M.d.P., proprietario ed abitante nello stabile sito in (OMISSIS) chiese, ai sensi dell’art. 1129 c.c., comma 3, e art. 64 disp. att. c.c. che Ma.
S., amministratore del condominio, venisse rimosso dall’incarico. L’adito Tribunale di Roma accolse il ricorso ma la Corte d’Appello di Roma, pronunziando su reclamo del Ma., riformò detta pronunzia; il M.d. ha allora proposto ricorso in cassazione eccependo "gravissime violazioni ex art. 360 c.p.c. ai nn. 3, 4 e 5 per violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, per nullità del procedimento, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione" assumendo che la Corte territoriale si sarebbe limitata a solo due delle violazioni addebitate all’amministratore, dimenticandosi della altre che pure espressamente aveva riconosciuto come fondate ed esistenti. Si è costituito il Ma. con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per non essere, il provvedimento contestato, suscettibile di scrutinio di sede di legittimità.
Il Consigliere delegato ha ritenuto d’avviare la trattazione in Camera di consiglio redigendo relazione ex art. 380 bis c.p.c. nella quale ha osservato quanto segue.
"1 – E’ fondata l’eccezione pregiudiziale.
Invero la Corte non rinviene nel generico ricorso sottoposto al proprio esame alcuna allegazione argomentativa che consenta di superare l’ormai consolidato indirizzo di legittimità in merito secondo il quale "è inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. avverso il decreto con il quale la Corte di appello provvede sul reclamo avverso il decreto del Tribunale in tema di revoca dell’amministratore di condominio ai sensi dell’art. 1129 c.c. e art. 64 disp. att. c.c., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione (sostitutivo della volontà assembleare, per l’esigenza di assicurare una rapida e corretta gestione dell’amministrazione condominiale in ipotesi tipiche – contemplate dall’art. 1129 cit. – di compromissione della stessa) che, pur incidendo sul rapporto di mandato tra condomini ed amministratore, non ha carattere decisorio, non precludendo la richiesta di tutela giurisdizionale piena, in un ordinario giudizio contenzioso, del diritto su cui il provvedimento incide" (cfr. Cass. 24285/2006; Cass S.U. 20957/2004; Cass 4707/2001; Cass 6249/2000; Cass 8994/1993).
2- La riscontrata manifesta inammissibilità del ricorso fa ritenere sussistenti i presupposti per la trattazione della causa in camera di consiglio à sensi del combinato disposto dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1; art. 375 c.p.c., n. 5; artt. 376 e 380 bis c.p.c.".
La relazione è stata ritualmente comunicata alle parti ed al P.M..
La parte controricorrente ha depositato memoria; il PC i ha concluso in udienza per la conferma delle conclusioni alle quelli è pervenuta la relazione.
Tali conclusioni ritiene il Collegio di poter integralmente recepire, non essendo prospettate ragioni tali da superare la consolidata interpretazione di legittimità esposta nella relazione.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e parte ricorrente condannata al pagamento delle spese.

P.Q.M.
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 1 luglio 2011