E.L., M.C., P.P., lamentando la violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di durata di una causa, instaurata dinanzi al T.A.R. del Lazio nell’aprile 1993, al fine di ottenere il riconoscimento dell’adeguamento triennale, ex L. n. 27 del 1981, dell’indennita’ giudiziaria percepita ai sensi della L. n. 221 del 1988 e trattenuta in decisione in data 10.12.2003 a distanza di circa undici anni dalla data del deposito del ricorso, convenivano dinanzi alla Corte d’Appello di Roma la Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendone la condanna alla corresponsione dei danni non patrimoniali subiti, da liquidarsi a favore di ciascuna nella misura di Euro 10.000,00, con vittoria delle spese di lite da liquidarsi in favore del procuratore antistatario.
La Corte d’Appello adita condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare a favore di ciascuna delle ricorrenti la somma di Euro 8000,00, con gli interessi legali dalla data del decreto, nonche’ al pagamento delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 800,00, con distrazione a favore del procuratore antistatario.
Avverso detto decreto E.L., M.C., P.P. hanno proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi.
La intimata Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha spiegato difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti denunciano violazione di legge e difetto di motivazione per avere la Corte di merito irragionevolmente quantificato l’indennizzo dovuto in contrasto con quanto liquidato, in casi analoghi, dalla CEDU; per avere riconosciuto gli interessi legali dalla data della pronuncia del decreto e non da quella del deposito della domanda dinanzi alla Corte d’Appello.
Con il secondo motivo le ricorrenti lamentano la violazione del D.M. n. 127 del 2004 per avere la Corte di merito liquidato le competenze al di sotto dei minimi tariffari.
Il primo motivo di ricorso e’ fondato nei limiti appresso precisati.
La Corte d’Appello, dopo avere individuato in otto anni la durata non ragionevole del processo presupposto, da imputarsi esclusivamente all’Amministrazione della giustizia amministrativa, ha liquidato l’indennizzo, a favore di ciascuna delle ricorrenti, nella misura di Euro 8.000,00, e quindi nella misura di Euro 1.000,00 per ogni anno di ritenuto ingiustificato ritardo.
Questa Suprema Corte ha evidenziato che la Corte Europea ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno la base di partenza per operare la quantificazione dell’indennizzo (cfr. Cass. n. 8568 del 2005).
La Corte di merito ha, pertanto, applicato nel minimo, non emergendo ragioni per considerare un importo superiore, il parametro base indicato dalla CEDU. La Corte di merito e’ incorsa, invece, nell’errore di aver riconosciuto la decorrenza degli interessi sulla somma liquidata soltanto a partire dalla data dell’impugnato decreto.
Questa Suprema Corte di Cassazione ha stabilito, infatti, il principio, che il collegio condivide, secondo cui detti interessi debbono essere corrisposti a partire dalla data della domanda giudiziale (cfr. in tal senso Cass. n. 8712 del 2006).
Per quanto precede le censure di cui al primo motivo debbono essere accolte nei termini su precisati, il decreto impugnato deve essere cassato in relazione a tale motivo e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito condannando la Presidenza del Consiglio dei Ministri a corrispondere a ciascuna delle ricorrenti, a titolo di equa riparazione per il danno non patrimoniale riconducibile alla ingiustificata durata del processo presupposto, la somma di Euro 8000,00, con gli interessi legali dal di del deposito della domanda giudiziale.
L’accoglimento di tale motivo nei termini precisati comporta l’assorbimento del secondo motivo, atteso che la cassazione del decreto della Corte d’Appello impone di rideterminare anche le spese processuali del giudizio di merito che, tenuto conto del valore della controversia, appare giusto liquidare in complessivi Euro 1.644,00, di cui Euro 800,00 per onorario, Euro 794,00 per diritti di procuratore ed Euro 50,00 per esborsi, da distrarsi a favore degli avvocati antistatari.
L’accoglimento del ricorso comporta, altresi’, la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri anche al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che appare giusto liquidare in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi.

P.Q.M.
LA CORTE Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri a corrispondere a ciascuna delle ricorrenti la somma di Euro 8.000,00 per indennizzo, con gli interessi legali su detta somma dalla data del deposito della domanda giudiziale.
Condanna, altresi’, la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento delle spese giudiziali, che determina:
per il giudizio di merito nella somma complessiva di Euro 1.644,00, di cui Euro 800,00 per onorari, Euro 794,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge, che dispone siano distratte a favore degli avv.ti Ferraiolo e Abbate antistatari;
per il giudizio di legittimita’ in Euro 1.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge, da distrarsi a favore dell’avv. Ferdinando Emilio Abbate antistatario.
Manda alla cancelleria di dare al Procuratore Generale della Corte dei Conti la comunicazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2009