Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: " G.G., proprietario di un appartamento sito al secondo piano dello stabile sito in Cosenza via Zanotti Bianco, n. 8, convenne in giudizio gli altri condomini – N.C. ed altri – chiedendo, tra l’altro, l’accertamento della natura condominiale dell’area circostante il lato nord del fabbricato. Nella resistenza dei convenuti, l’adito Tribunale di Cosenza, con sentenza in data 27 aprile 2005, rigettò questa domanda, mentre accolse altra domanda, condannando i convenuti alla rimozione della caldaia e dei suoi accessori posti sul terreno sul lato nord del fabbricato. La pronuncia è stata confermata dalla Corte d’appello di Catanzaro con sentenza depositata il 13 aprile 2010.
A tal fine la Corte di Catanzaro ha rilevato:
che l’area in questione ha natura condominiale, come risulta dall’atto costitutivo del condominio (atto di divisione del 29 aprile 1970); che il condomino N.G., vendendo a V. R. l’appartamento al secondo piano (con esclusione del magazzino), ha espressamente limitato i diritti condominiali all’atrio ed all’impianto di riscaldamento, in tal modo escludendo ogni diritto di godimento dell’avente causa sull’area in questione, precisandosi nell’atto di vendita che l’area stessa restava in comune solo tra i fratelli N.;
che l’area in oggetto, condominiale, è stata esclusa dal godimento di V.R. ed i relativi diritti sono stati mantenuti dal condomino N.G., rimasto proprietario esclusivo del magazzino del medesimo fabbricato a lui assegnato in sede di divisione;
che G.G., avente causa mediato da V.R., non può vantare diritti di comproprietà condominiale sull’area cortilizia esterna, non potendo egli avere acquistato dai propri danti causa diritti maggiori di quelli loro trasmessi dall’originario proprietario;
che sull’area in questione il G. non gode di alcun diritto di comproprietà derivante dall’acquisto dell’appartamento condominiale, perchè trattasi di bene suscettibile di godimento separato, espressamente escluso nel titolo con cui N.G. ha venduto a V.R. il solo appartamento, successivamente trasmesso all’appellante.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello G. G. ha proposto ricorso, con atto notificato il 9 ed il 20 settembre 2010, sulla base di quattro motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Il primo mezzo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e ss., 1117 e 1102 c.c., nonchè violazione dei principi in materia di condominio edilizio, nonchè del R.D. n. 2105 del 1937, art. 12 e della L. n. 1684 del 1962 in materia di costruzioni antisismiche, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e degli artt. 112 e 277 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Il ricorrente sostiene che, essendo l’area in questione sorta come di proprietà comune, non poteva l’alienante N. unilateralmente disporne, senza il consenso degli altri condomini, escludendo dal trasferimento la comproprietà dell’area. Di qui la "nullità ed irrilevanza della clausola limitativa della vendita al V.". Il motivo è privo di fondamento.
La Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio per cui in tema di condominio di edifici, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio accessorium seguitur principale, alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria, ma non anche alle cose legate all’edificio da mera relazione spaziale, costituenti beni ontologicamente diversi suscettibili di godimento fine a se stesso che si attua in modo indipendente da quello delle unità abitative (Cass., Sez. 2, 27 aprile 1993, n. 4931).
Muovendo da tale principio, esente da censure è la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale, la quale ha ritenuto che N. G., condomino dello stabile, ben poteva escludere dal trasferimento la quota millesimale di comproprietà dell’area condominiale scoperta, rimanendone contitolare in forza della proprietà di altra porzione di piano (il magazzino). Nè a diversa conclusione può condurre il generico richiamo, contenuto nel motivo, alla normativa antisismica.
Il secondo mezzo (violazione degli artt. 112 e 277 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per la non corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato) non coglie nel segno. Infatti, dal riscontro positivo della natura condominiale – esclusa dal primo giudice – del terreno cortilizio in questione in forza dell’atto di divisione del 1970, non deriva, automaticamente, come pretende il ricorrente, l’accoglimento della domanda, e ciò per le ragioni individuate in sede di esame del primo motivo di ricorso (non inclusione nel trasferimento dal N. al V. della quota di comproprietà dell’area condominiale scoperta).
Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 112, 277 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè ulteriore violazione della L. n. 1684 del 1962, art. 12 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La censura è infondata.
La Corte d’appello ha dichiarato inammissibile in appello, perchè nuova, la domanda con cui il G., invocando la normativa antisismica, chiedeva che venisse accertato che sull’area in questione non fossero consentiti ingombri, se non temporanei.
Invano il ricorrente richiama, al fine di escludere la domanda nuova, l’atto di citazione in primo grado, con il quale il G. aveva chiesto non solo (al punto 1) l’accertamento della natura pertinenziale e comune dell’area circostante il lato a nord del fabbricato, ma anche (al punto 2) l’accertamento e la dichiarazione di inammissibilità "di costruzioni a carattere definitivo o anche provvisorio sugli spazi di isolamento nella località sismica in oggetto".
Infatti, il riferimento alla "località sismica" riguarda – nel libello introduttivo del giudizio di primo grado – gli intervalli di isolamento, non l’area cortilizia a nord del fabbricato, della quale si rivendicava la comproprietà.
Il quarto motivo (violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per violazione del giudicato, nonchè violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per motivazione contraddittoria circa fatto decisivo e controverso) lamenta che la Corte territoriale, nel rigettare il terzo motivo di appello, abbia travolto la pronuncia di demolizione contenuta nella sentenza di primo grado.
Il motivo non coglie nel segno.
La Corte di Catanzaro ha rigettato l’appello del G. ed espressamente confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza (cosi risulta anche dal dispositivo). La pronuncia di primo grado, "rilevato che non vi era contestazione sulla domanda di rimozione del locale caldaia", aveva condannato "i convenuti alla rimozione di tale manufatto e dei suoi accessori posti sul terreno sul lato nord del fabbricato".
I convenuti non hanno proposto appello incidentale contro questo capo della sentenza.
Il passaggio in giudicato di tale statuizione non è toccato dal rigetto del terzo motivo di appello, relativo alla richiesta di eliminazione non solo della caldaia ma anche, ove non sufficiente a garantire il parcheggio sull’area condominiale, dei box.
In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 c.p.c., per esservi rigettato". Letta la memoria della parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;
che le osservazioni critiche contenuta nella memoria depositata in prossimità della camera di consiglio non sono meritevoli di accoglimento;
che in particolare, quanto ai primi due motivi, si rileva che correttamente la Corte d’appello ha escluso nella specie l’applicazione del principio accessorium sequitur principale, stante la legittimità della pattuizione negoziale, contenuta nell’atto intercorso tra N.G. (venditore) e V.R. (acquirente), con cui il N., rimasto esclusivo proprietario di un magazzino nel fabbricato condominiale, si era riservato il diritto di comproprietà sull’area in questione anche per i millesimi spettanti all’appartamento venduto al V., e ciò in quanto la suddetta area, lungi dall’essere necessaria per l’esistenza o per l’uso del condominio, "da luogo ad un bene che, specie dopo la dismissione del servizio di riscaldamento centralizzato, è suscettibile di godimento separato rispetto al fabbricato condominiale, trattandosi, peraltro, di area recintata dalla quale non si accede direttamente dal fabbricato condominiale, ma attraverso un diverso cancello";
che con riferimento al terzo motivo di censura, va ribadita la correttezza della statuizione di inammissibilità per novità della domanda spiegata in appello;
che infatti in primo grado il G. aveva chiesto che fosse accertato che sull’area de qua non erano consentiti ingombri, al di fuori di quelli meramente temporanei, sul presupposto che tale area fosse a lui comune, senza fare valere in via autonoma e principale la violazione della normativa antisismica al fine di ottenere la condanna alla rimozione dei box;
che il quarto motivo muove da un erroneo presupposto interpretativo, cioè che vi sia, per effetto del rigetto del terzo mezzo di appello, violazione del giudicato interno, laddove la Corte di Catanzaro, confermando la sentenza di primo grado, ha anche mantenuto intatta la condanna dei convenuti alla rimozione del locale caldaia e dei suoi accessori posti sul lato nord del fabbricato;
che pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 7 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011