RILEVATO IN FATTO
che P.G. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi avverso il provvedimento n. 72/07 emesso dalla Corte ddappello di Caltanissetta in sede di rinvio, depositato in data 25.6.07, con cui il Ministero della Giustizia veniva condannato al pagamento in suo favore della somma di Euro 2400,00 a titolo di equo indennizzo ex L. n. 89 del 2001 per lleccessiva durata di un procedimento in materia di lavoro svoltosi in primo grado;
che il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso. 

OSSERVA IN DIRITTO
Il decreto impugnato, rilevato che il giudizio presupposto era iniziato in primo grado nelllaprile 1992 e definito con sentenza del gennaio 2001, ha riconosciuto una eccessiva durata di anni tre e liquidato a titolo di equo indennizzo la somma di Euro 2400,00.
Il ricorso ee anzitutto ammissibile poichee il termine per proporre ricorso per cassazione decorre solo dalla notifica del decreto ad istanza di parte e non giaa da quella effettuata dalla cancelleria.
I primi due motivi di ricorso, censurano sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale llerronea determinazione del periodo di eccessiva durata del processo e, conseguentemente, la insufficienza della liquidazione del danno morale.
Gli stessi sono fondati nei limiti di seguito indicati.
EE noto che i parametri stabiliti dalla CEDU prevedono una durata normale di tre anni per il giudizio di primo grado, due per quello di secondo e un anno – un anno e mezzo per quello di terzo, EE altresii noto che trattasi di parametri indicativi che sono suscettibili degli opportuni adattamenti al caso concreto, in ragione della particolare complessitaa della causa ovvero sommando ad essi i ritardi imputabili al comportamento delle parti. Nel caso di specie, a fronte di una durata complessiva del processo accertata in anni quindici la Corte ddappello ha determinato lleccessiva durata in anni sette discostandosi immotivatamente dai sopraccitati parametri CEDU. Nel caso specie non si rinviene infatti nel decreto impugnato alcuna adeguata motivazione nel senso indicato di una particolare complessitaa della causa, avendo,invece,il giudice di merito determinato il periodo di irragionevole durata estrapolando dalla durata complessiva del processo solo quei singoli periodi ritenuti imputabili a eccessivi ritardi da parte delllAmministrazione della giustizia. Tale procedimento ee erroneo poichee llintero periodo di durata ee comunque imputabile alllAmministrazione della giustizia ed in base ad esso va effettuato il raffronto con i parametri di durata stabiliti dalla Cedu salvo gli opportuni adattamenti possibili nel senso sopra indicato.
Sotto un diverso profilo il decreto impugnato ha sottratto alcuni periodi addebitandoli ai rinvii chiesti dalle parti. Tale generica motivazione ee tuttavia del tutto insufficiente. Non basta che per il fatto che la parte richieda un rinvio questo sia reputato a fini delatori. Molti rinvii possono essere infatti richiesti per esigenze processuali ed istruttorie del tutto necessarie e giustificate ovvero per llimpossibilitaa di effettuare alcune attivitaa od incombenti richiesti. EE dunque necessario che il giudice di merito quando sottrae tempo alla durata ragionevole del processo specifichi analiticamente la effettiva natura dilatoria del comportamento della parte. La erronea determinazione del periodo di eccessiva durata, inferiore a quello effettivo ha conseguentemente determinato la liquidazione di una somma per equo indennizzo inferiore a quella effettivamente dovuta. Il terzo ed il quarto motivo, con cui ci si duole della insufficiente liquidazione del danno non patrimoniale sono infondati, avendo la Corte ddappello liquidato lo stesso sulla base di Euro mille/00 per anno di ritardo, conformandosi ai parametri Cedu.
Il quinto motivo con cui ci si duole del mancato riconoscimento del danno patrimoniale ee inammissibile.
A fronte della affermazione della Corte ddappello che ha affermato che nessuna prova era stata fornita di detto danno, il ricorrente avrebbe dovuto, in virtuu del principio di autosufficienza del ricorso, riportare integralmente i brani delle proprie difese di primo grado ove aveva dedotto llesistenza di prove su tale punto per consentire a questa Corte, cui ee inibito llaccesso agli atti della fase di merito di valutare llesistenza della carenza ed erroneitaa della motivazione.
Pertanto il ricorso va accolto per quanto di ragione con conseguente cassazione del decreto impugnato in relazione alla censura accolta e, sussistendo i presupposti di cui alllart. 384 c.p.c. la causa puoo essere decisa nel merito con la condanna del Ministero al pagamento delllequo indennizzo liquidato in favore del ricorrente sulla base dei parametri Cedu in Euro 5000,00 in ragione di una eccessiva durata di anni cinque e mesi otto su una durata complessiva di anni otto e mesi otto, oltre interessi legali dalla domanda al saldo nonchee al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato in ragione della censura accolta e decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 5000,00 in favore del ricorrente oltre interessi legali dalla domanda al saldo nonchee al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate per ciascuno dei due giudizi di legittimitaa llintero in Euro 1000,00 per onorari oltre Euro 100,00 per esborsi ed oltre spese generali ed accessori di legge, nonchee al pagamento delle spese del giudizio di merito e di quello di rinvio giudizio di merito liquidate per ciascuno in Euro 1000,00 di cui Euro 550,00 per onorari ed Euro 50,00 per spese oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 8 luglio 2010.
Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2010