La Corte di Appello di Genova, esaminando la domanda di equa riparazione proposta da G.L. con riguardo alla durata irragionevole di un procedimento penale apertosi presso il Tribunale di Lucca il 12.5.99 e concluso con sentenza del 10.11.2006, con decreto 12.11.2007 ha riconosciuto la durata irragionevole di anni quattro e mesi sei e per il danno non patrimoniale conseguente ha liquidato la somma di Euro 9.000,00 con accessori ma ha negato fondamento alla domanda di ristoro del danno patrimoniale, e segnatamente, e per quel che rileva, al danno da maggiori spese processuali, al proposito sostenendo che dette spese erano …."conseguenza della complessità della imputazione, che ha richiesto una attività istruttoria articolata in diverse udienze".
Per la cassazione di tale decreto, nella parte in cui ha indebitamente negato l’indennizzabilità quale danno patrimoniale delle maggiori spese legali connesse ad una maggiore, ed irragionevole, durata del processo, ha proposto ricorso il G. in data 3.3.2008. Alla fissata udienza del 22.4.2010 il Collegio, rilevata la nullità della notifica del ricorso, effettuata presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, ne ha disposto la rinnovazione entro giorni trenta. Il G. ha provveduto alla rinnovazione con notifica in data 30.4.2010 ed all’atto di impugnarne ha opposto difese l’Amministrazione con controricorso del 9.6.2010.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Sono inesatte le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dall’Avvocatura controricorrente posto che, da un canto, la rinnovazione è stata disposta con ordinanza a verbale 22.4.2010 e che, dall’altro canto, detta rinnovazione appare conforme al costante indirizzo di questa Corte (Cass. n. 15062 del 2006).
Quanto alla pretesa genericità del quesito ex art. 366 bis c.p.c., requisito ratione temporis applicabile, essa non sussiste posto che il quesito prospetta l’indebita sottrazione dall’osservanza del principio per il quale l’attività defensionale svolta nel periodo di durata irragionevole (in relazione ad inutili udienze) è cagione di danno patrimoniale indennizzabile, errata essendo la riconduzione di tale attività alle originarie ed unitarie esigenze difensive.
Venendo al merito dell’unico motivo di ricorso, pare certamente condivisibile la censura di violazione di legge commessa dalla Corte di merito la quale non ha applicato il principio posto da questa Corte (Cass. n. 19887 del 2005) ed al quale il Collegio intende dare corso, massimato nel senso che: in tema di equa riparazione di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, le spese legali sostenute dall’imputato (definitivamente assolto) in relazione ad inutili udienze ricadenti in periodi eccedenti il termine di durata ragionevole del giudizio penale presupposto, costituiscono un effetto dannoso riconducibile direttamente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, tenuto anche conto che il relativo esborso, trattandosi di procedimento penale, non può trovare rimedio mediante il recupero a carico della controparte, in base al principio della soccombenza.
La Corte di merito, ignorando tale principio è incorsa nel denunziato errore dimenticando che l’attività defensionale nel processo penale si svolge nel tempo ed è totalmente irripetibile (in difetto di una controparte) e che non se ne può predicare la non inclusione nel danno patrimoniale risarcibile in ragione della sua esclusiva dipendenza da una accertata "complessità" originaria della imputazione, dovendosi invece individuare quanta parte di tale attività si sia tradotta in assistenza cagionata dalla individuata durata irragionevole del processo, ed a tal durata esclusivamente riferibile, e quali esborsi si siano sostenuti per essa. In accoglimento del ricorso, pertanto, si cassa il decreto e si rinvia alla stessa Corte per nuovo giudizio sulla domanda di indennizzo alla luce del rammentato principio di diritto (e per regolare le spese anche del giudizio di legittimità).

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2010