La Corte di Appello di Genova, esaminando la domanda di equa riparazione proposta ex lege n. 89 del 2001 da M.G. con riguardo alla irragionevole durata di un processo civile, avente ad oggetto indennizzo e danni per espropriazione di fondo disposta per ragioni di p.u., procedimento iniziato il 2.3.1990 ed al 15.7.2007 ancora pendente, ha ritenuto di escludere dal computo della durata il lungo periodo di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. (cinque anni), di determinare in anni quattro, in ragione della complessità della causa (denotata dalle molteplici CTU disposte), il tempo di durata ragionevole e pertanto di riconoscere per i residui otto anni di durata non ragionevole l’indennizzo di Euro 8.000 complessivi, esclusa ogni indennizzabilità di spese mediche sostenute o di danni alla persona (per i quali mancava ogni prova di nesso causale).
Avverso il decreto della Corte di Genova, depositato l’1.10.2007, il M. ha proposto ricorso il 14.11.2008 articolato su tre motivi, al quale l’Amministrazione della Giustizia ha opposto il proprio controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo complesso motivo, seguito da quesito plurimo, il ricorrente si duole della disapplicazione dei criteri CEDU in ordine al computo dell’intera durata nella base indennizzabile, della indebita fissazione in anni quattro della durata irragionevole, della esclusione del periodo di sospensione dal suo computo. Con il secondo motivo ci si duole della indebita ed apodittica esclusione dall’area del danno risarcibile delle patologie nEurologiche che attinsero la parte. Con il terzo motivo si lamenta la indebita interpretazione data delle norme della legge nazionale in contrasto con i principi della CEDU. Con riguardo al primo motivo osserva il Collegio che, se è priva di fondamento la censura afferente il mancato computo dell’intera durata del processo quale base di calcolo dell’indennizzo maturato per la sua durata (parzialmente) irragionevole, in tal senso essendo fermo l’orientamento di questa Corte (Cass. n. 3716 del 2008), esaminando congiuntamente i profili, connessi, afferenti il calcolo della durata irragionevole e la integrale esclusione da essa del tempo di sospensione ex art. 295 c.p.c. disposto dal giudice, si osserva che essi hanno di contro profili di indiscutibile fondatezza.
Questa Corte ha infatti (più volte affermato che il periodo di sospensione (anche per pregiudiziale costituzionale) del processo non può essere in alcun modo escluso recisamente dal calcolo della durata ragionevole e della correlata eccedenza, posto che la predetta sospensione attesta inequivocabilmente la esistenza di una particolare complessità del thema decidendi ed in tal quadro può consentire di derogare ai parametri di durata indicati dalla CEDU (anni 3, 2, 1 per i tre gradi di giudizio) pervenendo ad incrementare la durata stessa (in tal senso Cass. n. 23099 e n. 23632 del 2007 e, per sospensione di processo esecutivo in attesa della definizione di opposizione alla esecuzione, la recente Cass. n. 12867 del 2010).
E’ dunque palese l’errore commesso dalla Corte di merito e chiara la necessità di cassare il decreto in parte qua, dovendosi pervenire alla rideterminazione della durata ragionevole per quel processo segnato non solo da complessa istruttoria ma anche dalla esigenza di attendere la definizione di processo pregiudicante.
Del tutto infondate sono invece le censure di cui al secondo motivo avendo la Corte con sintetica, quanto chiara e logica, motivazione (pag. 14) escluso l’emersione di alcuna prova del nesso causale tra patologie insorte negli anni 2003 e 2004 e durata irragionevole del processo in disamina. Inammissibile è infine il terzo motivo, i cui motivi conclusivi sono privi di alcuna pertinenza al decisum, essi contestando solo genericamente il preteso scostamento del giudizio in esame dai "parametri" CEDU (nè indicati nè richiamati).
Cassata dunque la pronunzia ritiene il Collegio ben possibile la decisione ex art. 384 c.p.c., non residuando margini di sorta di accertamento dei fatti.
Pertanto, dai 17 anni di durata complessiva del processo, vanno detratti anni sei di durata ragionevole (dovendosi la durata per processo di qualche complessità, di anni quattro, incrementare di anni due ulteriori in ragione della necessità di attendere il processo pregiudicante), con la conseguenza per la quale devono ritenersi anni il di durata irragionevole. Tale durata deve essere indennizzata alla stregua dei criteri adottati di recente da questa Corte – ed ai quali non fa ostacolo alcun giudicato interno sul "parametro" – e segnatamente dalla sentenza n. 21840 del 2009 alla quale il Collegio intende dare continuità, sentenza la cui massima afferma:
In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, i criteri di liquidazione applicati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non possono essere ignorati dal giudice nazionale, il quale può tuttavia apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda, purchè motivate e non irragionevoli. Peraltro, ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1000 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo da ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno.
Consegue pertanto una liquidazione pari ad Euro 10.250,00 (Euro 750 x 3 + Euro 1.000 x 8) oltre interessi legali dalla domanda ed alla liquidazione delle spese per i due gradi (come effettuata in dispositivo), con distrazione in favore del procuratore antistatario del ricorrente.

P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero della Giustizia a corrispondere al ricorrente l’indennizzo di Euro 10.250,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo ed all’avv. Rocco Baldassini antistatario Euro 850 per il giudizio di merito (di cui Euro 500 per onorari ed Euro 50 per esborsi) ed Euro 1.200 per il giudizio di legittimità (di cui Euro 200 per esborsi) oltre spese generali ed accessori su entrambe le liquidazioni.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 20 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2010