.p.c., nonché omessa e comunque insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, pp., n. 5, c.p.c., la stessa ricorrente si duole che il Tribunale abbia confermato il rigetto della domanda riconvenzionale da essa proposta per la ripetizione delle quote di adesione contrattuale e sostiene che, essendo pacifico che l’obbligo di versamento delle quote di adesione contrattuale trova la sua fonte necessaria nell’iscrizione dell’impresa alla Cassa Edile, non tutte le imprese che si avvalgono dei servizi della Cassa Edile instaurano con questa un rapporto di iscrizione e sono tenute al versamento delle suddette quote.

Con nono ed ultimo motivo, denunciando violazione degli artt. 112 e 106, c.p.c., in relazione all’art. 360, pp., nn. 3 e 4, c.p.c., la Società ricorrente si duole di essere stata condannata alle spese processuali anche nei confronti dell’ANCE e dell’Associazione Industriali di Cagliari, e ciononostante l’illegittimità della loro chiamata in causa su istanza della Cassa attrice.

Con l’unico motivo del suo ricorso incidentale condizionato, l’ANCE nazionale, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 106 e 108, c.p.c., in relazione all’art. 360, pp., nn. 3 e 4, c.p.c., si duole che la sentenza impugnata non abbia disposto l’estromissione di essa ANCE dal giudizio e non abbia rilevato che non poteva considerarsi avere “operato quale mandatario” dell’ANCE un ente, quale la Cassa Edile, che, viceversa, aveva operato secondo quanto prescritto da un propria norma statutaria.

Va preliminarmente rilevata e dichiarata l’inammissibilità del ricorso principale della CO.GE.SAR. nei confronti dell’Associazione degli Industriali della Provincia di Cagliari: il ricorso stesso, infatti, è stato notificato alla predetta Associazione l’8.7.1982, in persona dell’Avv. Bartolomeo Salone, che era procuratore domiciliatario soltanto dell’ANCE nazionale nel giudizio di appello, essendo in detto giudizio la predetta Associazione rimasta, invece, contumace. Pertanto, essendo stata effettuata la notificazione del ricorso a persona del tutto estranea alla destinataria dell’atto, la notificazione stessa è inficiata più da inesistenza che da nullità, con la conseguenza che deve ritenersi come non avvenuta nei confronti dell’intimata Associazione degli Industriali della Provincia di Cagliari. Non essendosi questa costituita nel presente giudizio di legittimità, non si è peraltro verificata alcuna sanatoria. La ricorrente CO.GE.SAR. avrebbe dovuto provvedere alla notificazione del ricorso nei confronti di detta Associazione entro il termine perentorio di giorni 60 (art. 325, capov.), decorrente dalla notificazione della sentenza d’appello (art. 326, 1° comma, c.p.c.), avvenuta nei confronti della CO.GE.SAR. il 2.6.1982. Non vertendosi in un caso di litisconsorzio necessario o di cause inscindibili, non è possibile l’integrazione del contraddittorio nei confronti della suddetta Associazione.

Il ricorso stesso va, invece, rigettato nei confronti della Cassa Edile di Mutualità e Assistenza della Provincia di Cagliari e dell’ANCE nazionale.

Il non breve ricorso della CO.GE.SAR. non introduce nella causa alcun elemento nuovo, limitandosi a ribadire le argomentazioni già avanzate in appello e disattese, con ampia ed esauriente motivazione, peraltro scevra da vizi logici ed errori giuridici, dalla sentenza impugnata.

Quanto al primo motivo, si osserva che il Tribunale, alla stregua, peraltro, di una incensurabile interpretazione della normativa collettiva, ha ritenuto che nessuna clausola contrattuale imponesse che l’iscrizione alla Cassa Edile dovesse esser fatta secondo determinate forme e in particolare, mediante dichiarazione scritta, in quanto la iscrizione alla Cassa delle imprese e dei lavoratori non associati alle organizzazioni stipulanti il contratto collettivo poteva avvenire sia attraverso una dichiarazione scritta, sia, come nel caso di specie, attraverso un comportamento concludente, costituito dallo spontaneo invio da parte dell’impresa delle denunce nominative trimestrali dei lavoratori occupati, dal successivo versamento degli “accantonamenti” e di tutti i “contributi” richiesti dalla Cassa Edile in base al contratto collettivo, allo Statuto e al Regolamento, e dalla concreta utilizzazione da parte del datore di lavoro e dei lavoratori interessati dei servizi e delle prestazioni previdenziali e assistenziali previsti dalle suddette fonti.

Pertanto, era infondata la tesi della CO.GE.SAR. circa l’inesistenza di un precedente obbligo di versamento degli accantonamenti e dei contributi previdenziali, tale da escludere la configurabilità di una controversia relativa all’inosservanza degli obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi collettivi e da far venir meno la competenza del giudice del lavoro ai sensi degli artt. 442, 2° comma, e 444, c.p.c..

La non necessità di una dichiarazione scritta per iscriversi alla Cassa Edile rende manifesta anche l’infondatezza dell’ottavo motivo del ricorso col quale la Società ricorrente si duole del rigetto della sua domanda riconvenzionale diretta alla ripetizione delle quote di adesione contrattuale, quote che, come chiaramente spiegato dalla sentenza impugnata, non sono di adesione alle associazioni sindacali stipulanti, ma solo una parte dell’unitaria contribuzione dovuta alla Cassa, ricollegandosi alla iscrizione alla Cassa stessa e costituendo parte del “costo” del servizio di stipulazione del contratto collettivo (e degli altri accordi da cui è regolata la Cassa).

E’ infondato anche il secondo motivo del ricorso col quale, insistendo sull’autonomia della obbligazione avente ad oggetto gli interessi rispetto a quella relativa al capitale, la ricorrente CO.GE.SAR. pretende di individuare un secondo profilo di incompetenza del pretore, quale giudice del lavoro, ex art. 444, c.p.c., sostenendo che non ha natura previdenziale la controversia che abbia per oggetto il pagamento dei soli interessi moratori. La sentenza impugnata ha ben osservato che l’autonomia del credito relativo agli interessi, dalla quale deriva la possibilità di fare gli interessi oggetto di separati atti di disposizione, è rilevante sul piano economico, ma non esclude che nel momento genetico la relativa obbligazione abbia carattere accessorio rispetto a quella principale, per modo che, se il credito è originato da obblighi di natura previdenziale, gli interessi che decorrono su di esso non possono non avere la stessa natura (cosi, circa la stessa natura del credito per interessi rispetto al credito per indennità di lavoro e al credito per contributi assicurativi obbligatori: Cass. civ., 29.3.1976, n. 1134; 7.4.1981, n. 1977). E sotto questo profilo ha omogeneità col credito capitale non solo il credito per interessi corrispettivi, ma anche quello per interessi moratori.

Per rimanere in tema di interessi, si osserva che appare del tutto ingiustificato il quarto motivo del ricorso con il quale si assume l’inapplicabilità dell’art. 1283, c.c. (anatocismo) agli interessi moratori, dato che la predetta norma (purché vi sia esplicita domanda, come nella specie: Cass. civ., 29.6.1982, n. 3912) si applica a tutti gli interessi (e non soltanto a quelli corrispettivi) che siano scaduti almeno da sei mesi dal giorno della domanda.

E’ poi infondato il sesto motivo perché esattamente il Tribunale, dalla correlazione dell’art. 1224, c.c., con l’art. 1219, capov., n. 3, c.c., ha escluso, nella fattispecie, la necessità della costituzione in mora, ricorrendo l’ipotesi della scadenza del termine di una prestazione da eseguirsi al domicilio del creditore, ipotesi alla quale può equipararsi quella della prestazione da eseguirsi presso un terzo a ciò indicato dal creditore (come nel caso di pagamento da effettuarsi su conto corrente nell’istituto di credito indicato dal creditore). A ciò aggiungasi che, trattandosi di crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro (quali quelli per accantonamenti e per contributi dovuti alla Cassa Edile), essi producevano interessi di pieno diritto (senza necessità, quindi, di una formale costituzione in mora), a norma dell’art. 1282, 1° comma, c.c.. E’ da ricordare il principio secondo cui gli interessi legali sui crediti pecuniari liquidi ed esigibili, quali sono i crediti di lavoro e quelli previdenziali, decorrono di pieno diritto, dalla maturazione di questi alla scadenza, indipendentemente dalla mora, in quanto sono determinabili attraverso un procedimento di mero calcolo sulla base di elementi aritmetici già noti o che comunque devono essere noti (Cass. civ., 7.3.1983, n. 1663).

Il Tribunale, in base ad una corretta e, peraltro, incensurabile interpretazione delle norme regolamentari e statuarie della Cassa Edile, ha ritenuto che del tutte legittimamente il Consiglio di Amministrazione, al quale spettava di “deliberare ed approvare i regolamenti” della Cassa (art. 11 dello Statuto), avesse modificato l’art. 1 del Regolamento, portando da trenta a venti giorni dalla fine del mese il termine per il pagamento dei contributi; onde è infondato anche il settimo motivo del ricorso.

Inconsistente è il terzo motivo con cui la ricorrente insiste nella tesi della incapacità sostanziale e processuale della Cassa Edile. Il Tribunale ha esattamente individuato nella Cassa Edile un ente di fatto dotato di autonomia e con attitudine ad essere titolare di rapporti giuridici propri, distinte dai soggetti che ad esso hanno dato vita e da coloro (datori di lavoro e lavoratori) ai quali sono destinati i servizi e le prestazioni che ne costituiscono gli scopi; e ciò a simiglianza delle associazioni non riconosciute, pur senza identificarsi in queste. Corretta, quindi, l’affermazione del Tribunale circa la capacità processuale della Cassa a stare in giudizio in persona dell’organo (Presidente) che ne ha, per Statuto, la rappresentanza legale.

Il quinto motivo è infondato perché il Tribunale, con congrua valutazione del comportamento della Cassa Edile e con apprezzamento di merito incensurabile in questa sede, ha escluso che la Cassa avesse fatto acquiescenza ai tardivi adempimenti della CO.GE.SAR. e che il ricevere senza riserve tali tardivi adempimenti concretasse un atteggiamento incompatibile con la volontà di richiedere il pagamento degli interessi scaduti. In ogni caso, non si ravvisa il denunciato vizio di motivazione sul punto.

E’, infine, infondato il nono motivo col quale la ricorrente lamenta di essere stata in prime cure condannata alle spese processuali anche nei confronti dell’ANCE nazionale e dell’Associazione degli Industriali della Provincia di Cagliari, e che il Tribunale non abbia riconosciuto l’illegittimità di tale condanna: è sufficiente rilevare che la chiamata in causa di tali Associazioni, pur effettuata su istanza della Cassa Edile attrice, è stata determinata dall’infondata domanda riconvenzionale della CO.GE.SAR., la quale, pertanto, doveva sopportarne le spese.

Il rigetto del ricorso principale della CO.GE.SAR. comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato dell’ANCE nazionale.

Per effetto della sua soccombenza, la ricorrente CO.GE.SAR. va condannata al pagamento, in favore di ciascuna delle resistenti costituite (Cassa Edile e ANCE nazionale) delle spese e degli onorari di questa fase del giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

Nulla va disposto per le spese e gli onorari nei confronti dell’Associazione degli Industriali della Provincia di Cagliari, non essendo questa costituita.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso CO.GE.SAR. contro l’Associazione degli Industriali della Provincia di Cagliari; rigetta il ricorso stesso nei confronti della Cassa Edile di Mutualità ed Assistenza di Cagliari e dell’ANCE nazionale, assorbito il ricorso incidentale condizionato di quest’ultima; condanna la ricorrente al pagamento in favore di ciascuna delle resistenti costituite delle spese, liquidate in L.43.750 nonché degli onorari, liquidati, sempre per ciascuna resistente, in L. 1.000.000 (un milione); nulla per le spese nei confronti dell’Associazione degli Industriali della Provincia di Cagliari. Roma, 7.6.1985. DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 6 MARZO 1986