Con decreto emesso il 28 maggio 2009 la Corte d’appello di Torino condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di S.L. della somma di Euro 5.000,00 con gli interessi legali dalla stessa data, a titolo di equa riparazione, ex art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per la violazione del termine ragionevole del processo avente ad oggetto l’accertamento della proprietà di un immobile, in cui ella era intervenuta con atto del 13 maggio 1999: processo, conclusosi in primo grado con sentenza 28 dicembre 2005 e tuttora pendente in grado d’appello. Con un ritardo accertato in cinque anni rispetto alla durata ordinaria di tre anni per il primo grado e due per il grado d’appello; esclusa l’indennizzabilità, allo stato, dell’ulteriore periodo futuro prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni, fissata al 21 giugno 2011.
Avverso il provvedimento la signora S. proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, notificato il 16 ottobre 2009 ed ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Deduceva:
1) la violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione dei diritti dell’uomo, nella valutazione del ritardo irragionevole del processo presupposto, che non teneva conto del periodo di tempo destinato a trascorrere fino all’udienza di precisazione delle conclusioni fissata al 21 giugno 2011;
2) la violazione della medesima norma come interpretata dalla Corte europea e della L. 24 marzo 2001, n. 89 in ordine all’accertamento della durata del processo e del danno non patrimoniale indennizzabile.
3) la violazione dell’art. 92 cod. proc. civ. nella compensazione parziale delle spese.
Resisteva con controricorso il Ministero della Giustizia.
All’udienza del 9 Marzo 2011 il P.G. precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione di legge nella mancata considerazione, in sede di accertamento del ritardo irragionevole, del periodo di tempo destinato a trascorrere fino all’udienza di precisazione delle conclusioni, fissata al 21 giugno 2011.
Il motivo è infondato.
Come esattamente rilevato dalla corte territoriale, l’equa riparazione è dovuta per il ritardo effettivamente maturato all’epoca all’edictio actionis. ex L. n. 89 del 2001. Non può quindi essere preso in considerazione l’ulteriore ritardo, futuro ed incerto, suscettibile di maturare nel prosieguo del processo in corso: sia pure fino ad un dies ad quem determinato in corrispondenza di un’udienza già fissata.
Di ciò si rinviene conferma nell’incipit della L. n. 89 del 2001, art. 2 in cui il tempo al passato prossimo del verbo (“chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale …”) identifica con chiarezza inequivoca un evento lesivo storicamente già verificatosi, e dunque certo; con simmetrica esclusione implicita di danni futuri, eziologicamente dipendenti da causa non attuale, e quindi solo ipotizzabili, allo stato, in chiave probabilistica. La L. n. 89 del 2001, stesso art. 4, che consente l’esercizio dell’azione in pendenza del processo (come nella specie avvenuto) implicitamente delimita l’ambito del pregiudizio, anticipandone la liquidazione per la violazione già integrata; salva l’eventuale proposizione di una successiva domanda per l’aggravio del ritardo nel prosieguo del processo presupposto. Nè si potrebbe parlare, in tal caso, di irragionevole duplicazione di processi, dal momento che l’anticipazione della domanda sarebbe frutto di una libera scelta della parte.
Oltre a ciò, si osserva che il danno futuro allegato dallo S. non può neppure dirsi certo sol perchè sia già stata fissata l’udienza di precisazione della conclusioni: potendo ancora intervenire variazioni nell’iter processuale sotto forma di eventi allo stato imprevedibili, suscettibili di incidere sull’entità dell’equo indennizzo: come ad esempio, un’anticipazione di udienza, una transazione, una rinuncia agli atti ecc..
Anche il secondo motivo è infondato, dal momento che la liquidazione dell’equo indennizzo del danno non patrimoniale in Euro 1000,00 per anno di ritardo appare perfettamente in linea con la giurisprudenza di questa corte, in difetto di prova di una particolare urgenza e rilevanza della causa presupposta.
E’ pure infondato l’ultimo motivo con cui si denunzia la violazione dell’art. 92 cod. proc. civ..
Anche se è vero che la liquidazione delle spese processuali nelle cause aventi ad oggetto il risarcimento del danno deve essere commisurato alla somma effettivamente liquidata e non a quella pretesa, ex art. 6 (Determinazione del valore della controversia) del D.M. 8 aprile 2004, n. 127 (“Nella liquidazione degli onorari a carico del soccombente, il valore della causa è determinato a norma del codice di procedura civile, avendo riguardo …, nei giudizi per pagamento di somme o liquidazione di danni, alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata”), pure, possono sussistere ragioni specifiche per una compensazione parziale:
ravvisate dalla corte territoriale nel notevole ridimensionamento in punto quantum debeatur rispetto alla pretesa della parte attrice, con motivazione immune da vizi logici.
Il ricorso dunque è infondato e va respinto; con la conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, sulla del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 500,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 9 Marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2011