Con delibera dell’8 gennaio 2007, la Giunta comunale di Ragusa ha proposto al Consiglio comunale l’approvazione di una delibera intitolata " individuazione aree di edilizia economica e popolare" richiamando l’art. 5 del decreto dirigenziale n. 120/2006, col quale era stato approvato il Piano regolatore Generale di Ragusa, prevedendo tra le tante prescrizioni che "il Comune entro 120 giorni dalla data del decreto è tenuto ad adottare il PEEP sulla base del fabbisogno decennale, come obbligo di legge ex art. 16 l.r. n. 71/1978, anche tenuto conto, come indicato al punto 4) del voto del Consiglio regionale dell’urbanistica n. 468 del 14 settembre 2005, della possibilità concreta di recupero del patrimonio edilizio esistente".
La proposta riguarda una superficie totale di 2.000.000 di metri quadri sufficienti ad insediare 15.000 abitanti per un totale di 3.000 alloggi che vengono localizzati in verde agricolo in variante al PRG (oltre ad ulteriori localizzazioni in centro storico).
La proposta, emendata da successiva delibera del 27 marzo 2007, n. 115, è stata approvata nella seduta del 14 giugno 2007; le delibere di Giunta sono state quindi depositate presso la Segreteria comunale per 20 giorni in libera visione al pubblico unitamente agli atti relativi alla individuazione delle aree per l’edilizia economica e popolare di cui alle delibere consiliari 3/2007 e 22/2007.
La ricorrente associazione, dopo aver proposto osservazioni, grava comunque con l’impugnazione in esame le delibere consiliari del 30 gennaio e del 14 giugno 2007, unitamente alle delibere del 2 ottobre indicate in epigrafe, con cui la Giunta ha approvato i programmi costruttivi all’interno delle aree individuate con la detta variante al PRG, assumendo che gravi danni ambientali e territoriali derivano dai provvedimenti suddetti.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
violazione degli artt. 1 e 5 della l. 167/1962 – violazione dell’art. 16 della l.r. 71/78 – violazione e falsa applicazione degli artt. 2 della l.r. 86/81 e 5 della l.r. 1/86 – violazione del decreto dell’assessore regionale al territorio e ambiente del 24 febbraio 2006 di approvazione dle piano regolatore generale – violazione delle disposizioni di cui al D.M. 1444/68- sviamento – travisamento dei fatti – difetto di motivazione e istruttoria.
– violazione dell’art. 3 della l. 167/1962 – difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei fatti , motivazione insufficiente, – violazione sotto altro profilo dell’art. 16 l.r. 71/78 e 3 l. 167/1962 – violazione del prg.- violazione degli artt. 5,7,8 l.r. 11.4.1981 n. 61.
violazione dell’art. 51 della l. 865/1971 – violazione dell’art. 5 della l.r. 86/81 – eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria -falsità del presupposto.
Resiste in giudizio il Comune intimato e le Cooperative contro interessate, che eccepiscono l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ad agire della ricorrente associazione ed, in subordine, il difetto di attualità dell’interesse a ricorrere. Ancora eccepiscono la tardività del ricorso, proposto oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione delle delibere impugnate, ed, infine, l’infondatezza nel merito.
L’associazione ricorrente ha depositato memoria di replica con la quale controdeduce alle eccezioni avversarie.
All’udienza dell’8 giugno 2011 il ricorso è stato assunto in decisione.

DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Ai sensi dell’art. 18 della l. 8 luglio 1986 n. 349 le associazioni ambientaliste, individuate ai sensi dell’art. 13 della stessa legge, sono legittimate all’impugnazione degli atti lesivi degli interessi ambientali.
La giurisprudenza che ha interpretato la norma si è divisa in due opposti orientamenti. Secondo un primo orientamento, la legittimazione attribuita dagli artt. 13 e 18, l. n. 349 del 1986 alle associazioni ambientaliste non potrebbe giustificare l’impugnazione di atti aventi valenza meramente urbanistica, quando non ne sia dimostrata, in concreto, la contestuale incidenza negativa su valori ambientali, per cui dovrebbe essere esclusa con riferimento ad atti volti soltanto all’utilizzazione del territorio, senza diretti riflessi sui valori ambientali (trattandosi, pur sempre, di una "legittimazione eccezionale", che come tale, dovrebbe essere delimitata entro i perimetri fissati dalla legge, ovvero solo ove si rinvenga il "danno ambientale" richiesto, come presupposto, dal comma 5 dell’art. 18).
Secondo un diverso orientamento, invece, vi sarebbe una "inscindibilità" tra la materia urbanistica e quella ambientale, per cui la suddivisione tra ambiente ed urbanistica verrebbe a risolversi, in sostanza, in un equivoco culturale ancor prima che giuridico, che non tollererebbe un criterio tradizionale di riparto di competenze mediante un approccio che ne ignora le peculiarità: in primis quella di essere una specie di contenitore nel cui ambito è dato ritrovare i più vari beni tutelabili dall’ordinamento, essendo evidente, infatti, che con lo strumento urbanistico si possa e debba tutelare anche il bene ambiente o paesaggio. L’indirizzo giurisprudenziale più restrittivo risulta attualmente superato in conseguenza della nuova disposizione introdotta al riguardo dall’art. 310 comma 1, d.lg. 3 aprile 2006 n. 152 ("Norme in materia ambientale"). Secondo tale disposizione, infatti, la legittimazione ad agire va valutata secondo i principi generali, per cui vanno ritenute ammissibili tutte le censure astrattamente proponibili, purché siano funzionali al soddisfacimento di uno specifico interesse ambientale, mentre non possono essere ritenute ammissibili le censure il cui accoglimento comporti l’annullamento di una parte scindibile dello strumento urbanistico, ove non sia stato evidenziato, in ricorso, un interesse ambientale connesso all’eliminazione di detta parte della disciplina urbanistica (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 30 aprile 2009, n. 378; TAR Abruzzo, I sez., 4.12.2009, n. 540; TAR Sardegna, II sez., 16.6.2009, n. 987);
Pertanto, ai fini dell’ammissibilità del ricorso occorre verificare la legittimazione dell’associazione ambientalista alla luce della concreta attitudine dei provvedimenti a ledere gli interessi protetti.
Nella fattispecie, viene impugnata una variante al PRG che individua come aree da destinare all’edilizia economica e popolare parti del territorio già destinate a verde agricolo. Tutte le doglianze dell’associazione "Italia nostra" riguardano questioni urbanistiche con riflessi indiretti e remoti sulla situazione ambientale, e comunque affermati solo genericamente, senza alcuna peculiare specificazione. Difatti, col primo motivo si denuncia la violazione della l. 167/1962 per inosservanza delle norme sul piano di zona dell’edilizia economica e popolare e sulla stima del fabbisogno, la violazione del D.A. regionale di approvazione del PRG che imponeva la realizzazione di un PEEP; col secondo motivo si denuncia il difetto di motivazione della scelta di collocare in verde agricolo gli interventi residenziali pubblici e l’inosservanza delle norme sul dimensionamento del piano e sulla stima del fabbisogno; col terzo motivo si censura la scelta di assegnare immediatamente le aree per i programmi costruttivi senza attendere l’approvazione della variante da parte dell’Assessorato regionale. L’impugnazione proposta è dunque diretta a censurare scelte urbanistiche e solo indirettamente attinenti alla tutela di beni ambientali.
È pur vero che secondo il Consiglio di Stato la legittimazione delle associazioni ambientaliste sussiste in ogni caso ove il provvedimento gravato abbia una diretta ed immediata rilevanza ambientale (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 25 marzo 2011, n. 1843), ma come precisato di recente dal Cons.giust.amm. Sicilia (sent. 21 marzo 2011, n. 279) l’interesse sostanziale in materia ambientale si radica in capo alle associazioni ambientalistiche nella misura in cui viene identificato da un particolare tipo di norme aventi valenza organizzativa nei limiti della legge n. 349/86, o da altre fonti legislative intese a identificare beni ambientali: a tale estensione oggettiva dell’interesse va necessariamente rapportata la sua titolarità in capo alle Associazioni ambientalistiche e ne determina la legittimazione ad agire, come "legittimazione eccezionale". E poiché dalla stretta correlazione tra estensione oggettiva dell’interesse all’ambiente e ambito di legittimazione discendono i limiti di proponibilità delle censure è da ritenersi ammissibile la proposizione di motivi aventi una valenza urbanistico-edilizia, e che solo in via strumentale ed indiretta (e non in ragione della violazione dell’assetto normativo di tutela dell’ambiente) possono determinare un effetto utile (anche) ai fini della tutela dei valori ambientali.
Per tali ragioni attesa la "valenza" prettamente urbanistica delle censure dedotte, il ricorso in esame va dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione ad agire dell’associazione ricorrente.
Le spese possono compensarsi tra le parti, attesa la natura delle questioni pregiudiziali sollevate e l’incertezza giurisprudenziale al riguardo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:
Calogero Ferlisi, Presidente
Gabriella Guzzardi, Consigliere
Alba Paola Puliatti, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 20 LUG. 2011.