che il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo avverso il provvedimento della Corte d’appello di Firenze, depositato il 26.10.07, con cui il Ministero della Giustizia veniva condannato, ex L. n. 89 del 2001, in favore di B.M.R., B.J.S., B. B. e B.A. al pagamento di un indennizzo in favore di ciascuno di essi di Euro 7000,00 per l’eccessivo protrarsi di un processo penale a carico del loro defunto genitore B. F. iniziato il 4 ottobre 1993 e conclusosi con sentenza della Corte di cassazione del 9 giugno 2006 per una durata complessiva di 12 anni(otto mesi e cinque giorni;
che gli intimati hanno resistito con controricorso; che entrambe le parti hanno depositato memorie.
OSSERVA Il Ministero deduce che erroneamente agli attuali resistenti è stato liquidato un indennizzo di Euro 7 mila ciascuno, in quanto, avendo essi fatto valere il diritto all’equo indennizzo nella loro qualità di eredi, questo doveva essere liquidato cumulativamente e non a favore di ciascuno di essi.
Il ricorso è ammissibile.
Invero l’esposizione del fatto risulta dal richiamato decreto della Corte d’appello circostanza che di per sè non costituisce causa d’inammissibilità, ed inoltre il quesito risulta del tutto pertinente e il motivo tutt’altro che generico. Non è ragione di inammissibilità,poi, la formulazione di censure plurime all’interno del motivo.
Ciò postoci ricorso è fondato.
E’ pacifico che il processo è durato per 12 anni,otto mesi e cinque giorni e che per tutto il detto periodo fino alla sentenza della Corte di cassazione il de cuius è stato parte in causa.
La determinazione del danno morale deve, pertanto, effettuarsi esclusivamente in relazione al patimento subito dal defunto B.F. in relazione al quale gli eredi attuali resistenti hanno diritto alla partecipazione pro quota, in quanto, non essendo stati essi parti nel giudizio presupposto, nè avrebbero potuto esserlo(trattandosi di giudizio penale in cui la responsabilità è personale, nessuna sofferenza in proprio è ad essi accreditabile.
Ne consegue che il danno andava liquidato in unica somma per la sofferenza patita dal de cuius.
Il motivo va, pertanto, accolto,con conseguente cassazione del decreto impugnato e, sussistendo i presupposti di cui all’art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito con la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’equo indennizzo liquidato nella complessiva somma di Euro 7000,00 in favore di B. M.R., B.J.S., B.B. e B.A., oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
Si compensano le spese del presente giudizio mentre quelle del giudizio innanzi alla Corte d’appello si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione,cassa il decreto impugnato in ragione della censura accolta e Recidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma complessiva di Euro 7000,00 in favore pro quota di B. M.R., B.J.S., B.B. e B.A. oltre interessi legali dalla domanda al saldo;
compensa le spese del presente giudizio e condanna il Ministero al pagamento delle spese del giudizio di merito (liquidate in Euro 1621,60, di cui Euro 800,00 per onorari ed Euro 154,28 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2011