Svolgimento del processo

Con ricorso al Pretore di Camerino del 5 febbraio 1980 Pasquale Roscioni chiedeva che fosse affermato il suo diritto nei confronti dell’I.N.A.I.L. alla rendita permanente da malattia professionale, sostenendo di aver contratto, a causa e nell’esercizio della sua attività agricola, una broncopneumopatia causata da taluni degli agenti morbigeni indicati al n. 21 della tabella all. 5 al d.p.r. 30 giugno 1955 n. 1124 (sostituita con d.p.r. 9 giugno 1975 n. 482).

L’I.N.A.I.L., costituitosi in giudizio, si opponeva alla domanda, negando l’origine professionale della malattia.

Eseguita consulenza tecnica medico-legale, la quale concludeva nel senso della genesi professionale della bronchite cronica asmatica rilevata nel Roscioni, riconoscendo a questi una inabilità permanente del 12 per cento, il Pretore, dissentendo da tali conclusioni, rigettava la domanda.

La decisione riceva conferma, in sede di appello, dal Tribunale della stessa città con sentenza del 23 febbraio 1982.

Il Tribunale osservava che il consulente tecnico di primo grado, dopo aver premesso che elementi tali da escludere l’origine professionale della broncopatia sono l’insorgenza della malattia in età relativamente avanzata e la preesistenza di turbe dell’apparato circolatorio, ed aver rilevato che il Roscioni aveva iniziato a soffrire di bronchite nel 1974 all’età di 67 anni, nonché di ipertensione già dal 1970-71, ed era affetto da cardiopatia ipertensiva arteriosclerotica, aveva poi inaspettatamente affermato l’origine professionale della malattia. Soggiungeva che seppure a favore di tale ipotesi deponeva lo esito positivo degli esami allergologici eseguiti nel 1980 per quanto riguardava la paglia ed il fieno, gli stessi esami nel 1977 avevano dato esito negativo, e che peraltro il Roscioni aveva cessato, secondo sua dichiarazione, ogni attività lavorativa sin dal 1975, sicché la sua esposizione agli allergeni era da ritenersi del tutto episodica e casuale. Concludeva che non era pertanto operante nella specie la presunzione legale circa l’eziologia professionale della malattia e che la bronchite cronica asmatica da cui il Roscioni era affetto doveva attribuirsi alla generale senescenza dell’organismo.

Contro questa sentenza Eva Grilli vedova Roscioni, Maria Carla, Giuseppa e Anna Maria Roscioni, eredi Pasquale Roscioni, frattanto deceduto, hanno proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. L’I.N.A.I.L. resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo del ricorso, nel denunziare violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 211 del d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 con riferimento al n. 21 dell’allegata tabella n. 5 ed in relazione alla sentenza della Corte costituzionale 4 luglio 1974 n. 206, nonché erroneamente e contraddittoria motivazione, i ricorrenti, eredi del defunto Roscioni, lamentano che il Tribunale abbia dissentito dalle conclusioni del consulente tecnico di primo grado senza considerare che la diagnosi da questi espressa di broncopatia professionale era fondata su dati anamnestici, radiografici, clinici obiettivi, spirometrici ed allergologici, ed abbia altresì negato valore alla presunzione di legge circa l’esistenza di un nesso eziologico tra l’attività lavorativa e l’insorgenza della forma morbosa.

Il ricorso è infondato.

Ai fini del riconoscimento del diritto ad una rendita per inabilità permanente da malattia professionale occorre che il lavoratore sia stato addetto ad una delle lavorazioni morbigene tassativamente elencate nella tabella allegata alla legge infortunistica ed abbia contratto una infermità riconducibile ad una delle specifiche malattie pure previste con carattere tassativo nella stessa tabella in corrispondenza di ognuna delle dette lavorazioni.

In tale sistema tabellare rigido, ove esistano entrambe le menzionate condizioni, è presunta legalmente l’esistenza del nesso eziologico tra la lavorazione morbigena e l’infermità, ossia l’origine professionale della malattia (cfr. Corte cost. n. 206 del 1974).

Nel caso in esame, il Tribunale, prendente atto del risultato delle indagini medico-legali compiute dal consulente tecnico nominato dal Pretore, e dissentendo però, come quel primo giudice, dal parere conclusivo espresso dallo stesso consulente, ha negato che il defunto Roscioni fosse affetto dalla denunciata malattia professionale dell’agricoltura. E di tale dissenso ha esposto con adeguata motivazione le ragioni, che si compendiavano essenzialmente nella ravvisata discordanza, sul piano della conseguenzialità logica, tra l’indicazione contenuta nella relazione del consulente degli elementi clinici che inducono ad escludere il carattere specifico di una broncopatia e quindi la sua riconducibilità ad una delle broncopneumopatie tabellate, nonché tra l’individuazione per l’appunto di siffatti elementi nelle modalità di insorgenza della bronchite cronica asmatica da cui il Roscioni era affetto, e l’inopinata conclusione nella parte finale della relazione medesima circa la natura professionale della malattia.

Nel respingere codesta conclusione per l’incompatibilità con le accennate premesse, il Tribunale ha anche posto in evidenza che essa non era neppure sufficiente corroborata dagli esami allergologici, mentre del tutto episodica e casuale era stata l’esposizione del Roscione agli specifici agenti morbigeni, sicché trattavasi di malattia dovuta a generale senescenza dell’organismo.

Si è dunque dinanzi ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità, siccome sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici.

Non sussiste peraltro alcuna violazione della presunzione legale circa la eziologia professionale della malattia. Invero, alla stregua di quanto già chiarito, nell’attuale sistema la presunzione del nesso eziologico tra una certa lavorazione morbigena prevista nella tabella medesima è operante soltanto quando sia fornita la duplice prova che l’assicurato sia stato adibito ad attività lavorativa tutelata e che l’affezione denunciata abbia le caratteristiche tipiche della tecnopatia. Poiché tale dimostrazione, come risulta dall’impugnata sentenza, non è stata data dal lavoratore, nessun addebito può essere mosso al Tribunale sotto il denunciato profilo.

In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato. Nulla per le spese di questo giudizio, a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 1985
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 2 GENNAIO 1986