Col ricorso in esame, notificato come in narrativa, la ricorrente Mo. Ma. ha agito per la revocazione, ai sensi dell’art. 395 n. 5 c.p.c., della sentenza n. 975 del 25/05/2011 di questa Sezione.
Espone la ricorrente che con la sentenza predetta è stato dichiarato improcedibile il ricorso riportante pari numero di registro generale R.G. 677/2011, incardinato per l’esecuzione del giudicato nascente dalla sentenza n. 1881/2008.
Sostiene quindi l’illegittimità della predetta pronuncia, siccome affetta da errore di fatto in ordine all’avvenuta soddisfazione della pretesa azionata. Ne chiede quindi la revoca con le conseguenti determinazioni in relazione al ricorso per esecuzione di giudicato.
L’amministrazione intimata si è costituita in questa fase del giudizio di revocazione depositando in data 02 settembre 2011 documentazione.
Alla adunanza camerale del 6 settembre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso per revocazione è inammissibile.
Premette il Collegio che già in relazione al pregresso quadro normativo nascente dall’art. 29 della legge n. 1034/71, erano invero state date divergenti interpretazioni sull’impugnabilità per revocazione delle sentenze di primo grado ancora assoggettabili ad appello. Ancora di recente, in relazione a quel contesto normativo, la giurisprudenza amministrativa ha privilegiato una chiave di lettura più restrittiva: in ossequio ad una corretta quanto necessaria interpretazione coordinata delle disposizioni che regolavano la materia (art. 28 l. 1034/71; art. 395 c.p.c.), sulla scorta del senso letterale e sistematico delle disposizioni ed in particolare per il rinvio operato al primo comma dell’art. 395 c.p.c., si è quindi ritenuto che la possibilità di esperire il rimedio giurisdizionale della revocazione fosse configurabile per le sole sentenze pronunciate in appello o in unico grado, cioè quelle non (più) appellabili, rimanendo la revocazione, per le sentenze ancora soggette a gravame, assorbita dall’appello (in tal senso T.A.R. Napoli, Sez.I, sent. 72/2011; cfr. anche C.d.S., sez. IV, 31 marzo 2010, n. 1843; contra C.d.S. 6690/2010).
Tale soluzione trova oggi formale riscontro nel codice del processo amministrativo.
Ed invero, ai sensi del comma 3 dell’art. 106 c.p.a., "contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali la revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l’appello".
Nel caso in esame, il ricorso per revocazione, notificato appena undici giorni dopo il deposito della sentenza, è stato, per l’appunto, inammissibilmente proposto in pendenza del termine per l’appello: a differenti conclusioni non inducono né la sentenza del C.d.S. n. 6990/2010, siccome afferente al diverso quadro normativo ante codice -di cui si è dato atto-, né la recente sentenza del consesso di Palazzo Spada n. 503/2011, pure evocata dalla parte ricorrente, non conducente alla questione di diritto qui in esame.
Considerata comunque la novità del quadro normativo delineato dal nuovo codice, si ritiene sussistano eccezionali ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 6 settembre 2011, con l’intervento dei signori magistrati:
Nicolò Monteleone, Presidente
Giovanni Tulumello, Consigliere
Roberto Valenti, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 20 SET. 2011.