Con ricorso del 21.09.2007, A.G. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrispondergli llequa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione delllart. 6, sul "Diritto ad un processo equo", della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dellluomo e delle libertaa fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.
Con decreto del 29.02 – 18.03.2008, lladita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero della Giustizia a pagare alllistante, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, la somma di Euro 6.000,00, nonchee il 50% delle spese processuali, compensate per la residua parte e liquidate per llintero in complessivi Euro 1.225,00, di cui Euro 500,00 per diritti ed Euro 700,00 per onorari, oltre accessori. La Corte osservava e riteneva in sintesi:
che ll A. aveva chiesto llequa riparazione del danno subito per effetto delllirragionevole durata del processo civile, in tema di responsabilitaa del mandatario in relazione ad una compravendita immobiliare, processo che era stato introdotto nei suoi confronti dalla mandante, il 16.04.1993, e che era stato deciso dal Tribunale di Salerno, con sentenza in data 2.12.2005, passata in giudicato, di rigetto delle domande svolte da entrambe le parti che il ritardo irragionevole di definizione del processo presupposto doveva essere stimato in anni 6, sottraendo al tempo di effettiva sua durata la durata media triennale di un processo consimile maggiorata dei triennio di sospensione seguito alllentrata in vigore della legge sulle sezioni stralcio che il chiesto indennizzo del danno morale poteva essere equitativamente liquidato alllattualitaa nella complessiva misura di Euro 6.000,00, in adesione anche ai parametri indennitari fissati dalla Suprema Corte Avverso questo decreto, notificato il 26.09.2008, ll A. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi, notificato al Ministero della Giustizia, che ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il ricorso ll A. denuncia, conclusivamente formulando quesiti di diritto:
"Violazione e falsa applicazione delllart. 6, par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellluomo e delle libertaa fondamentali, ratificata con L. 4 agosto 1955, n. 848, e della L. n. 89 del 2001, art. 2, del concetto di termine ragionevole del processo. Motivazione insufficiente, contraddittoria ed omessa su punti decisivi della controversia. Art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5" erroneo computo della durata complessiva e quindi errata per difetto determinazione del ritardo incongruo in quanto a) essendo stata la sentenza depositata pubblicata il 21.03.2006 occorreva includere anche il successivo tempo, pari a 1 anno e 46 giorni, intercorso sino alla formazione del giudicato b) occorreva fare decorrere il computo non dalla data della prima udienza ma dalla data ddiscrizione a ruolo della causa.
Conclusivamente sostiene anche che la durata effettiva del processo presupposto era stata di ben 14 anni dalllaprile 1993 al maggio 2007.
La censura ee priva di pregio, involgendo dati e riferimenti temporali avulsi dalllevidenziata corrispondenza della durata complessiva del giudizio stabilita in sede di merito con quella espressamente indicata nella trascritta domanda introduttiva e sia non pertinente con riguardo alla data di decorrenza del processo, individuata non in quella della prima udienza ma in quella di notifica delllatto di citazione.
"Violazione e falsa applicazione delllart. 6, par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellluomo e delle libertaa fondamentali, ratificata con L. 4 agosto 1955, n. 848, e della L. n. 89 del 2001, art. 2, del concetto di termine ragionevole del processo, nonchee dei parametri adottati dalla Corte Europea in materia di durata del processo ed indennizzo del danno non patrimoniale, nonchee delllart. 115 c.p.c. e delllart. 2729 c.c..
Motivazione insufficiente e contraddittoria su punti decisivi della controversia. Art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 "Il ricorrente sostiene che i giudici di merito hanno indebitamente aggiunto alla durata media ragionevole di 3 anni altri 3 anni occorsi per llattuazione della L. n. 276 del 1977, istitutiva delle sezioni stralcio.
Il motivo ee fondato alla luce del condiviso principio di diritto giaa affermato da questa Corte, secondo cui In riferimento ai criteri di accertamento della violazione del termine ragionevole del processo, di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, in tema di equa riparazione, nella individuazione della durata mediamente qualificabile come fisiologica del processo, non deve tenersi conto del tempo occorso per llattuazione della L. n. 276 del 1997, istitutiva delle sezioni stralcio (cfr. Cass. 200518650; 200501334).
3. Violazione e falsa applicazione delllart. 6, par. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dellluomo e delle libertaa fondamentali, ratificata con L. 4 agosto 1955, n. 848, e della L. n. 89 del 2001, art. 2, nonchee degli artt. 1224, 1226 e 2056 cod. civ. in relazione alla liquidazione delllindennizzo ed alla mancata corresponsione degli interessi legali dalla domanda.
Motivazione insufficiente, contraddittoria ed omessa su punti decisivi della controversia. Art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5".
Si duole essenzialmente della mancata attribuzione degli interessi legali a far data dalla domanda.
Il motivo non ha pregio, dal momento che llattribuzione degli interessi legali non puoo prescindere dalla domanda di parte (cfr.
Cass. 200608712; 20030238), domanda che lo stesso ricorrente non deduce di avere tempestivamente proposto.
Accolto, dunque, il secondo motivo e disattesi il primo ed il terzo, ben puoo procedersi sulle esposte premesse, alla cassazione delllimpugnato decreto nei limiti del motivo accolto ed alla decisione nel merito del ricorso, ai sensi delllart. 384 c.p.c., nessun accertamento di fatti essendo residuato alla cognizione di questa Corte.
Quindi, considerato il periodo ddirragionevole durata del giudizio presupposto, pari ad anni 9 e tenuto conto del parametro indennitario giaa applicato e rimasto incensurato, il Ministero della Giustizia va condannato a pagare alllistante llindennizzo complessivo di Euro 9.000,00. Quanto alla regolamentazione delle spese, a carico della medesima Amministrazione della Giustizia soccombente va posto il pagamento delle spese sia del giudizio di merito che del giudizio di legittimitaa, liquidate come in dispositivo, adottando per le prime la tariffa per processo svoltosi innanzi alla Corte di appello.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta gli altri motivi, cassa in parte qua il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 9.000,00. Condanna, inoltre, llAmministrazione della Giustizia al pagamento delle spese di giudizio, liquidate per il giudizio di merito in complessivi Euro 1.150,00 (di cui Euro 500,00, per diritti ed Euro 50,00 per esborsi), e per il giudizio di legittimitaa in complessivi Euro 1.000,00 (di cui Euro 900,00, per onorari), spese tutte da maggiorare delle spese generali e degli accessori di legge e da distrarre in favore del difensore anticipatario Avv.to Domenico Mancuso.
Cosii deciso in Roma, il 26 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2010