Con decreto in data 16 gennaio 2006 la Corte d’appello di Milano rigettava il ricorso con il quale B.G. aveva chiesto, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, la corresponsione di un’equa riparazione per il danno sofferto in relazione alla irragionevole durata di un procedimento di liquidazione coatta amministrativa, nel quale era stata convertita la originaria procedura fallimentare della s.r.l. Commissionaria S.F.A..
A fondamento della decisione, la Corte di merito affermava che la L. n. 89 del 2001 non era applicabile alla procedura di liquidazione coatta amministrativa che, pur rientrando tra le procedure concorsuali, era svincolata dal potere di controllo del giudice quanto alla sua durata, essendo il commissario liquidatore sottoposto alle direttive ed alle autorizzazioni dell’autorità di vigilanza ed al controllo del comitato di sorveglianza e non avendo il tribunale alcun potere di impulso relativamente alla procedura ed alla sua chiusura, essendo atto del procedimento amministrativo anche la domanda di chiusura della liquidazione coatta amministrativa e non essendo neanche previsto un formale provvedimento di chiusura. Per la cassazione di tale decreto la B. ricorre sulla base di un motivo. Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente censura il decreto impugnato deducendo che la liquidazione coatta amministrativa, in quanto procedura concorsuale disciplinata dalla legge fallimentare ed alternativa alla procedura fallimentare, deve essere celebrata entro un termine ragionevole, secondo i principi elaborati dalla Corte di Strasburgo in tema di ragionevole durata del processo, salvo il diritto dell’individuo di richiedere un equo indennizzo quando tale obbligo a carico dello Stato non sia rispettato. Nulla osta pertanto all’applicabilità della L. n. 89 del 2001 alla liquidazione coatta amministrativa, in quanto procedura concorsuale al pari della procedura fallimentare, tenuto anche conto che nel caso di specie la liquidazione coatta si è aperta in seguito a conversione dell’iniziale procedura fallimentare.
2. Il ricorso è manifestamente infondato. Infatti il diritto all’equa riparazione per le conseguenze dell’irragionevole durata del processo, riconosciuto dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, non è configurabile in relazione alla liquidazione coatta amministrativa, che è procedimento di natura amministrativa (Cass. S.U. 2008/25174), in cui si innestano fasi di carattere giurisdizionale, quali la dichiarazione dello stato di insolvenza, le relative eventuali impugnazioni e le opposizioni allo stato passivo. Poichè è il deposito dello stato passivo che costituisce il presupposto per le contestazioni davanti al giudice ordinario, la connotazione giurisdizionale sopravviene soltanto con tale deposito e per effetto della proposizione delle opposizioni e delle impugnazioni di cui alla L. Fall. artt. 98 e 100, o delle insinuazioni tardive. Pertanto, ove non sia neppure dedotta (come nella specie) l’esistenza di contenzioso con riferimento all’intervenuta declaratoria dello stato di insolvenza ed ai giudizi eventualmente da essa derivanti, il procedimento mantiene del tutto inalterato il suo carattere amministrativo (Cass. 2007/17048), a nulla rilevando, per le considerazioni fin qui svolte, che nella specie la liquidazione coatta amministrativa si sia aperta in seguito a conversione dell’iniziale procedura fallimentare.
3. In base a quanto precede il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio di Cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 900,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2009