La Corte di appello di Salerno con decreto del 18.3.2006 rigettava il ricorso proposto da S.M. nei confronti della Presidenza del Consiglio ai sensi della L. n. 89 del 2001, con riferimento alla durata di un giudizio davanti al TAR Campania – sezione di Salerno – promosso per pretesa violazione della L. n. 191 del 1975, ("che sanciva il diritto dei giovani chiamati alle armi ad essere dispensati dal servizio militare in caso di mancato invio alla leva nel termine di un anno dalla data di cessazione del rinvio per motivi di studio"), sostanzialmente ritenendo che, tenuto anche conto dell’omessa presentazione dell’istanza di prelievo e dell’accoglimento dell’istanza di sospensione, il ricorrente aveva tratto vantaggio dal ritardo nei tempi di trattazione della controversia, atteso che una decisione tempestiva avrebbe potuto determinare una nuova precettazione, mentre con L. n. 228 del 2004, era stata sospesa la leva obbligatoria.
Avverso la decisione S. proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi corredati dei quesiti, cui resisteva la Presidenza del Consiglio, con i quali rispettivamente denunciava violazione di legge, in relazione alla rilevanza attribuita al provvedimento cautelare ai fini dell’esclusione del patema d’animo, violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento all’omessa considerazione che il danno non patrimoniale costituisce conseguenza fisiologica della durata non ragionevole del processo, violazione di legge e vizio di motivazione sotto il duplice aspetto della ininfluenza della mancata istanza di prelievo e del preteso vantaggio derivante dal protrarsi del giudizio, considerato che una positiva decisione tempestiva del ricorso non avrebbe comportato una nuova e legittima precettazione del ricorrente. Successivamente il relatore designato ai sensi degli artt. 377 e 380 bis c.p.c., osservava: "che le prime due doglianze risultano prive di pregio poichè: a) la Corte territoriale non ha reso affermazioni contrastanti con il principio consolidato secondo il quale la durata non ragionevole del giudizio ordinariamente fa sorgere il diritto all’indennizzo ma, più semplicemente, ha precisato che l’esistenza del danno non patrimoniale può essere esclusa quando ricorrano circostanze particolari che depongano in tal senso, precisazione in linea con la giurisprudenza di questa Corte (2 motivo); b) la Corte di Appello, pur richiamando l’accoglimento della "domanda, incidentale di sospensione", contrariamente a quanto sostenuto non ne ha fatto derivare il venir meno dello stato d’ansia e quindi il diritto all’indennizzo (1 motivo), così come analogamente non ha tratto detta conclusione dall’omessa presentazione della domanda di prelievo (primo profilo del 3 motivo), essendosi limitata a rilevare che la circostanza può incidere sull’apprezzamento dell’entità del pregiudizio, rilievo che appare anch’esso in sintonia con la consolidata giurisprudenza di questa Corte; che è viceversa fondata la censura di cui all’ulteriore profilo del terzo motivo, atteso che la "ratio" della decisione di merito sfavorevole al ricorrente è incentrata sul vantaggio che egli avrebbe tratto dal prolungamento dei tempi di trattazione per effetto della entrata in vigore della L. n. 228 del 2004, che ha escluso l’obbligatorietà del servizio di leva, valutazione che non appare condivisibile considerato che la Corte non ha richiamato l’adozione di tecniche dilatorie o di strategie sconfinanti nell’abuso del diritto di difesa da parte del ricorrente (C. 06/17552, C. 03/12935, C. 02/15449 in tema di prescrizione del rato ) e tenuto conto della irrilevanza dello "ius superveniens", che non può incidere sul diritto all’indennizzo in quanto evento estraneo alla dinamica processuale e al comportamento delle parti (C. 04/6071 con riferimento al – negato -pregiudizio economico derivante dall’applicazione di nuova normativa).
Ritiene il Collegio che, pur condividendosi in buona parte le argomentazioni svolte dal relatore, non possono viceversa esserne condivise le conclusioni. Ed infatti, premesso che sono inammissibili le censure attinenti ai vizi di motivazione dedotti con il secondo ed il terzo motivo, essendo stata omessa la chiara indicazione del fatto controverso ovvero le ragioni della inidoneità della motivazione a giustificare la decisione (art. 366 bis c.p.c.), si osserva, per quanto concerne le denunciate violazioni di legge (primo motivo e parte del secondo e del terzo), che come già evidenziato nella relazione la Corte di Appello di Salerno non ha negato che l’eccesso di durata del processo faccia ordinariamente sorgere il diritto all’indennizzo, nè ha affermato che l’omessa presentazione dell’istanza di prelievo sia preclusiva al relativo riconoscimento ovvero che l’accoglimento della domanda di sospensione cautelare dell’efficacia del provvedimento impugnato determini la cessazione dello stato d’ansia, e con ciò la caducazione del diritto all’indennizzo.
Al contrario la Corte territoriale ha più semplicemente affermato che " nell’immediatezza del ricorso fu accolta la domanda incidentale di sospensione" e "che la misura cautelare nel processo amministrativo ha particolare ampiezza, permettendo di assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso".
Da tali inequivoche affermazioni si desume che la Corte ha escluso il diritto all’indennizzo ritenendo che, una volta paralizzati gli effetti del provvedimento impugnato – la cui esecuzione avrebbe determinato l’espletamento del servizio militare di cui era stato sollecitato il differimento – l’interesse del ricorrente sarebbe stato individuabile non già nella celere definizione del giudizio, ma nel perdurare dello stato di sospensione e che pertanto egli avrebbe tratto vantaggio, e non nocumento, dal protrarsi del processo, nel cui arco di trattazione era stata fra l’altro emanata la L. n. 228 del 2004, che aveva definitivamente eliminato l’obbligatorietà del servizio militare. Si tratta di valutazione di merito adeguatamente motivata ed insindacabile quindi in questa sede, che non contrasta con i principi costantemente richiamati da questa Corte, ed in particolare con quello per il quale il danno non patrimoniale, pur essendo fisiologicamente riconducibile all’eccesso di durata, non può essere automaticamente riconosciuto quando esistano circostanza particolari che lo facciano escludere (C. 04/1338), come ravvisato nel caso in esame.
Conclusivamente il ricorso va quindi rigettato, dovendosi affermare il seguente principio di diritto "La concessione della misura cautelare in un processo amministrativo determina un interesse del ricorrente al perdurare dello stato di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato, la cui prevalenza o meno sul diritto alla ragionevole definizione del giudizio va rimessa alla valutazione del Giudice del merito", e il ricorrente va conseguentemente condannato al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, che liquida in Euro 1.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2008.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2008