Con decreto del 25.7.2005 la Corte di Appello di Perugia rigettava il ricorso proposto da B.A. ai sensi della L. n. 89 del 2001, in relazione alla durata non ragionevole della procedura di liquidazione coatta amministrativa della Previdenza s.p.a., rilevando che la detta procedura non era giudiziale ma amministrativa e che non era stata neppure allegata l’esistenza di un contenzioso.
Avverso il decreto B. proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resisteva il Ministero della Giustizia, con i quali rispettivamente lamentava: a) vizio di motivazione, atteso l’avvenuto deposito dello stato passivo della società assicuratrice, da cui risultava l’ammissione di un credito di L. 13.881.439; b) violazione di legge, oltre che vizio di motivazione, atteso che la normativa relativa all’eccessiva durata dei processi (L. n. 89 del 2001 e art. 6 Convenzione) si applicherebbe anche nel caso di procedura di liquidazione coatta amministrativa. Le doglianze sono infondate.
Quanto alla prima, si osserva infatti che la Corte territoriale ha rilevato la mancanza di prova in ordine all’esistenza di contenzioso (il ricorrente nulla avrebbe allegato in proposito), giudizio contrastato con valutazione del tutto irrilevante e priva di pregio (l’ammissione del credito nell’importo indicato non vale in alcun modo, invero, a comprovare l’esistenza di contenzioso).
Quanto alla seconda, come la Corte territoriale ha correttamente rilevato, la liquidazione coatta amministrativa è procedimento a carattere amministrativo (C. 04/18579) in cui si innestano alcune fasi di carattere giurisdizionale, quali la dichiarazione dello stato di insolvenza (che rende applicabili le disposizioni di cui al titolo 2, capo 3, sezione 3 L.F.), le relative eventuali impugnazioni e le opposizioni allo stato passivo. Nella detta procedura, infatti, l’elenco dei creditori compilato dal commissario per la formazione dello stato passivo ha natura di atto amministrativo, mentre solo con il conseguente deposito in cancelleria si determinano una serie di preclusioni (l’elenco non può più essere variato nè revocato, i creditori non possono più proporre le domande di cui alla L. Fall., art. 208, i creditori ed i terzi non possono più presentare le osservazioni e le istanze di cui alla L. Fall., art. 207) ed inizia una seconda fase eventuale, a carattere giurisdizionale, nel cui ambito trovano collocazione le opposizioni e le impugnazioni di cui alla L. Fall., artt. 98 e 100 ( L. Fall., art. 209, comma 2), oltre che le insinuazioni tardive.
In altri termini il deposito dello stato passivo costituisce il presupposto per le contestazioni davanti al giudice ordinario, sicchè la connotazione giurisdizionale sopravviene soltanto con detto deposito per effetto della proponibilità delle opposizioni e delle impugnazioni di cui alla L. Fall., artt. 98 e 100 (C. S.U. 1992/11848, C. S.U. 1997/11216).
Da ciò consegue che, non essendo stata neppure dedotta l’esistenza di contenzioso con riferimento alla intervenuta declaratoria dello stato di insolvenza ed ai giudizi eventualmente da essa derivanti, il procedimento ha mantenuto del tutto inalterato il suo carattere amministrativo, circostanza da cui discende l’inapplicabilità al caso di specie della L. n. 89 del 2001, che riconosce il diritto all’indennizzo nel caso di durata non ragionevole del processo, nel diverso ambito di riferimento delle liti in materia civile.
Nè in senso contrario depone il Regolamento CE 1346/00 in tema di ravvicinamento delle legislazioni relativamente alle procedure di insolvenza, poichè l’accostamento di disciplina fra fallimento e liquidazione coatta amministrativa ivi previsto è in funzione della costituzione di moduli procedimentali idonei a facilitare il soddisfacimento di crediti di cittadini dell’Unione nel caso di insolvenza manifestatasi in uno degli Stati membri, e non vale comunque ad incidere sulle caratteristiche dei singoli istituti, quali disciplinati nei diversi ordinamenti nazionali e quindi, per quel che interessa in questa sede, sull’applicabilità o meno della L. n. 89 del 2001 alla procedura concorsuale in esame.
Conclusivamente il ricorso va respinto, mentre vanno compensate le spese processuali del presente giudizio, tenuto conto della novità della questione stante l’assenza di precedenti specifici sul punto.
 
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2007.
Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2007