Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Ancora ha dichiarato inammissibile la domanda proposta il 9 marzo 2007 da B.K. per la condanna del Ministero della Giustizia a corrispondergli l’equa riparazione per durata irragionevole di un processo penale a conclusione del quale era stato condannato per rapina e violenza sessuale con sentenza di primo grado pronunciata il 3 maggio 2002, confermata in appello il 30 gennaio 2004, divenuta definitiva il 31 ottobre 2004 e posta in esecuzione solo il 16 febbraio 2007.
Hanno ritenuto i giudici del merito che la domanda era stata tardivamente proposta a oltre tre anni dalla pronuncia definitiva di condanna, mentre non può considerarsi di natura giurisdizionale l’attività del pubblico ministero, quando non investa il giudice dell’esecuzione. Nè può assumere rilevanza il fatto che nel 2006 sia sopravvenuta una legislazione che rende meno favorevole il regime di esecuzione della pena per i reati di cui B.K. è stato dichiarato colpevole.
Ricorre per Cassazione B.K. e sostiene che anche la fase esecutiva rileva ai fini della durata ragionevole, che anche l’attesa della carcerazione determina patema d’animo, che anche il cambiamento dei regime di esecuzione della pena rileva. Il ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Nella giurisprudenza di questa Corte è indiscusso invero che la disciplina dell’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo trova applicazione anche nel caso in cui il ritardo lamentato si riferisca al procedimento esecutivo concorsuale cui da vita la dichiarazione di fallimento (Cass., sez. 1^, 3 settembre 2003, n. 12807, m. 566490, Cass., sez. 1^, 5 dicembre 2002, n. 17261, m. 558997;, come vi rientrano i procedimenti di esecuzione individuale (Cass., sez. 1^, 26 luglio 2002, n. 11046, m. 558851, Cass., sez. 1, 4 aprile 2003, n. 5265, m. 561873). E questa giurisprudenza trova la sua giustificazione nella complessiva giurisdizionalizzazione dei procedimenti esecutivi, che, pur prevedendo fasi non contenziose, ammettono incidenti destinati alla garanzia appunto giurisdizionale di interessi e diritti individuali, attraverso processi di cognizione piena.
Tuttavia il procedimento di esecuzione penale non si apre con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna bensì solo con l’iniziativa del pubblico ministero, nelle forme previste dall’art. 655 c.p.p. e segg.. Prima di tale iniziativa non esiste un procedimento di esecuzione della cui durata si possa discutere. Nè il condannato può lamentarsi de. tardivo avvio del procedimento di esecuzione, come il debitore non può certo lamentare il ritardo con il quale il creditore abbia fatto valere nei suoi confronti il titolo esecutivo.
Si deve pertanto concludere per il rigetto del ricorso, senza pronuncia sulle spese in mancanza di difese dell’amministrazione intimata.
 
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2010